Qarabag, la squadra senza città che affronterà la Roma in Champions League

Champions League

Luca Cassia

Travolto 6-0 al debutto dal Chelsea, il Qarabag ospita a Baku la Roma in Champions League (Foto Getty)

Primo incrocio assoluto tra la Roma e il club dell'Azerbaigian, esiliato da oltre vent'anni a Baku dopo la distruzione dell'originaria Agdam nel terribile conflitto degli anni '90. Oggi potenza in patria e storica debuttante azera in Champions League, il Qarabag non dimentica le sue radici e vive una parabola senza precedenti

Non ci sarà Francesco Totti, fresco 41enne al primo compleanno senza vestire quella maglia diventata una seconda pelle. Proprio lui che nel sorteggio di Montecarlo ha estratto la trasferta da 3.000 km della Roma a Baku, capitale azera e dimora adattata del Qarabag prossimo avversario in Champions League. Una sfida da non sottovalutare per i giallorossi di Eusebio Di Francesco contro il club originario di Agdam, città fantasma rasa al suolo dall’esercito dell’autoproclamata Repubblica del Nagorno-Qarabag tra il 1992 e il 1994 dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica. L’indipendenza del territorio non riconosciuto da alcuno Stato dell’Onu ha generato un conflitto silenzioso ma sanguinoso, guerra costata la vita a 30.000 persone tra orrori e pulizia etnica provocando l’esodo di un milione di profughi rimasti nei confini nazionali. Oggi ribattezzata Akna e praticamente una cava a cielo aperto, l’ex comunità azera veicola le radici del Qarabag ovvero una squadra di "esiliati" dove i reduci della tragedia ricoprono ruoli dirigenziali, compiti nel nome di un passato impossibile da dimenticare.

Addio Agdam

Il Qarabag è di casa a Quzanli, comune da 13.000 abitanti nel distretto di Agdam e principale centro degli sfollati da oltre vent’anni. Non esiste più lo stadio Imarat, teatro del primo scudetto datato 1988 eppure completamente distrutto dalle forze armene. Andò peggio all’ex allenatore Allahverdi Bagirov, scomparso durante il conflitto a causa di una mina antiuomo innescata dal passaggio della sua Jeep: due anni più tardi venne proclamato eroe nazionale dell’Azerbaigian. Ai calciatori non fu concesso arruolarsi in quanto paladini dello sport nel rispetto di Agdam, culla rovesciata il 23 luglio 1993: una settimana dopo il Qarabag si laureò campione nazionale senza alcun festeggiamento, piuttosto sfidando i proiettili dei cecchini per cercare amici e familiari tra i rifugiati. Nemmeno gli ultimi successi in patria hanno convinto il club a festeggiare nella terra natia, bandiera e cuore pulsante tuttavia sepolto dalle macerie. Una squadra in esilio da oltre vent'anni, voce e simbolo di un popolo che ha perso tutto.

Incroci italo-azeri

La vetrina della Champions concede lustro all’Olimpiya Stadionu (sede della finale dell’Europa League nel 2019) e non al "Tofiq Bahramov", impianto del Qarabag intitolato all’ex arbitro discusso protagonista nella finale dei Mondiali del 1966 tra Inghilterra e Germania Ovest. In quell’occasione da guardalinee convalidò il gol fantasma del britannico Geoff Hurst, rete curiosamente annullata nonostante la regolarità 48 anni dopo a Baku contro l’Inter in Europa League, 0-0 che costò l’eliminazione degli azeri a beneficio del Dnipro poi finalista. Destino o casualità il Qarabag insegue ancora il primo successo casalingo contro un’avversaria italiana, precedenti arricchiti dalla Fiorentina con 3 sconfitte ai danni degli Atlilar (I Cavalieri). Vent’anni fa risale l’esordio europeo del Qarabag in Coppa Uefa, competizione poi accarezzata dagli azeri solo ai playoff fino all’accesso dalla porta principale per tre edizioni consecutive senza tuttavia mai raggiungere la fase successiva. Attenzione agli azeri davanti al proprio pubblico, fattore che li ha visti chiudere imbattuti nelle ultime 8 partite europee. Impegno inedito per la Roma che, viceversa, non vince in trasferta in Champions da 10 incontri (3-2 a Basilea nel 2009) e ha strappato un successo solo una volta nelle ultime 14 partite della competizione contro il Bayer Leverkusen nel 2015.

Gurbanov per la storia

È il battesimo assoluto nella fase principale della Champions League per una squadra azera, fondata nel 1951 e diventata un fiore all’occhiello del Paese caucasico nonché serbatoio principale della Nazionale grazie a due figure decisive. In primis ecco l’allenatore Gurban Gurbanov, 45enne ex attaccante alla guida del club dal 2008, artefice di 4 titoli consecutivi fino alla storica qualificazione nella massima competizione europea ai danni di Samtredia, Sheriff e Copenaghen. Il proprietario è invece Abudallbari Gozal, magnate iraniano di origini turche al vertice della Azersun Holding nel settore agroalimentare, abile a costruire una rosa da 18 milioni di euro con 14 stranieri e pedine dal doppio passaporto dove spiccano soprattutto gli spagnoli Michel e Quintana oltre all’ex Olympiacos Elyounoussi e al brasiliano Pedro Henrique, cresciuto nel Gremio. Dopo 10 anni al Legia è arrivato il polacco Rzezniczak, difensore come l’albanese Agolli apprezzato dall’ex ct De Biasi. Il portiere Sehic è invece amico e socio in affari di Dzeko, bosniaco cresciuto come lui nel Zeljeznicar di Sarajevo: da qui i lavori condotti in partnership allo stadio Grbavica. Non mancano le risorse per la Nazionale guidata da Prosinecki: è il caso di fedelissimi come Medvedev e Garayev fino al leader Sadygov, selezione che accoglie pure il naturalizzato Richard Almeida e i vari Guseynov, Amirguliyev e Ismayilov oltre alle punte Sheydaev e al 20enne Madatov (6 gol in stagione). Davanti punge l’attaccante sudafricano Dino Ndlovu, svezzato nella periferia europea eppure a segno in tutte le gare per accedere alla fase a gironi di Champions.

Travolto 6-0 dal Chelsea di Conte all’esordio a Stamford Bridge, il Qarabag cerca la svolta in casa senza dimenticare orgoglio e identità. A caccia del 5° scudetto consecutivo, in patria è imbattuto da 16 gare complessive e domina al comando con 5 vittorie in altrettante partite grazie al consolidato 4-2-3-1 di partenza, assetto offensivo e filosofia occidentale per gioco e interpreti. Della città fantasma era originaria la madre di Rashad Sadygov, 35enne capitano e monumento azero con il record assoluto di presenze (110) in Nazionale. Uno che nel 2006, dopo un mancato transfer tra Turchia e Azerbaigian, si fece ingaggiare per 6 mesi da una squadra di basket pur di non perdere la forma migliore. E proprio alla madre Sadygov ha dedicato i trionfi del Qarabag allenato da Gurbanov, miglior marcatore di sempre della selezione azera con 14 gol. Sue le parole che spiegano appieno il senso di appartenenza del gruppo: "Il Qarabag è qualcosa di più di una squadra: è un mezzo affinché la nostra storia non venga dimenticata". Passato che vive nel cuore di un club proiettato al futuro.