Juventus, la maledizione Champions da cancellare col mercato

Champions League

Matteo Marani

La delusione dei giocatori della Juventus al termine della finale di Champions (LaPresse)

Nella serata di Cardiff la Juventus ha rivissuto i fantasmi di una maledizione europea che l'ha vista perdere 7 finali sulle 9 giocate, di cui 5 di fila. La distanza con il Real Madrid è stata evidenziata soprattutto nel secondo tempo, ma Allgeri non molla: ora si proverà a ripartire dal mercato

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Finisce con le immagini angoscianti di Piazza San Carlo, tra il panico dei tifosi in fuga. E di colpo è come se un’altra notte maledetta, l’ennesima, si consumasse nel rapporto tra la Juventus e la Champions. E’ il fantasma che da decenni la insegue in Europa. Il gol di Magath ad Atene, la doppietta di Riedle nel 1997, il piede di Mijatovic nel 1998 (ahi, sempre il Real), i rigori dolorosissimi di Manchester 2003, proseguendo fino all’illusione di due anni fa a Berlino, quando la Juventus si arrese al Barcellona di Messi, ritenuto allora troppo superiore. Con quella odierna contro il Real, fanno 7 sconfitte in 9 finali per il club, impossibile non considerarlo un tabù.

Eppure stavolta sembrava la volta buona. Pareva infatti che il processo di crescita della Juventus, indiscutibile nei numeri e nella qualità accresciuta della rosa, in particolare con gli arrivi estivi di Dani Alves, Pjanic e Higuain, avesse finalmente accorciato le distanze rispetto ai campioni d’Europa in carica, quel Real capace adesso di guardare il resto della concorrenza dall’alto di tre Champions vinte in quattro anni. E invece, in un solo tempo, appunto il secondo contro Cristiano Ronaldo e compagni, la Juventus ha incassato 3 gol, gli stessi che aveva subito nelle precedenti 12 partite di Champions. La squadra ha perso fiducia, dinamismo, equilibrio, coraggio e il fantasma si è impossessato di nuovo dei cuori juventini. La difesa, sin qui imperforabile, si è fatta superare con troppa facilità, Buffon non ha fatto i miracoli che lo avrebbero portato al Pallone d’Oro, già pronto a questo punto per affiancare gli altri quattro nel museo di Madeira, e la grande convinzione che aveva accompagnato la spedizione a Cardiff si è sciolta appunto in 45 minuti, al sole della squadra più grande del mondo.

In quel secondo tempo di Juventus-Real c’è tutto il racconto, verrebbe da dire tutta la differenza profonda, che scorre oggi tra i Blancos e i bianconeri. Una differenza fatta dal rango prima ancora che dai bilanci, comunque doppi per fatturato rispetto a quelli di Madama. L’essere una squadra grande, grandissima come il Real, o essere un gruppo che da ormai tre stagioni lotta con insistenza per arrivare lassù, sul tetto d’Europa, come la Juve di Allegri. La distanza è ancora evidente, visibile, e con il passare dei minuti – mentre le squadre si stancavano e gli spazi per la qualità dei centrocampisti aumentavano – si è compreso tutto il solco. Da una parte il migliore giocatore del mondo, Cristiano Ronaldo, che da solo decide il match aprendo con un suo gol  e mettendo il sigillo con il terzo, dall’altro un ottimo centravanti come Higuain, in grado di fare la differenza nel nostro campionato, ma ancora una volta bloccato al momento decisivo, sia il Mondiale o la Champions.

Il Real Madrid è apparso troppo forte per questa Juve, che pure nel primo tempo aveva tenuto bene il campo. Troppo superiore per esperienza internazionale, ricchezza di alternative (in panchina figuravano Morata e Bale, con James Rodriguez addirittura in tribuna, tanto per gradire), un campione come Cristiano Ronaldo e un allenatore, l’ex della serata Zinedine Zidane, che ha trionfato nella sua personale sfida con Allegri, annullando Dybala e dominando sulle fasce. In meno di due anni da allenatore, Zizou ha vinto tutto: due Champions, un Mondiale per club, la Liga quest’anno. Uno dei rarissimi fuoriclasse planetari, con Crujiff, a saper vincere da giocatore e da allenatore. Mica poco. Considerato una sorta di traghettatore dopo Benitez, ha capito che per conquistarsi il rispetto di uno spogliatoio gonfio di stelle non servivano altre parole, bastava la sua storia. Nessuno aveva mai vinto due volte di fila la Champions da quando si chiama così. E bisogna risalire a Sacchi per trovare un tecnico due volte vincente in due anni.

La Juve chiude con molti rimpianti. Ma non deve farsi prendere dalla tentazione di buttare via tutto. Le sei stagioni di successi in Italia, tra campionato e Coppa Italia, unite alle due finali disputate in tre anni, dicono che il lavoro avviato da Andrea Agnelli ha portato comunque a risultati significativi. Dai quali occorre ripartire. “L’anno prossimo saremo ancora più convinti di essere all’altezza” ha detto il presidente bianconero a fine gara. Il cammino per cancellare il fantasma ripartirà tra poche ore, con il nuovo mercato.