Champions League, il play-by-play di Koulibaly in Napoli-Psg

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Dario Saltari

Contro i grandi attaccanti del Paris Saint Germain il centrale difensivo della squadra di Ancelotti ha messo di nuovo il suo grande talento difensivo, persino cresciuto negli ultimi tempi

KOULIBALY: "SPERO DI DIVENTARE COME ANCELOTTI"

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Nonostante sia in un brutto momento di forma, il PSG rimane una delle squadre più difficili da difendere in Europa, se non altro per l'enorme quantità di talento offensivo che ha a disposizione. Contro il tridente leggero schierato ieri sera al San Paolo, formato da Neymar, Mbappé e Di Maria, Koulibaly ha alzato il proprio livello di gioco, mostrando una capacità di lettura difensiva e un'abilità nell'uno contro uno impressionante. La sua prestazione merita di essere sottolineata, anche perché mette in evidenza i miglioramenti del difensore in aspetti del gioco che di solito non gli associamo.

Nella prima mezz’ora di gioco il Napoli è basso e il PSG arriva facilmente sulla trequarti, dove Neymar e Mbappé si muovono liberi da ruoli e movimenti prestabiliti, mentre Di Maria staziona spesso nel mezzo spazio di sinistra, a fare qualcosa a metà tra la mezzala e l’ala vera e propria. Per la linea difensiva di Ancelotti contenere l’esuberanza delle due stelle della squadra francese è un enigma complicato: uscire aggressivi dalle posizioni per arginare il gioco avversario tra le linee contro giocatori che saprebbero dribblare il diretto marcatore spalle alla porta con un singolo tocco è forse un rischio troppo grosso, ma anche rimanere in attesa a difendere la zona può significare concedere conclusioni pericolose al limite dell’area.

Raul Albiol e Kalidou Koulibaly cercano di dividersi i compiti: il primo inizialmente cerca di seguire a uomo i movimenti continui di Mbappé, mentre il secondo, forse, dovrebbe contenere le progressioni palle al piede di Neymar. Ma il centrale senegalese preferisce un atteggiamento più conservativo, aspetta gli avversari nella sua zona, davanti a Ospina, fino al momento prima che possano pensare di poter tirare in porta.

Al quarto minuto Callejon sbaglia uno stop difficile a centrocampo e regala palla alla transizione del Neymar, che con cinque tocchi arriva al limite dell’area di rigore. Poco prima che scarichi il pallone a Mbappé, si vede Koulibaly aspettarlo piegato sulle gambe con le braccia larghe, precisamente al limite della lunetta al limite dell’area. In area il senegalese difende puramente a zona, mentre Mbappé gira intorno Allan dopo essersi visto ribattere il primo tentativo di cross. La palla torna ancora a Neymar, ma questa volta è al limite dell’area piccola, spalle alla porta, ma dietro di sé ha ancora Koulibaly che aspetta la sua mossa. Il 10 brasiliano vorrebbe girarsi ma sente le braccia del senegalese sulle spalle e allora scarica dietro per Verratti: il centrocampista italiano prova il tiro di potenza, di prima, ma Koulibaly si è staccato appena in tempo per mettere la gamba tra il pallone e Ospina.

La sfida con Neymar si ripropone una decina di minuti dopo. Questa volta la stella del PSG prende palla sulla trequarti e, nonostante sia circondato da quattro avversari, punta la porta dritto per dritto, come se fosse solo lui contro il portiere. Ad aspettarlo al limite dell’area, però, c’è ancora Koulibaly, il loro duello sta assumendo i contorni del western. Il centrale sembra un uomo che aspetta un treno sui binari, in attesa di spostarsi solo all’ultimo momento utile, se non fosse che in questo caso è il treno a spostarsi. Neymar finta di tirare con il sinistro e si porta palla sul destro, ingannando il difensore del Napoli, che si era piegato per chiudere la porzione di specchio alla sua destra. Neymar sembra destinato ad arrivare in porta, ma Koulibaly, con un utilizzo del corpo che associamo ai centrali ruvidi di una volta, allarga il braccio per sentire l’avversario, rallentandolo esattamente quanto basta per non commettere fallo e permettere a Mario Rui di intervenire.

Lodiamo spesso i centrali difensivi per le loro qualità fisiche: per l’esplosività con cui raggiungono gli avversari in corsa, per la loro capacità di dominare il gioco aereo di testa, per la velocità con cui vanno in anticipo sulle palle vaganti. La cosa straordinaria di Koulibaly è che, pur eccellendo in tutti questi fondamentali, spesso si distingue per quegli aspetti intangibili che fanno davvero grandi i difensori, come il tempismo nell’intervenire sulla palla.

Quando al 29esimo del primo tempo il PSG riesce ad innescare il taglio di Mbappé alle spalle di Albiol, Koulibaly è di nuovo l’ultimo uomo di movimento tra uno dei calciatori più elastici al momento e Ospina. C’è un momento di attesa nella loro sfida individuale in cui i due assomigliano a quegli strani combattimenti tra mangusta e cobra, due animali così diversi che sembra impossibile che la sfida possa essere davvero equilibrata. C’è Mbappé che sfiora il pallone con la punta esterna destra aspettando di innescare l’allungo, mentre Koulibaly è perfettamente posizionato con il corpo in diagonale diretto verso la propria porta. Anzi, non proprio perfettamente perché il centrale del Napoli lascia uno spiraglio di spazio centrale verso la propria porta, esattamente come fa la mangusta quando invita il cobra ad affondare il colpo per spostarsi all’ultimo secondo e guadagnarsi così l’opportunità di morderlo.

