La punta francese del Siviglia ha giocato a futsal fino a 20 anni e il suo stile oggi ricorda gli anni passati sul parquet
Alla mezz’ora del secondo tempo Manchester United e Siviglia sono ancora sullo 0-0, dopo 135 minuti passati a provare a segnarsi senza riuscirci. Tre settimane prima anche l’andata in Spagna era finita a reti inviolate e adesso la partita è entrata in quella fase in cui le due squadre sembrano aspettare solo che il tempo si esaurisca. Al 72esimo Montella sembra pensare alle forze dei suoi uomini in vista dei supplementari e decide di sostituire Luis Muriel con Wissam Ben Yedder. Quando il francese entra in campo, il settore ospiti inizia a cantare: «¡Todos queremos que marque Ben Yedder!», cioè «Tutti vogliamo che segni Ben Yedder!».
Appena entrato in campo, Sarabia prova subito a pescare il suo movimento in profondità tra i due centrali (Smalling e Bailly) con un lob lungo in controbalzo che però finisce tra le mani di De Gea. Una manciata di secondi dopo l’azione si ripete quasi identica: Sarabia riceve tra le linee, sulla trequarti, un bel passaggio in diagonale di Banega; lo spagnolo stoppa con il destro, si aggiusta il pallone con la punta del sinistro e poi trova un filtrante in diagonale ancora per Ben Yedder, che è scappato alle spalle di Smalling mentre viene seguito da dietro da Bailly.
Ben Yedder stoppa con il piatto destro in corsa e il primo controllo è talmente buono che il pallone gli rimane troppo indietro ed è costretto a fermare per un attimo la corsa per aspettarlo. Bailly sfrutta questa piccola pausa per pararsi davanti e schermare lo specchio, e sembra ormai in controllo della situazione. Quando il pallone torna nella disponibilità di Ben Yedder, però, il francese si ritaglia una nuova piccola porzione di specchio allargandosi il pallone con l’esterno destro, e poi in una frazione di secondo calcia nell’angolo in basso, alla sinistra di De Gea. La velocità con cui ha combinato il primo tocco con l’esterno al tiro non solo ha impedito a Bailly di coprire la linea di tiro verso la porta, ma ha anche anticipato il tuffo del portiere spagnolo, che quando arriva all’angolo ha già il pallone alle spalle, nella rete.
Secondo Tony Esteves, allenatore del primo club in cui ha giocato Ben Yedder (il Garges Djibson), questo gol è tipico nel futsal: «Un tocco per il controllo, uno in direzione della porta e infine il tiro. In spazi stretti, Ben Yedder ha ancora il tocco di un giocatore di futsal». «Romario in area di rigore non si muoveva molto, ma quando riceveva era un killer, anche se aveva solo 2-3 metri quadrati di spazio», continua Esteves «Ben Yedder era il nostro Romario, non ha mai smesso di segnare. Era come un fucile: bam-bam-bam!».
Quest’anno Ben Yedder ha segnato 19 gol in tutte le competizioni, con poco più di 2300 minuti di gioco, di cui addirittura 10 in Champions League (compresi i preliminari). E forse questo ha molto a che fare con il suo passato nel futsal.
Dalla strada al parquet
Ben Yedder non è certo il primo che arriva al calcio dal futsal, che per alcuni giocatori è il primo gradino nella propria scalata al professionismo subito dopo il calcio di strada (soprattutto in Sud America, dove il futsal è nato). Ben Yedder, però, è uno dei pochissimi giocatori ad essere arrivato ai più alti livelli del calcio europeo dopo aver affidato quasi tutto il proprio sviluppo giovanile al futsal. Ha continuato a giocarci fino al 2010, cioè fino a circa 20 anni, quando venne tesserato dal Tolosa, e fino al 2007 è stato di fatto l’unico sport che ha praticato a livello professionistico.
Per certi versi, d’altra parte, il futsal è l’approdo naturale del calcio di strada, che nella sua versione istituzionalizzata dei campetti di quartiere, ne imita gli aspetti più esteriori: la grandezza del campo, il diametro della palla, il numero di giocatori. La differenza più ovvia, e anche la più importante, è che il calcio di strada non ha i codici e le regole di uno sport vero e proprio, ha a che fare più che alto con la sfida tecnica personale che i singoli giocatori intraprendono con i propri avversari. L’atteggiamento estroverso, lo swag, i trick e dei numeri da circo che vediamo anche nei giocatori di primissima fascia, derivano proprio da questa cultura della sfida, dalla lotta per la street cred che nasce nei campetti di quartiere.
