Suarez si racconta: "Morso a Chiellini, ma il Barcellona mi comprò lo stesso. E piansi"

Liga

L'attaccante uruguaiano si racconta a Piqué a The Players Tribune: "Il Barcellona decise di comprarmi nonostante quello che era successo. In quel momento mi misi a piangere perché loro avevano di accettarmi lo stesso"

CALCIOMERCATO - TUTTE LE TRATTATIVE LIVE

"Quando il Barcellona disse che voleva acquistarmi, nonostante il morso a Chielini, scoppiai a piangere". È uno dei tanti retroscena raccontati da Luis Suarez nel corso di un'intervista realizzata dal suo amico e compagno di squadra, Gerard Piqué, per The Players Tribune. L'attaccante classe '87 ripercorre tanti momenti della sua carriera, in particolare episodi legati alla sua Nazionale: "Feci il mio debutto con l'Under 20 nel febbraio 2007 contro la Colombia, poco dopo ci saremmo conosciuti e affrontati nel match contro la Spagna - racconta Suarez a Piqué -. Era il mio primo anno a Groningen e stavo andando bene, segnando tanti gol, così ricevetti la chiamata dell'Under 20. Ricordo che prima della partita l'unica maglia rimasta libera era la numero 10 ma Abreu, che per me era un padre calcistico, mi disse di non prenderla perché avrebbe portato sfortuna. Alla fine ebbe ragione perché fui espulso, ma vincemmo comunque 3-1. La verità è che fu un'esperienza molto bella, direi fantastica per il debutto. Poi arrivò il Mondiale Under 20. Non sapevo ancora se l'allenatore mi avrebbe portato con i grandi alla Coppa America o se mi toccava giocare con l'U20. Alla fine decisero di mandarmi alla Coppa del Mondo ed è qui che ci incontrammo. Segnai alla Spagna, ma nel recupero arrivò il pareggio per 2-2. A settembre iniziarono poi le qualificazioni e da lì ho sempre giocato con la Nazionale maggiore".

Il Mondiale 2010 e quell'espulsione contro il Ghana...

Dal 2007 si passa al 2010, dove Suarez gioca il suo primo Mondiale: "Fummo la sorpresa del torneo - ricorda il centravanti -. Sia noi che il Ghana, che riuscimmo a battere nei quarti di finale ai calci di rigore. Fu un'esperienza spettacolare per l'Uruguay. Avevamo Diego Forlan che era la stella, fu un grandissimo Mondiale. Iniziammo il girone con uno 0-0 contro la Francia, poi battemmo il Sudafrica 3-0 e infine il Messico 1-0, con un mio gol. Segnai altre due reti negli ottavi contro la Corea del Sud, sconfitta 2-1, poi eliminammo il Ghana e ci fu la semifinale contro l'Olanda. So che è facile parlare ora, ma se quel match si fosse giocato con me in campo, con Diego Lugano, che in quel momento era in formissima, e con Jorge Fucile, nominato poi miglior terzino sinistro del Mondiale, probabilmente il risultato sarebbe stato diverso. L'Olanda ebbe un po' di fortuna, ma nonostante tutto giocammo un'ottima partita che finì 2-3. Con noi titolari forse andavamo in finale. E poi lì non so se avremmo vinto o meno". Suarez fu costretto a saltare la sfida con gli Oranje perché fu espulso nei quarti contro il Ghana, respingendo il pallone con la mano sulla linea di porta per evitare i gol degli africani. "Dopo quel fallo di mano provai un po' di tutto - continua l'uruguaiano -. Ero triste e depresso per essere stato espulso, ma senza quel tocco avremmo perso la partita. Dopo 30 secondi circa realizzi quello che era successo. Mi presi un rischio in una situazione del quale fui poi accusato di scorrettezza. Ma non fu colpa mia se poi il giocatore del Ghana sbagliò il rigore. Non diedi calci a nessuno o cose del genere, per cui lo celebrai in quel modo, consapevole di aver corso un rischio per qualcosa che ne valeva la pena. Ricordo che lo festeggiai tanto e un mio compagno di squadra, Juan Castillo, svenne quasi in panchina (ride ndr). Andai così negli spogliatoi per vedere i calci di rigore. Fu doloroso seguirli da lì. Ero insieme ai magazzinieri, quando Abreu segnò tutti esclamammo «buono, buono, buono", ma poi vedemmo l'esultanza da parte di tutti i calciatori. Non ci eravamo resi conto di aver vinto. Andammo a correre e festeggiare sul campo, fu incredibile. È stato uno dei momenti migliori che ho vissuto con la Nazionale".

La vittoria in Coppa America

L'anno successivo invece Suarez con l'Uruguay vinse la Coppa America, venendo nominato miglior giocatore e segnando una doppietta in semifinale contro il Perù e un gol nel 3-0 in finale contro il Paraguay. "Penso che battere l'Argentina nei quarti di finale fu per noi un enorme vantaggio - spiega il Pistolero -, un duro colpo per loro che giocavano in casa. Credo comunque che meritammo di vincere la Coppa. Non abbiamo mai attraversato brutti momenti e, sinceramente, quando abbiamo vinto la semifinale contro il Perù, ci siamo detti che eravamo in una buona posizione. Il Paraguay arrivò in finale dopo aver giocato 120 minuti sia nei quarti che in semifinale e quindi erano fisicamente stanchi. Anche quello fu un vantaggio per noi. È stato un torneo indimenticabile, fui nominato migliro giocatore e diventai quasi capocannoniere, segnando un gol in meno rispetto al peruviano Guerrero.

