Il Manchester City vince la Premier League, l'ennesimo capolavoro di Guardiola

Premier League

Fabrizio Moretto

L'allenatore catalano vince il campionato nel terzo Paese diverso dopo la Liga e la Bundesliga. Un dominio incontrastato fin dall'inizio, figlio di una meravigliosa organizzazione tattica e di una sapiente qualità tecnica di giovani già affermati. Tanti i record che può ancora battere questa squadra, mai così solida dietro e letale in attacco

Bellezza, incisività e consapevolezza. Si può riassumere così il cammino che ha portato il Manchester City alla conquista del 5° titolo della propria storia. Un percorso dominante che nessuno è riuscito a contrastare fin dalle prime battute della stagione, come non accadeva da tempo Oltremanica. Il merito principale va attribuito al genio seduto - di rado - in panchina. Pep Guardiola ha fatto tris. L'allenatore catalano ha vinto il campionato nel terzo Paese diverso dopo la Liga con il Barcellona e la Bundes con il Bayern Monaco, riuscendo nell'impresa, per nulla facile, di impostare la sua idea di gioco in un calcio fisico come quello inglese. Lo ha fatto affiancando ai giocatori più esperti, come Kompany e David Silva, ragazzi in grado di assumersi responsabilità e spostare gli equilibri nonostante la giovane età, partendo da Sané (classe '96) per finire a Sterling e Gabriel Jesus. La conquista del campionato non è stata praticamente mai messa in discussione: creato il primo vantaggio già dopo le prime giornate, la squadra blu di Manchester ha dato il primo colpo sbancando il campo dei campioni in carica, il Chelsea, con il mancino - tanto bello quanto importante - di De Bruyne. L'altro snodo fondamentale, forse quello che ha spianato definitivamente la strada, è stato il 2-1 inflitto nel derby allo United a Old Trafford, visto che gli 11 di Mourinho erano gli unici antagonisti rimasti capaci di dar fastidio allo strapotere dei cugini. Oltre alla spettacolarità del gioco, un'evoluzione leggermente più dinamica del tiqui-taca a tinte blaugrana, ci sono anche i numeri a testimoniare il dominio del City in questa Premier League. Solo l'Arsenal nel 2003-04 e lo United nel 2000-01 e nel 2012-13 erano riusciti infatti prima dei Citizens a vincere il campionato con cinque giornate d'anticipo, ma nessuna di loro aveva mai totalizzato tanti punti. Aguero e compagni possano infatti arrivare a quota 102, ma ne basteranno 9 nelle ultime cinque giornate per battere il record stabilito dal Chelsea nel 2004-05, con 95 punti. Con tre vittorie inoltre stabilirebbero anche il primato di successi in una stagione, 31, mentre vincendo le ultime sfide all'Etihad eguaglierebbero il record di 18 trionfi interni. In trasferta il Manchester, con il 3-1 a Wembley contro il Tottenham, ha invece già registrato il maggior numero di successi di sempre, 14. Mourinho ha provato a rimandare la festa, conquistando il derby in rimonta da 0-2 a 3-2, ma dovrà continuare ad impegnarsi per non finire nella storia come il secondo classificato con il distacco più ampio dalla capolista, più di 18 punti.

Dai piedi di Ederson alla crescita di Otamendi

Il Manchester City in estate ha speso tantissimo, circa 250 milioni, concentrandosi quasi esclusivamente sul reparto difensivo. In porta ha deciso di puntare sul brasiliano Ederson, vice Alisson in Seleçao, arrivato dal Benfica per 45 milioni di euro. L'estremo difensore, 24 anni, non solo ha fornito il contributo con tante belle e importanti parate, ma ha rivestito il ruolo di primo regista della squadra. Guardiola infatti l'ha voluto in particolare per le sue qualità con i piedi, utili per avviare il possesso palla tanto caro all'allenatore fin dai primi metri. Il portiere verdeoro ha avuto un rendimento senza dubbio superiore a quello mostrato da Claudio Bravo lo scorso anno. A migliorare però è stato tutta la difesa, molto più equilibrata rispetto al passato, rafforzatasi alla vigilia del campionato con i terzini Walker e Danilo e a gennaio con Laporte. L'altro acquisto difensivo invece - nonché il più costoso dell'intera campagna estiva dei Citizens -, ovvero Mendy, reduce da una stagione di altissimo livello con il Monaco, non è stato praticamente mai disponibile essendosi infortunato al legamento crociato contro il Crystal Palace, dopo appena 389 minuti giocati. Anche il capitano Kompany ha sofferto i soliti guai fisici, scendendo in campo solo 15 volte in campionato, ma Guardiola ha potuto contare sulla crescita impressionante dell'altro centrale, Otamendi, protagonista anche di gol importanti, come quello nel derby d'andata. Anche Stones non ha deluso le aspettative e non è un caso che le reti al passivo siano state finora soltanto 25. L'unica nota stonata è forse rappresentata invece da Danilo che non ha mai convinto e a cui gli sono stati preferiti spesso Delph o Zinchenko.

