Paredes si racconta: "Totti è mitico, De Rossi mi ha insegnato a non mollare mai. Messi il migliore della storia"

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L'ex centrocampista della Roma, ora allo Zenit, ha rilasciato un'intervista a "L'Ultimo Uomo", nel corso della quale ha affrontato diversi argomenti: il suo presente in Russia, il passato in Argentina e i suoi trascorsi in Italia. L'idolo Riquelme, gli esempi Totti e De Rossi e il rapporto con gli allenatori, Giampaolo su tutti

Leandro Paredes e la sua nuova vita, in Russia. Un "pioniere", a modo suo: è stato il primo degli argentini adesso allo Zenit a trasferirsi. Dopo aver capito che era arrivato il momento di lasciare l'Italia e che farlo per lo Zenit non sarebbe stato un passo indietro per la sua carriera: "Qui sto molto bene, anche se poi arriverà il freddo e non farà tanto piacere" - ha detto Paredes a L'Ultimo Uomo. "Sono stato il primo degli argentini ad arrivare qui (gli altri sono Rigoni, Mammana e Kranevitter, ndr), diciamo che ho fatto il primo passo. Essere in tanti aiuta tantissimo, non solo me ma anche la mia famiglia. Qui ho trovato un tipo di gioco diverso: le squadre ti aspettano arroccate dietro, a differenza dell'Italia in cui tutte cercano di giocarsi la partita". In Russia Paredes ha trovato Mancini: "Quando entra un compagno, mi invia disposizioni per aiutare la squadra". Sì, i famosi bigliettini: "Ma non c'è scritto niente di strano, solo la posizione da occupare in campo". Una posizione che, dai tempi del Boca, si è evoluta: "E' stato Giampaolo a farmi crescere. Mi ha detto che giocando da play-basso non potevo permettermi di tenere la palla incollata al piede, ma dovevo darla via dopo uno-due tocchi. Ora cerco sempre di seguire il suo insegnamento".

Riquelme, Totti, Messi, De Rossi...

Ai tempi del Boca, era stato proprio Riquelme a sceglierlo come suo erede. Una responsabilità non indifferente: "Era il mio idolo, sentirgli dire quelle parole è stato un sogno - prosegue Paredes - l'ho ringraziato, soprattutto per quello che ha fatto per me al Boca, facendomi sempre sentire all'altezza. Mi ha insegnato a leggere il gioco, lo faceva in maniera perfetta. Teneva troppo il pallone? Criticavano anche me per questo, ma lui mi diceva che era un modo per far respirare la squadra". Altro giro, altro idolo. Leo Messi. "Il miglior giocatore della storia del calcio, cercherò di imparare quanto posso da lui". E da Totti, invece, cosa ha imparato? "Uno dei più forti nel gioco di prima, uno dei migliori in assoluto: è la sua carriera a parlare per lui. E' mitico. E fuori dal campo, persona straordinaria, che ti aiuta in tutto. Gli auguro il meglio per la sua nuova carriera da dirigente". Nel "Pantheon" di Paredes, oltre Redondo e Modric, c'è posto anche per Daniele De Rossi: "Perché mi ha insegnato a non mollare mai e ad allenarsi ogni giorno al massimo".

Paredes "non esclude il ritorno"

"In Russia oggi mi trovo benissimo, ma un giorno mi piacerebbe tornare a Roma. Lì ho vissuto tre anni fantastici". A Roma lo ha voluto Sabatini: "Lo rispetto tantissimo. Un grande professionista con il quale non mi dispiacerebbe tornare a lavorare". Perché, allora, è andato via? "Mi trovavo benissimo con Spalletti, poi ha firmato per l'Inter e ho capito che dovevo cambiare perché il nuovo allenatore non mi avrebbe dato la continuità e la fiducia che mi dava Spalletti". E la scelta dello Zenit sembra dare i suoi frutti: Paredes è stato anche eletto miglior giocatore del mese di ottobre. Quello a Roma però non è l'unico ritorno nei progetti di Leandro: "L'Argentina. Vorrei tornare a giocare lì. Ma non quando non ce la farò più: quando sarò ancora competitivo, a trent'anni".