Come dice Riyad Mahrez, che è cresciuto insieme a Ben Yedder nei campetti di Sarcelles, a nord di Parigi, nel documentario “Ballon sur bitume”: «I miei amici facevano un po’ da cavie. Io li dribblavo e loro mi entravano in tackle. Lottavamo per non perdere palla. […] A forza di giocare tutti i giorni migliori la tecnica e il dribbling. Ecco perché i giocatori più tecnici vengono dalla strada».
Ma se Mahrez, con il suo gioco di finte e pause, di sfida continua al diretto avversario, è tecnicamente un figlio della strada (per usare un’espressione näif), Ben Yedder invece è un vero e proprio prodotto del futsal. La punta francese ha una tecnica pulitissima, senza sbavature, che esprime però in uno stile essenziale che praticamente non contempla il dribbling (in Liga ne fa appena 0.52 ogni 90 minuti).
Per questo è importante anche ricordare che Ben Yedder non ha imparato a giocare a calcio in un’academy ma, per l’appunto, nella palestra Allende Neruda del Garges Djibson. Solo nel 2007 ha iniziato a giocare a calcio a 11 a livello amatoriale, prima al Saint-Denis e poi all’Afortville, ma senza abbandonare realmente la sua carriera nel futsal, tanto da venire convocato anche dalla Nazionale giovanile francese. Nel gennaio del 2010, circa sei mesi prima di firmare il suo primo contratto da professionista con il Tolosa, esordisce con la Nazionale francese maggiore di futsal in una partita contro la Grecia, in cui contribuirà con un gol al 6-0 finale.
Dal parquet all’erba
L’impatto con il professionismo è stato molto duro. Ben Yedder ci ha impiegato anni per interiorizzare la quadratura mentale e fisica necessaria per diventare un calciatore e ancora nel maggio del 2016 dichiarava di non riuscire ad avere vita regolare: «Allenarsi tutti i giorni, tutte le settimane, è quello che mi manca ancora un po’». Nell’ottobre del 2012, durante un ritiro con l’Under 21 a Le Havre, venne squalificato per più di un anno dalla nazionale per essere uscito la sera senza permesso insieme ad altri giocatori, tra cui Griezmann e Niang.
Ben Yedder dice di aver capito di essere davvero un calciatore solo al primo gol in Ligue 1 con la maglia del Tolosa, contro l’Evian, nell’aprile del 2012: «Quel gol mi ha liberato la testa, mi ha fatto capire che ero entrato nel mondo dei professionisti. Segnando ho preso coscienza del mio status». Ben Yedder dice di rivedersi quel gol una volta al giorno, sul cellulare.
Ma la svolta è stata anche tattica, nel senso che Ben Yedder ha iniziato ad essere considerato davvero un calciatore quando ha capito come portare il suo gioco in un campo che è grande circa il doppio rispetto a quello da futsal. Una grossa mano, in questo senso, gliel’ha data l’allora allenatore del Tolosa, Alain Casanova (uno che stravede talmente tanto per lui da paragonarlo a Messi), che lo spostò dal centrocampo all’attacco. Nelle quattro stagioni successive al Tolosa (cioè dal 2012 al 2016) Ben Yedder segnerà 70 gol in tutte le competizioni, di cui 62 in Ligue 1.
Ben Yedder è riuscito così ad emergere nel calcio europeo cucendo i punti di forza e i limiti ereditati dal futsal sul ruolo della prima punta, interpretandolo in maniera originale e legittimando l’intuizione di Casanova. Il ruolo di prima punta gli permette più degli altri di ridurre il suo spazio d’azione: Ben Yedder non è certo una punta moderna, “di manovra” come vengono comunemente definite, e deve essere necessariamente inserito in una squadra associativa che cerca di arrivare in porta gradualmente con il possesso. Ma gli va dato il merito di essere riuscito a sopravvivere nel calcio a 11 trovando un modo per esprimere il suo talento.
«Al contrario del futsal», dice Ben Yedder «nel calcio devo sfruttare anche gli spazi ampi. Mi ci è voluto del tempo per adattarmi, soprattutto nel gioco lungo». La punta del Siviglia ha così ristretto il suo raggio d’azione in quella zona che va dalla trequarti all’area piccola. Quest’anno tutti i suoi gol sono avvenuti dentro l’area di rigore, così come praticamente tutti i suoi tiri (2.14 ogni 90 minuti su un totale di 2.34).