No Fernandinho, no party. Silva e De Bruyne da NBA

L'unico tassello inserito a centrocampo è stato Bernardo Silva, anche lui arrivato dal Monaco come Mendy. L'esterno portoghese tuttavia ha trovato in poche occasioni la maglia da titolare. Difficile del resto scalzare dal loro posto dei fenomeni come il suo quasi omonimo David Silva e Kevin De Bruyne, entrambi candidati a giocatore dell'anno della Premier insieme al compagno Sané e a Salah, Kane e De Gea. I due, schierati da mezz'ala in un modulo più teorico che pratico per la sua estrema flessibilità, sono stati probabilmente le chiavi più importanti del gioco dinamico ed elegante del City. Il belga ha già raggiunto, usando termini cestistici, la doppia doppia stagionale con 11 centri e 20 assist stagionali. Obiettivo quasi completato anche dall'ex Valencia, fermo al momento a 9 gol personali e 14 assist vincenti. Il metronomo di Guardiola si chiama invece Fernandinho, straordinario centrocampista di rottura ed equilibratore dei Citizens. Nonostante il recupero graduale e comunque decisivo di Gundogan, ogni volta che il brasiliano è stato assente il Manchester ha sofferto dietro più del previsto, rivelandosi quasi insostituibile nello scacchiere dell'allenatore. Quest'ultimo è stato apprezzato anche per la capacità, non nuova per lui, di lanciare giovani, come il talentuosissimo Foden, classe 2000.

Sané in "Prova a prendermi", sliding doors Aguero-Gabriel Jesus

Il vero trascinatore del reparto offensivo è stato probabilmente Leroy Sané. 22 anni compiuti a gennaio, è stato protagonista di una stagione da crack in Premier League, grazie alla sua impressionante velocità (raggiunge i 35.04 km/h) e alla sua tecnica straordinaria nello stretto che lo consacrano già tra i migliori calciatori al mondo. 13 i gol in questa incredibile annata per lui, condita da 16 assist e giocate che lo hanno reso un incubo per quasi tutte le difese inglesi. Meglio del tedesco, in termini di realizzazioni, è riuscito a fare Raheem Sterling, autore di 22 reti, 17 delle quali siglate in campionato. E pensare che prima di quest'anno l'esterno di origine giamaicana non era mai arrivato in doppia cifra. Statistiche che spiegano i 93 gol messi a segno finora da tutta la squadra e che, se aumentati di altri 10 centri fino alla fine del campionato, basterebbero a eguagliare il record di 103 stabilito dal Chelsea nel 2009-10. Sempre in quella stagione i Blues stabilirono il primato per la miglior differenza reti di sempre, +71, altro obiettivo a cui ambiscono i Citizens, fermi per adesso a +68. Inevitabile poi a questi numeri l'apporto delle prime punte, Aguero e Gabriel Jesus, che si sono alternati nel migliore dei modi "sfruttando" 'infortunio dell'altro. Il Kun ha totalizzato circa 800 minuti in più in campo rispetto al giovane brasiliano, arrivando a quota 199 gol (30 stagionali) con la maglia del City, ma Jesus ha confermato tutte le buone aspettative evidenziate nella seconda parte della scorsa stagione e ha dato un'ulteriore speranza ai tifosi. Il futuro è tutto dalla loro parte.