Premier League, il talento di Richarlison sta sbocciando al Watford

Calcio

Fabrizio Gabrielli (in collaborazione con "l'Ultimo Uomo")

Richarlison

Con quattro gol e due assist, l'ala brasiliana del Watford è una delle più belle sorprese di questa Premier League. La sua storia difficile spiega in parte il suo talento.

Focalizzato sull’obiettivo di costruire una squadra con un’identità, ma con la complicazione di non avere tempo a sufficienza per farlo, da quando ha assunto la guida tecnica della Seleçao, Tite si è sempre dimostrato abbastanza restio alle sperimentazioni, figuriamoci alle suggestioni. L’assenza di Richarlison nella lista dei convocati del Brasile per le prossime amichevoli contro Giappone (a Lille) e soprattutto Inghilterra (a Wembley) ha suscitato un po' di delusione anche alla luce del discorso pregresso di Tite, che solo ad agosto dichiarava di tenerlo d'occhio e non escludere una sua chiamata. La gara in Inghilterra, considerando che Richarlison sta sbocciando proprio in Premier league, sembrava l'occasione perfetta.

Richarlison è un calciatore tutto da scoprire, ancora in divenire per molti aspetti, eppure con una sua riconoscibilità - anche tattica - già molto marcata. Arrivato in Europa un po’ in sordina, con l’infamante aura della seconda scelta, ha saputo dribblare in pochissimo tempo pregiudizi e scetticismi con un cambio di velocità, e di direzione alla corsa, in maniera molto simile a come si comporta sul campo con gli avversari.

Se l’avvio di stagione del Watford è stato il migliore della sua storia, con quindici punti nelle prime otto partite (a cui sono però seguite tre sconfitte consecutive), buona parte del merito è anche di Richarlison.

I cliché (e il loro contrario)

Intervistato dal Telegraph prima della partita cruciale con il Chelsea (il Watford, lanciatissimo, l’avrebbe però persa per 4-2) Richarlison ha fornito un’ottima base di partenza per ogni storytelling che lo riguarda, anche se bisognerebbe capire quanto coscienziosamente, e con quanta malizia. In particolare ha tirato fuori l’aneddoto un po’ trito, ma mai banale, del contesto disagiato in cui si è forgiato. «Mi hanno puntato una pistola in faccia, come potrei essere spaventato dal Chelsea?».

Cresciuto a Vila Rùbia, sobborgo della provincia di Nova Venécia, sud-est dello stato di Espírito Santo, famoso per le sue spiagge e per la produzione siderurgica più che per essere culla di particolari talenti calcistici, quella di Richarlison è la classica storia del menino de rua immerso in un contesto per il quale il calcio rappresenta, oltre che una via di fuga, una forma di espiazione. «C’erano tutti i presupposti affinché potessi trasformarmi in uno spacciatore, ma i miei allenatori erano della polizia. Quando si sono resi conto del posto da cui venivo mi hanno cominciato a dare consigli su come fare per evitare di finire su quel brutto sentiero».

Forse è per questo che Richarlison si sente un predestinato, quasi un eletto: oltre al contesto, di per sé brutale, ha dovuto lottare anche contro - o assecondarne i moti, se preferite - una famiglia che gli si sfaldava sotto gli occhi. I genitori si lasciano quando è ancora un ragazzino: lui finirà per vivere con gli zii, in una casa troppo piccola per tutti tanto da costringere la zia ad accettare un lavoro fuori città pur di lasciargli un letto, fin quando non si presenterà l’occasione di un provino a Belo Horizonte, con l’América.
I soldi destinati al biglietto di ritorno, dopo qualche giorno a Belo Horizonte, li spende per sfamarsi. Affermarsi nel Minas Gerais, oltre a un’ambizione, diventa una contingenza.

Approfittare del momento giusto

Nell’arco di due stagioni e mezza è passato dal Brasileiro B alla Premier League. E se fosse successo tutto troppo in fretta? Il dubbio è legittimo, e neppure inedito. Dalla sua, Richarlison ha però una caratteristica che lo contraddistingue da molti altri talenti strappati precocemente dall’America Latina: a guidare la sua crescita sportiva non è il talento, o almeno non in maniera preponderante. Nonostante sia nella sua essenza più profonda un attaccante, lo stile di gioco di Richarlison è tutto fondato sul sacrificio e sull’atleticità.

Con l’América-MG, giocando da seconda punta - proattivo, sempre pronto a integrarsi nelle transizioni offensive senza solipsismi - segna 9 gol in 24 partite nel 2016. Monchi, allora direttore sportivo del Siviglia, gli mette gli occhi addosso. Invece lo acquista il Fluminense, nobile un po’ decaduta, ma sempre attenta all’investimento sui giovani, che spende quasi tre milioni di euro per metterlo sulla fascia e lasciarlo sfogare in tutto il suo estroso funambolismo giovanile.

A gennaio 2017, nel Sudamericano U-20 in Ecuador, Richarlison si mette in mostra non tanto per la tecnica, comunque superiore a quella dei pari età del resto del continente, quanto per la rapidità, per la tensione atletica. C’è un frangente della partita con l’Ecuador nel quale durante una transizione offensiva del Brasile la palla, lanciata lunga, sembra destinata a un controllo agevole del difensore, che ha almeno tre metri di vantaggio su Richarlison. Una situazione così prevedibile che la regia decide di staccare sul portiere, convinti che nessuno possa mai raggiungere quel pallone e tenerlo vivo. Nessuno, però, che non sia Richarlison. Lui ci arriva, con una corsa che sembra fatto di vento, anticipa il difensore e si prende il fallo.

