La rivoluzione di Giorgio Armani nell'Italia del Mundial

"Siamo stanchi di diventare giovani seri, o contenti per forza, o criminali, o nevrotici: vogliamo ridere, essere innocenti, aspettare qualcosa dalla vita, chiedere, ignorare. Non vogliamo essere subito già così sicuri. Non vogliamo essere subito già così senza sogni" Il 1982 sarà il manifesto di questa rivendicazione, ma la visione, il "teorema" alla base del suo compimento non può che risalire al 1975. Perché sì, è in quell'estate di mezzo secolo fa che Giorgio Armani pone le fondamenta del suo impero; ma non possiamo ignorare che con le Lettere Luterane Pier Paolo Pasolini ribalti ogni prospettiva antropologica, riscrivendo, essenzialmente, il destino dei futuri Ragazzi di vita: Riccetto non è più il monello sbandato del '55 che vive di sporchi espedienti ai margini della nascente Dolce vita romana; piuttosto - per lui, almeno, che riteneva il calcio l'ultima rappresentazione sacra del nostro tempo e giocava all'ala destra - il nuovo antieroe dovrà essere incarnato da un ventenne Bruno Conti, un sognatore dal talento e lo spirito purissimi che corre all'infinito per sfidare le convenzioni e affermare il suo diritto al "colpo di classe", investito com'è di una luce, una folgorazione che Francesco De Gregori converte in èpos, in un canto epico: "Sole sul tetto dei palazzi in costruzione, sole che batte sul campo di pallone. E terra e polvere che tira vento e poi magari piove...". Un Candide de' noantri, un pischelletto sbarcato dal pianeta Nettuno che non teme quei sentimenti "di cui il laicismo consumistico ha privato gli uomini trasformandoli in brutti e stupidi automi adoratori di feticci". Non un attacco diretto espressamente alla Moda , ma una stroncatura totale, organica, alla massificazione che aveva generato: per il poeta, un abito avrebbe dovuto rappresentare la cornice di un pensiero, affermare un'identità fuori da ogni conformismo. PPP era un apostolo dell'estetica drammaturgica e cinematografica, ma anche un marxista che posava al Village per Richard Avedon; un eretico dei costumi, ma di un raffinato dandismo, come il suo 'compaesano' friulano Enzo Bearzot: sarebbe andato in estasi per i completi che il ct azzurro indossò al Mundial. E, chissà, anche per l'uniforme ideata da Emporio Armani per la Nazionale di Roberto Mancini ai fortunati Europei del 2021, ispirata allo stile del Vecio, il grande sarto di quella rivoluzione silenziosa. Forse ci avrebbe scritto un'ode, il regista del Vangelo secondo Matteo, su quelle spalle così morbide e i tessuti fluidi delle "giacche destrutturate" che nel 1980 rivelarono al mondo l'American Gigolò Richard Gere e con lui il tocco neorinascimentale dell'artista Armani, che accoglie la preghiera dell'autore de La notte brava nel crime di Paul Schrader: il nuovo David può anche rimettersi gli slip, portare una camicia azzurra, se il look riproduce fedelmente l'estensione del suo corpo, ne scolpisce l'anima; se ne modella, quasi ne prefigura, la statura morale. In sottofondo, il graffio new wave dei Blondie e le psichedelie metropolitane di Night drive firmate Moroder che ci riportano, fatalmente, al 'thriller' neorealista del 2 novembre di 50 anni fa all'Idroscalo di Ostia. Una Storia Sbagliata, come la canzone composta da Fabrizio de Andrè sul 'noir' di cui fu vittima Pasolini, ambientato in un contesto sociale già nerissimo, funestato dalla Strage di Bologna e dal Terremoto dell'Irpinia, dal moltiplicarsi dei sequestri di persona, precipitato nei solchi profondi scavati dall'eroina e, per tornare miseramente a noi poveri cristi del football, gravato dall'insostenibile croce del calcioscommesse. Eppure, mentre il Paese assiste inerme alla sua insaziabile mania di autodistruzione, perennemente a rischio "austerity" e con l'inflazione che galoppa al 17%, negli States è il trionfo del Made in Italy: Il nome della Rosa di Umberto Eco invade gli scaffali delle librerie americane e il 5 aprile del 1982 il nuovo campione del mondo di 'menswear' furoreggia sulla cover di Time, che non dedicava la copertina a un couturier dal 1957, quando piazzò in vetrina monsieur Christian Dior. La rivista newyorkese vende 6 milioni e mezzo di copie e a Milano i socialisti ci sguazzano, ci si buttano a pesce, invertendo il trend di una Penisola depressa, sul bordo del naufragio, aprendo i rubinetti: sarà la sagra del cocktail di gamberetti in salsa rosa, l'aperitivo di un decennio 'Eccezzziunale... veramente'. Un raggio di sole nella nebbia in cui sembravamo destinati a rimanere ottenebrati, l'Atlantide in cui c'eravamo inabissati "con un cappello pieno di ricordi...". Alla fine sarà lo stesso De Gregori a riportarci a galla, tutti compressi a bordo di un Titanic che ce l'ha fatta: le radio trasmettono la Leva calcistica e i ragazzi di vita sono diventati uomini, maturi per alzare la Coppa, "in prima classe voglion viaggiare su questo splendido mare". Il vento soffia a favore dei Muscoli di capitan Zoff; il bello e scellerato Cabrini riceve la grazia dal Presidente Pertini per il rigore sbagliato perché si sa: non è da questi particolari che si giudica un giocatore. Rossi c'è, e l'urlo di Tardelli può stappare il grande orgasmo collettivo, il Capodanno di un'epoca Mundial. Un giorno baciato dalla sorte: anche quattro anni fa a Wembley era l'11 luglio. E che festa sugli eleganti balconi di Piacenza in quel dì del 1935: viva Re Giorgio!

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Alfredo Corallo