Thuram in esclusiva: "Lotta a razzismo non è una priorità per il calcio, mina l'immagine"
esclusivaL'ex difensore francese in esclusiva a Sky: "Le critiche a Pirlo mi fanno un po' ridere. Gli serve tempo, non si diventa grandi allenatori alla prima esperienza. Anche Zidane, quando ha preso il Real, aveva già allenato nelle giovanili e aveva fatto il secondo di Ancelotti e Mourinho". Sul tema del razzismo: "Il mondo del calcio non vuole veramente sconfiggerlo, ma solo dare una buona immagine di sè"
Dal calcio al razzismo, fino al razzismo nel calcio. Un Lilian Thuram a tutto campo quello che, in una lunga intervista al nostro Alessandro Alciato affronta diversi temi con la solita intelligenza e grande chiarezza. Vestendo i panni del "difensore" quando si tratta di analizzare l'operato di Andrea Pirlo sulla panchina della Juventus e andando poi all'attacco quando si parla di razzismo.
"Pirlo? Gli serve tempo"
Con cinque stagioni alle spalle alla Juventus e una lunga militanza in Serie A considerando anche le cinque al Parma, Thuram può dire di conoscere bene il calcio italiano e le sue "contraddizioni", motivo per cui sorride quando si mette in discussione il lavoro di Pirlo alla Juventus e torna a vestire i panni del "difensore". "Le critiche a Pirlo? Tutto questo mi fa un po’ ridere", dice schierandosi apertamente dalla parte dell'allenatore della Juventus. "Io credo che per diventare un grande allenatore, così come un grande giocatore, un grande cuoco o un grande giornalista, hai bisogno di tempo. Non puoi diventare un grande giocatore alla prima stagione che fai da professionista, e per Pirlo vale la stessa cosa".
"Credo che sia la prima volta che fa l’allenatore e non gli si può chiedere di farlo come se avesse 10 o 15 anni di esperienza. Zidane, quando ha preso il Real Madrid, non era alla prima esperienza da allenatore: lo aveva già fatto nelle giovanili, era stato il secondo di Ancelotti e Mourinho. Ecco perché mi fa ridere quando sento che criticano Pirlo e penso: «Scusate, c’è una cosa che si chiama ‘fare esperienza’». Lui sta facendo esperienza e non gli si può chiedere di sapere già tutto”.
"Conoscere la storia del razzismo"
Inevitabile poi, per uno come lui sempre in prima fila nella lotta al razzismo, affrontare l'argomento, dicendo la sua con l'intelligenza che lo contraddistingue: "Che cosa vuol dire essere bianco e cosa vuol dire essere nero? Quando usiamo delle identità legate al colore della pelle, vuol dire che dietro c’è una storia. Tante volte la gente parla di razzismo ma non capisce che c’è una storia del razzismo: la maggior parte delle persone che vogliono che le cose cambino nella società, non vogliono ascoltare le persone che soffrono per il razzismo. Storicamente è sempre colpa della vittima, per questo bisogna parlarne e denunciare i fatti di razzismo".
"Il calcio pensa solo all'immagine"
Il discorso si fa poi più specifico, fino a un'analisi sul fenomeno razzismo nel calcio in particolare: "Ogni volta che accade qualcosa si dice ‘mai più’ ma alla fine non cambia niente, perché credo che lottare contro il razzismo non sia la cosa più importante per il mondo del calcio. La cosa più importante per il mondo del calcio è dare un’immagine positiva, per fare soldi"