Il repertorio di skills è solo complementare alla dirompenza atletica.

Nell’anno solare è il brasiliano con meno di vent’anni che ha collezionato più reti. Prima dell’estate, con il Fluminense, gioca diciotto partite tra campionato e Copa Sudamericana, segnando sette gol (oltre a fornire quattro assist).

Il Palmeiras si dimostra interessato, ma ha l’intempestiva ineleganza di fargliene arrivare voce proprio a ridosso di uno scontro diretto con il Fluminense.

Lo stile con cui Richarlison, ancora teenager per quanto svezzato, gestisce la situazione la dice lunga sulla maturità del ragazzo, ed è forse il momento perfetto in cui far trasparire quanto sia già pronto per un palcoscenico naturalmente responsabilizzante come quello europeo. Quella partita non la gioca per un infortunio; però si mette a nudo in un’intervista confessandosi più preoccupato e dispiaciuto delle ripercussioni del clamore mediatico su chi lo circonda quotidianamente, che lusingato - per quanto un giovane prospetto possa sentirsi soddisfatto di aver catturato l’interesse di una società blasonata, che disputa la Libertadores.

Il commitment emotivo è alla base di tutto per Richarlison.

Scendere da un camion in corsa

C’è un aneddoto della sua vita che si ripresenterà, sotto diversa forma, all’acme della sua carriera. Quando i genitori si separano, Richarlison segue la madre e i fratelli. «Eravamo sul camioncino del trasloco, c’era la mia cameretta, i miei vestiti. Ma all’ultimo sono sceso e ho deciso di rimanere con mio padre. Perché era la persona con cui giocavo a pallone e guardavo le partite. Mia madre non me lo avrebbe mai permesso. Ero giovane, ma non scemo».

All’inizio dell’estate, Richarlison è praticamente un calciatore dell’Ajax, che ha già acquistato David Neres. Poi la trattativa si arena, e subentra in scena Marco Silva, il tecnico portoghese appena ingaggiato dal Watford. Non è complicato capire perché l’ex allenatore dell’Hull City abbia voluto un giocatore come Richarlison per la sua squadra: perché è un attaccante disciplinato tatticamente, e sempre prono al ripiegamento difensivo. Perché attaccare non è la sua prerogativa, ma lo è farlo supportando i meccanismi offensivi della sua squadra. Perché può inseguire un avversario box-to-box, strappargli la palla e ripartire, box-to-box ancora una volta.

Eppure, nonostante questo, perché ha un destro educatissimo nel lancio e nel primo controllo, sempre prodromico all’affondo in velocità contro l’avversario diretto; perché può giocare largo a destra o sinistra, indifferentemente, forte del suo essere ambidestro. Perché sa costruire, e poi tagliare in area per la conclusione.

Ovviamente non è un goleador dall’istinto killer, anzi spesso sbaglia reti facili, soprattutto di testa, nonostante sappia sempre trovare i tempi giusti per l’inserimento. Però ha una predisposizione naturale all’apprendimento, alla memorizzazione di meccanismi e alla loro applicazione quasi automatica, al coinvolgimento emotivo e sensoriale: contro il Chelsea, quando serve a Pereyra l’assist per il momentaneo 1-2, quasi accompagna a voce alta (che tradotto in termini calcistici significa con un movimento del piede) il tiro del compagno.

Però si è ambientato in Inghilterra con una rapidità, un impegno e una facilità inusuale per i brasiliani. «Voglio fare la storia qua», ha detto in un’altra intervista, senza mai tradire la sua semplicità e la trasparenza. «E poi il mio sogno è andare a giocare nel Borussia Dortmund».

Richarlison lo studioso.

Ancora tutto da dimostrare

Richarlison ha ottenuto un permesso di lavoro, necessario a qualsiasi straniero calpesti i prati di Premier League, nonostante non soddisfacesse i criteri standard, a partire dal fatto che non sia mai stato convocato per la propria Nazionale. Per la stessa ragione in estate il Watford non aveva potuto tesserare Adalberto Peñaranda, che invece ha già collezionato un discreto numero di presenze con la Vinotinto oltre a essersi messo in luce, nei Mondiali disputati in estate, con l’U-20, che ha portato fino alla finale, guadagnandosi l’endorsement anche di Paul Simpson, tecnico dell’U-20 inglese poi campione. Tuttavia esistono delle eccezioni, e Richarlison ha ottenuto il via libera dopo che un panel di esperti ha valutato le sue prestazioni con le Nazionali giovanili, ascoltato compagni e allenatori del passato recente, ritenendo il brasiliano un potenziale asset per la Lega.

La forza d’impatto con la quale si è affacciato in Premier League sembra voglia in qualche modo essere un tentativo impaziente di riequilibrare la bilancia cosmica, o mettere a tacere le critiche, o sdebitarsi: Richarlison ha tutto da dimostrare, e vorrebbe farlo nei tempi più rapidi. Affermarsi definitivamente passerà attraverso le sue prestazioni con il Watford, e viceversa la possibilità - per gli “Hornets” - di confermarsi i dark horses di questa stagione risiedono nella tenuta sul lungo raggio dell’esterno brasiliano. Il Mondiale è a giugno; nei sette mesi che rimangono, non è detto che Tite non possa ricredersi.