Due allenatori per spezzare una maledizione: il Viking è campione dopo 34 anni

Il Viking ha realizzato i suoi sogni. Anzi, il Viking ha realizzato i suoi fo***ti sogni. E no, la "parola con la F" — come la chiamava Forrest Gump nella scena della manifestazione al Lincoln Memorial — non è una citazione presa dai discorsi di Abbie Hoffman, l'uomo che "non so perché per camicia aveva una bandiera americana". La parola con la F è una vendetta, consumata al freddo della Norvegia, dove il Viking ha finalmente cancellato una maledizione che durava da trentaquattro anni. La storia nella storia è questa: qualche mese fa il Viking, dopo aver accarezzato per una sola giornata la vetta della classifica, perdeva 4-2 in casa contro il Bodø, la squadra che ormai da anni cannibalizza i campionati norvegesi; succedeva, allora, che i tifosi dei campioni in carica srotolassero uno striscione carico di pungente ironia. C'era scritto: "Nei vostri fot***i sogni", alludendo alle improbabili velleità di titolo del povero Viking. Salto temporale: novembre 2025, è l'ultima giornata, il Viking sta vincendo 5-1 e si è ormai preso quel campionato norvegese tanto sognato. I suoi tifosi, quindi, si prendono la dolcissima rivincita: srotolano anche loro uno striscione. Ovviamente, ci sono scritte le stesse identiche parole: In your fucking dreams. Il sogno si è avverato. Otto anni fa erano retrocessi Intanto, va detto in Scandinavia è in atto una sorta di rivoluzione, quella dove le squadre meno quotate riescono a battere i giganti. È il concetto tanto caro al calcio britannico di giant killing. Così come in Svezia con la favola Mjällby, anche in Norvegia c'è stato un colpo di stato, firmato proprio dal Viking, in questo caso non esattamente un puntino sperduto nel mondo e nemmeno una storica prima volta alla Leicester, ma lo stesso un'impresa da underdog. Intanto, la mappa: Stavanger — base del Viking — è la terza area urbana più grande della Norvegia e, lì, è famosa per essere la capitale del petrolio. Loro in bacheca avevano già otto campionati e, con l'ultimo sigillo, sono saliti al secondo posto assoluto per titoli in patria. Sì, ma non vincevano dal 1991. E nel 2017 erano addirittura retrocessi. Nel campionato norvegese appena concluso — che è annuale, da marzo a novembre — il Viking l'ha dunque spuntata sugli habitué dell'Europa del Bodø/Glimt. Un duello mozzafiato come quelli del Barry Lyndon di Kubrick: 71 punti a 70, contro chi di Eliteserien ne ha vinte quattro negli ultimi cinque anni e dove, più in generale, il potere costituito lascia raramente posto ai sogni. Basti pensare che, dal 2014 a oggi, avevano vinto il titolo solo tre squadre: Bodø, appunto, il Molde e il glorioso Rosenborg, che guarda ancora tutti dall'alto con più trionfi di qualsiasi altro club norvegese. Due allenatori insieme in panchina Fondati come il Milan nel 1899. Colore delle maglie: blu scuro. Il Viking è figlio dell'identità norrena, quel sostrato di miti e leggende che hanno forgiato il popolo scandinavo nell'atavico legame con le civiltà vichinghe. La squadra oggi anche dell’ex Samp e Lecce Askildsen aveva vissuto il suo ultimo momento di gloria in epoca moderna con l'impresa firmata contro il Chelsea di Ranieri nei gironi della Coppa Uefa del 2003: sconfitta a Stamford Bridge 2-1 e clamorosa rimonta 4-2 in Norvegia con gol partita allo scadere di Erik Nevland, uno che vantava pure un gettone in maglia Manchester United. Il legame inglese c'è anche per un altro motivo: dal 2004 al 2005, anche se per soli diciotto mesi, si era seduto sulla panchina del Viking nientemeno che Roy Hodgson mentre, oggi, alla gloria nazionale ci sono tornati non con uno, ma ben due allenatori. Da qualche anno, infatti, ci sono Bjarte Lunde Aarsheim e Morten Jensen a condividere la panchina del Viking; non proprio una novità lassù in Scandinavia, basti pensare alla Svezia dei Mondiali del 2002 e di Euro 2004 con due Ct contemporaneamente in panchina, Lagerbäck il tattico e Söderberg il motivatore. Col tandem di tecnici il Viking ha riscritto la sua storia, e dire che il duo Aarsheim-Jensen non era riuscito a firmare l'impresa neanche quando aveva in squadra un portiere che, a ogni partita, rimpiccioliva la propria porta. La storia è di qualche anno fa e porta la firma di Patrik Gunnarsson — ex anche del Brentford e oggi portiere nella serie B belga — al tempo pizzicato sui social a rimpicciolire letteralmente la porta del Viking appena dopo la canonica ispezione della rete da parte del guardalinee. La notizia fece abbastanza scalpore e, in Norvegia, calcolarono che Gunnarsson riuscisse a guadagnare addirittura da quindici a venti centimetri per partita. Storia vecchia: ormai al Viking, per essere campioni di Norvegia, non serve alcun trucco. Nessunissimo fot***o trucco.

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Marco Salami