Mbappé cade nella trappola: prova a portarsi avanti il pallone in quello spazio con l’esterno destro, ma un attimo dopo Koulibaly ci si lancia in scivolata, nell’ultimo momento disponibile prima che il francese diventi definitivamente imprendibile. La velocità a cui è eseguito il tutto è restituito dallo sforzo che deve fare il centrale del Napoli per rialzarsi subito dopo: è andato a terra così velocemente che deve fare leva sulle braccia e sul collo per evitare che si cappotti all’indietro come una macchina da corsa che ha colpito un cordolo in curva a tutta velocità.

Nel primo tempo il Napoli si regge quasi esclusivamente sulle letture di Koulibaly, e non è un caso che il vantaggio della squadra parigina arrivi in uno dei rarissimi momenti in cui il difensore non riesce a staccarsi dalla zona abbastanza velocemente da ostacolare la conclusione di Bernat nell’area piccola. Di difendere a zona e uomo contemporaneamente come ha fatto nel resto della prima frazione di gioco, cioè.

Nel secondo tempo la squadra di Ancelotti per recuperare il risultato cambia registro e inizia a pressare molto in alto in maniera aggressiva, alzando la difesa fino al centrocampo. È il momento in cui l’esuberanza fisica di Koulibaly è più visibile. Poco dopo aver subito il pareggio, il PSG cerca di uscire dalla morsa avversaria con un passaggio molto ambizioso dalla difesa di Thiago Silva che trova Di Maria a centrocampo libero. Lo stop di petto dell’argentino sembra essere perfetto, ma nel momento in cui Koulibaly gli passa davanti, dimostrando una differenza di esplosività impressionante, capiamo che in realtà se l’è allungata troppo. Il centrale senegalese apre a sinistra su Fabian Ruiz e poi si butta in area in verticale, ma l’azione si spegne per un passaggio troppo lungo. Sembra uno dei pochi ancora a credere in una vittoria che a molti sembra già troppo rischiosa.

Negli ultimi venti minuti, infatti, le due squadre si ritirano nelle proprie metà campo, consapevoli che un pareggio dopo una partita così aperta non è poi un risultato così negativo, soprattutto dopo la sconfitta del Liverpool a Belgrado. Ma anche in un momento di attesa, in cui il talento del PSG avrebbe potuto prendere il sopravvento, Koulibaly riesce ancora a compensare la stanchezza con la lettura del gioco.

Al 74esimo Neymar riceve di nuovo sulla trequarti, mentre Mbappé cerca di infilarsi nello spazio tra Mario Rui e Koulibaly per andare in porta in verticale. I due aspettano correndo in parallelo il passaggio del 10 brasiliano, sembrano due giocatori di football che aspettano il lancio del quarterback. Il passaggio di Neymar parte preciso in verticale e, scorrendo sull’erba, evita anche l’intervento in scivolata di Mario Rui. Non quello di Koulibaly, però, che un attimo dopo blocca la corsa per mettere l’esterno sulla linea di passaggio, vanificando il movimento senza palla di Mbappé.

Il centrale senegalese è ancora proiettato verso la porta avversaria: subito dopo l’intervento, si aggiusta di nuovo il pallone con l’esterno destro e poi apre con un lancio lungo precisissimo verso il movimento in profondità di Insigne con una sensibilità tecnica che spesso non gli riconosciamo. La linea difensiva del PSG sale abbastanza in fretta e mette l’attaccante napoletano in fuorigioco, ma è l’ennesima dimostrazione di quanto Koulibaly riesca a rimanere lucido anche a velocità impensabili e in condizioni fisiche estreme.

Subito dopo il fischio finale, Koulibaly sembra essere piuttosto stanco ma si concede lo stesso ai microfoni per un’intervista a caldo a bordocampo. L’intervistatrice sembra stupita del fatto che qualche giorno prima avesse espresso l’ambizione di diventare come Ancelotti, forse perché la sua figura austera e riflessiva è così lontana dall’immagine che abbiamo di Koulibaly in campo. «Sì, è vero, l’ho detto a mia moglie in questi giorni, quando arriverò all’età di Ancelotti, io vorrei proprio assomigliarli, essere come lui», dice Koulibaly «Quando l’ho visto, prima di cominciare l’allenamento, andare a salutare i ragazzi della Primavera, mi sono sorpreso, sono restato senza parole ed ho capito che ci sono persone perbene, sagge e umili. Io spero di diventarlo».

Poi aggiunge: «Abbiamo tenuto duro e recuperato il risultato. Mi piace andare in uno contro uno, anche spingermi in avanti, ma non so se quando lo faccio il mister è proprio contento. Rispetto al Koulibaly di due anni fa sono cresciuto, sto crescendo insieme a questa squadra».

È vero: eravamo abituati ad un Koulibaly proiettato in avanti, in anticipo, ad accartocciare la squadra avversaria nella propria metà campo con la propria esplosività in anticipo e il gioco aereo, ma grazie ad Ancelotti, e al suo Napoli fluido, maestro nel gestire i momenti, ne stiamo scoprendo il lato più celebrale e tecnico. Contro il PSG, Koulibaly ha dimostrato di avere dei margini di miglioramento che non pensavamo potesse avere.