E se il vero obiettivo della Juventus fosse la Champions?
Champions LeagueLa squadra di Claudio Ranieri sembra costruita ad hoc per fare bene in campo internazionale più che in campionato. Lo dimostrano risultati e cabala: in passato Milan e Liverpool furono vincenti "solo" in Europa. COMMENTA NEL FORUM DI SKY
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di AUGUSTO DE BARTOLO
Una vittoria galactica, un Del Piero Real, titoli che vanno oltre la singola prestazione con cui la Juventus ha liquidato per ben due volte, e consecutive, il Real Madrid. Uno stile ben preciso, una tensione diversa da quella generata dal campionato che lascia presupporre uno scenario solo lontanamente ipotizzabile alla vigilia, ora concreta chance di vittoria. E se l'obiettivo della Juventus in questa stagione fosse davvero e in modo prioritario la Champions? Se questa domanda fosse stata posta qualche tempo fa qualcuno avrebbe strabuzzato gli occhi forse, altri avrebbero accolto la provocazione con il ghigno di chi la sa lunga, troppo lunga. E invece, all'apparir del vero, le cose sembrano stare proprio così. Il trend della formazione di Ranieri in campionato e in Champions, addirittura un diverso stile di gioco, caratterizzato dall'europeismo tattico maturato in Spagna e in Inghilterra dal tecnico bianconero, è una prova, e non solo un indizio, della caratura internazionale di questa squadra. La Juve sembra modellata ad hoc per la coppa dalle grandi orecchie, l'avvio stentato in campionato, la consapevolezza che il Milan, esentato dall'impegno pressante della Champions, forse ha intrapreso il proprio cammino vincente, ha spostato l'attenzione.
Quella stessa attenzione, tecnico-tattica che ha permesso alla Signora di ottenere tre vittorie e un pareggio nel girone eliminatorio, due delle quali con il Real ed una, al Bernabeu (mancava da 46 anni), che rende la tesi più dimostrabile. Innegabile, inoltre, la somiglianza con chi, nel passato, recente, si è caratterizzato per questa sua predisposizione alla mezza maratona europea e non alla gara completa, lunghissima, sfiancante che porta alla conquista del tricolore. Il Milan 2002-03, la Juve lo sa benissimo e a sue spese, è un esempio: squadra da Champions si disse, espressione ripetuta anche nel 2006-07, guarda caso nelle due stagioni del successo rossonero. Come se non bastasse, tuttavia, il precedente riguarda anche il Liverpool di Rafa Benitez, due finali (di cui una vinta) in tre anni e la cronica repellenza al successo in Premier League per la gioia di Chelsea e Manchester United.
Ecco, questa Juve, forgiata sulla praticità del gioco più che sullo spettacolo (a cui fanno eccezione le perle di un Del Piero che ricorda benissimo quello campione d'Europa), ha assunto questo atteggiamento europeista che la rende avversaria temibile per le grandi di ogni Paese. Implacabile nella gara secca con quel tocco in più garantito dai campioni che, ahitutti, chiamarli, a volte con sprezzo, della vecchia guardia sembra una bestemmia. Se alla disamina tecnica o psico-fisica si aggiunge un po' di cabala ecco che la dimostrazione del teorema è bella che fatta. Come il Milan campione nel 2003 cominciò dai preliminari contro i cechi dello Slovan Liberec, la Juve è tornata in Europa grazie al successo nel doppio confronto con gli slovacchi dell'Artmedia Bratislava, latitudini simili e stesso valore tecnico. A ciò si aggiunga che Roma sarà la città che ospiterà la finale di questa edizione di Champions, come nel 1995-96, anno dell'ultimo trionfo internazionale di una Juve che sembra aver mirato l'obiettivo più prestigioso.
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Una vittoria galactica, un Del Piero Real, titoli che vanno oltre la singola prestazione con cui la Juventus ha liquidato per ben due volte, e consecutive, il Real Madrid. Uno stile ben preciso, una tensione diversa da quella generata dal campionato che lascia presupporre uno scenario solo lontanamente ipotizzabile alla vigilia, ora concreta chance di vittoria. E se l'obiettivo della Juventus in questa stagione fosse davvero e in modo prioritario la Champions? Se questa domanda fosse stata posta qualche tempo fa qualcuno avrebbe strabuzzato gli occhi forse, altri avrebbero accolto la provocazione con il ghigno di chi la sa lunga, troppo lunga. E invece, all'apparir del vero, le cose sembrano stare proprio così. Il trend della formazione di Ranieri in campionato e in Champions, addirittura un diverso stile di gioco, caratterizzato dall'europeismo tattico maturato in Spagna e in Inghilterra dal tecnico bianconero, è una prova, e non solo un indizio, della caratura internazionale di questa squadra. La Juve sembra modellata ad hoc per la coppa dalle grandi orecchie, l'avvio stentato in campionato, la consapevolezza che il Milan, esentato dall'impegno pressante della Champions, forse ha intrapreso il proprio cammino vincente, ha spostato l'attenzione.
Quella stessa attenzione, tecnico-tattica che ha permesso alla Signora di ottenere tre vittorie e un pareggio nel girone eliminatorio, due delle quali con il Real ed una, al Bernabeu (mancava da 46 anni), che rende la tesi più dimostrabile. Innegabile, inoltre, la somiglianza con chi, nel passato, recente, si è caratterizzato per questa sua predisposizione alla mezza maratona europea e non alla gara completa, lunghissima, sfiancante che porta alla conquista del tricolore. Il Milan 2002-03, la Juve lo sa benissimo e a sue spese, è un esempio: squadra da Champions si disse, espressione ripetuta anche nel 2006-07, guarda caso nelle due stagioni del successo rossonero. Come se non bastasse, tuttavia, il precedente riguarda anche il Liverpool di Rafa Benitez, due finali (di cui una vinta) in tre anni e la cronica repellenza al successo in Premier League per la gioia di Chelsea e Manchester United.
Ecco, questa Juve, forgiata sulla praticità del gioco più che sullo spettacolo (a cui fanno eccezione le perle di un Del Piero che ricorda benissimo quello campione d'Europa), ha assunto questo atteggiamento europeista che la rende avversaria temibile per le grandi di ogni Paese. Implacabile nella gara secca con quel tocco in più garantito dai campioni che, ahitutti, chiamarli, a volte con sprezzo, della vecchia guardia sembra una bestemmia. Se alla disamina tecnica o psico-fisica si aggiunge un po' di cabala ecco che la dimostrazione del teorema è bella che fatta. Come il Milan campione nel 2003 cominciò dai preliminari contro i cechi dello Slovan Liberec, la Juve è tornata in Europa grazie al successo nel doppio confronto con gli slovacchi dell'Artmedia Bratislava, latitudini simili e stesso valore tecnico. A ciò si aggiunga che Roma sarà la città che ospiterà la finale di questa edizione di Champions, come nel 1995-96, anno dell'ultimo trionfo internazionale di una Juve che sembra aver mirato l'obiettivo più prestigioso.