Restringendo il campo ad una sua piccola porzione, Ben Yedder si è ricostruito una comfort zone dove esprimere al meglio il suo gioco, al cui interno gioca proprio come un giocatore di futsal. Prima di entrare in area la punta francese si limita ad associarsi ai compagni più vicini con passaggi corti, semplici seguiti da un movimento a liberarsi alle spalle del diretto avversario. La media della lunghezza dei passaggi di Ben Yedder, per capirci, è la più bassa di tutto il Siviglia (12 metri), e una delle più basse di tutta la Liga.
I maggiori vantaggi del suo background iniziano però a diventare evidenti quando entra in area e soprattutto nel momento in cui riesce ad andare in uno contro uno con l’ultimo difensore prima del portiere. «Trovo che nel calcio a 11 sia meno complicato sfuggire alla marcatura dei difensori, perché nel futsal gli spazi sono molto più ridotti», dice Ben Yedder. Anche Kanouté, che ha visto il suo record di gol in Champions League segnati con la maglia del Siviglia frantumarsi di fronte alla stagione della punta francese, ha notato come il suo passato da giocatore di futsal abbia portato Ben Yedder «ad essere più bravo in spazi stretti di qualsiasi altro giocatore».
Ben Yedder è aiutato in primo luogo dalla possibilità di poter toccare il pallone con la stessa qualità con entrambi i piedi. Secondo Daniel Mendy, suo compagno di squadra nel Garges Djibson, Ben Yedder non è un ambidestro naturale, ma lo è diventato quando si è rotto il destro, in principio il suo piede naturale: «Voleva giocare così tanto che ha iniziato a giocare solo con il sinistro. E così il suo mancino è diventato forte come il destro».
Ma la peculiarità di Ben Yedder in area di rigore sta più che altro nel riuscire a ritagliarsi delle finestre spazio-temporali in cui tirare in porta che i difensori e i portieri non sono abituati a coprire. E deriva non tanto dalla capacità elusiva del dribbling, o dalla tecnica pura, quanto nel riuscire ad abbinare la preparazione al tiro al calcio vero e proprio nel modo più veloce e nel minor numero di tocchi possibile. Che poi è esattamente ciò che il futsal richiede per anticipare i tempi di reazione degli avversari, visto il campo ristretto e le porte più piccole. Se non si ha lo spazio necessario dove far passare il pallone, allora bisogna lavorare sul tempo.
Contro la Real Sociedad, ad esempio, ha segnato un gol riuscendo ad aprirsi lo specchio con una doppia finta di tiro, mettendo il pallone nell’unico spazio disponibile, cioè tra le gambe del portiere, con un tiro secco e potente. Il tutto viene fatto in appena tre tocchi consecutivi. In questo senso, quello che stupisce di Ben Yedder non è tanto la tecnica di calcio in sé quanto il fatto che riesca a far arrivare il pallone in porta in situazioni che normalmente sarebbero impensabili (non a caso è il giocatore dalla più alta accuratezza di tiro nel Siviglia, con l’unica eccezione di Sarabia).
Nel gol che vediamo qui sopra, della scorsa stagione, segnato contro il Deportivo de la Coruña, Ben Yedder dopo aver controllato un pallone complicatissimo ai limiti dell’area piccola mette il pallone nell’unico angolo libero, con uno scavino di punta esterna sinistra totalmente controintuitivo ma necessario per anticipare l’uscita ravvicinatissima del portiere. Se avesse tentato di utilizzare l’interno destro, infatti, avrebbe dovuto spostare il corpo dalla parte opposta, bruciando le uniche frazioni di secondo in cui quella finestra spazio-temporale era aperta.
Certo, l’eredità del futsal porta anche dei limiti difficilmente superabili e non è ancora chiaro se Ben Yedder sarà in grado di salire ulteriormente di livello. Ha già quasi 28 anni e, nonostante la grande stagione realizzativa, non è ancora considerato del tutto un titolare nemmeno nel Siviglia di Montella, che spesso gli preferisce Muriel.
D’altra parte, è difficile biasimare la scelta di concentrarsi sui suoi punti di forza. Forse non sarebbe mai potuto diventare un giocatore completo, un attaccante moderno, perché il suo percorso di crescita è iniziato troppo tardi e il suo background tecnico è stato troppo limitante. Ben Yedder ha preferito trasformare l’area di rigore nel suo personale campo di futsal. Un campo dove segnare è ancora più semplice, perché i difensori sono lenti come quelli del calcio a 11 e le porte sono larghe sette metri anziché tre.