L'infortunio pre Mondiale

Si passa quindi alla Coppa del Mondo 2014, dove Suarez ci arriva da capocannoniere delle qualificazioni, con 11 gol, e come miglior giocatore della Premier League. Una competizione che rischiò di saltare però per un infortunio al menisco: "Lo avevo rimediato nell'ultima partita di campionato tra Liverpool-Newcastle. Eravamo in lotta per il campionato e a un certo punto della gara mi scontrai con un difensore. Successivamente andai in vacanza per una settimana. Ero qui a Barcellona e poi tornai in Uruguay per allenarmi. Mi sentivo bene. Il secondo giorno però feci un movimento e sentii qualcosa nel mio ginocchio. Il dottore mi disse che era la conseguenza di un precedente infortunio che io non ricordavo. Era il 20, quindi mancava meno di un mese alla prima partita, e la verità è che avevo dei dubbi sul fatto che fosse necessario un intervento chirurgico che mi avrebbe fatto perdere il Mondiale. Per fortuna in quel momento ero ottimista, avevo il sostegno della mia famiglia e anche del kinefisiologo che mi diceva «Non ti preoccupare, ce la farai». Il dubbio coinvolgeva anche il ct perché se mi avesse convocato sapeva che io al massimo sarei stato pronto per giocare dalla terza partita. Era una decisione difficile. La verità è che lavorai tanto in quel momento per arrivare pronto all'appuntamento. Nella prima sfida rimasi in panchina, ma ricordo che andai a scaldarmi da solo perché volevo entrare, anche se il mister non prese mai in considerazione l'idea. Mi arrabbiai tanto perché io mi ero sacrificato tantissimo per essere pronto per quella gara (contro la Costarica ndr) che alla fine perdemmo. Poi arrivò la partita contro l'Inghilterra. Ricordo che i giornali britannici speravano in un mio recupero lento, io invece giocaii e realizzai una doppietta. È stato il momento più emozionante che ho vissuto nella mia carriera in Nazionale. Non perché mi riscattai contro gli inglesi, ma perché dava un significato alla mia guarigione e al mio preparatore che era lì con me. Festeggia il primo gol con lui, anche perché - molte persone non lo sanno - stava uscendo dalla fase di recupero da un cancro linfatico. Sei mesi dopo alla fine morì, ma avevo avvisato i dottori che non sarei partito per la Coppa del Mondo senza di lui. Ho avuto davvero un bel rapporto con lui".

    

Il morso a Chiellini e l'approdo al Barça

L'ultima gara della fase a gironi contrappose l'Uruguay all'Italia e Suarez si rese protagonista del famoso morso a Chiellini: "Mi resi immediatamente conto di ciò che avevo fatto - ricorda la punta 30enne -. Godin segnò circa 10 minuti dopo ma io non lo festeggiai come avrei fatto solitamente perché stavo già pensando a ciò che sarebbe successo. Ci qualificammo e andammo a ringraziare i sostenitori uruguaiani. Tutti urlavano e festeggiavano perché avevamo battuto due big europee, mentre io entrai negli spogliatoi e la prima cosa che feci fu parlare con mia moglie che era lì con i bambini. Mi chiese cosa avevo fatto e io inizialmente non volevo accettare la realtà. Fu un momento molto, molto doloroso per me, per la squadra. È una cosa che ti colpisce e ti fa male. Oltre alla Coppa del Mondo capii che forse così avevo bruciato il mio sogno di venire al Barcellona, con il quale avevo iniziato a parlare durante il torneo in Brasile. Nei giorni successivi invece Zubizarreta e il presidente mi dissero di stare calmo perché il Barça mi voleva ancora. A quel punto, non ho vergogna a dirlo, mi misi a piangere perché nonostante il periodo che stavo attraversando avevano scelto di affidarsi a me, accettando tutto quello che era successo. Sarò sempre molto grato a loro per questo. Non fu facile per me venire qui, essere benvoluto, essere al livello di Messi e Neymar e fare il meglio possibile, sia dentro che fuori il campo".

"Siamo tra le favorite al Mondiale, ma occhio alle sorprese"

Suarez conclude infine l'intervista condotta da Piqué spiegando il rapporto con Tabarez e Cavani e con una previsione sul prossimo Mondiale. "La favorita è l'Uruguay (ride ndr). Ci sono squadre molto forti - spiega il centravanti blaugrana -, sarà molto complicato. C'è la Germania campione in carica, la Spagna che gioca ad un livello incredibile, poi mi piacciono la Francia, il Brasile. E poi ci sarà sempre una squadra a sorpresa a cui bisogna stare attenti no? Con Cavani siamo della stessa generazione e abbiamo seguito lo stesso percorso insieme. Siamo inoltre entrambi di Salto, la stessa città in Uruguay, e il Paese è molto entusiasta per come ci siamo messi in mostra in Europa e nel mondo. Siamo un punto di riferimento per l'Uruguay e penso che possa incoraggiare la gente a sperare. Con Edinson proveremo a portare la Nazionale più avanti possibile. Il Maestro Tabarez invece rappresenta un'icona, è un esempio. Ha fatto tanto per l'Uruguay, cambiando tonnellate di cose. I giocatori lo rispettano molto e lo stesso trattamento riceve da tutti gli uruguaiani. È per questo che nessuno si anima eccessivamente quando l'Uruguay attraversa momenti complicati. Non è mai stato criticato né accusato di risultati insoddisfacenti. Per quanto mi riguarda lo ritengo il miglior allenatore che ho avuto per ciò che mi ha dato come giocatore, come essere umano, per come mi ha fatto maturare e per come mi ha fatto cambiare. Nel 2014 rinunciò al premio di allenatore dell'anno per il modo in cui la FIFA mi aveva trattato. È una delle persone a cui sarò sempre grato".