Champions League, i momenti più belli di Pogba con la Juventus

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Marco D'Ottavi

Le migliori giocate con la maglia bianconera di Pogba, che torna per la prima volta da avversario a Torino a sfidare la squadra che ha rivelato al mondo il suo talento

JUVE-MANCHESTER UTD 1-2

JUVE AGLI OTTAVI SE... TUTTE LE COMBINAZIONI

POGBA: "SONO FELICE A MANCHESTER, MA..."

Questa sera Paul Pogba tornerà a Torino, dove il suo talento si è rivelato al mondo ed è entrato a far parte dell’élite dei migliori giocatori in attività, permettendogli di diventare la cessione più remunerativa nella storia della Juventus. Paradossalmente, in maglia bianconera Pogba era considerato in maniera più unanime tra i centrocampisti più completi e influenti di quanto non lo sia oggi, da campione del mondo. Sulla sua reputazione pesano, oltre che la valutazione di mercato, anche i due anni e mezzo difficili passati nello United di José Mourinho. Pogba affronterà per la prima volta la Juventus da avversario, e lui stesso ha detto che quella tra Manchester United e Juventus non sarà una partita come le altre, ammettendo che «Torino è casa mia». Per questo a mano a mano che si avvicinano le sessioni di mercato le voci circa un suo ritorno si fanno più forti, perché in quelle quattro stagioni passate in bianconero La Pioche ha lasciato molti bei ricordi. Eccone alcuni.

Il suo primo gol da professionista (stagione 2012-13)

Paul Pogba arriva a Torino praticamente sconosciuto al grande pubblico, portato da Raiola e Marotta. Antonio Conte, appena lo vede, capisce il suo talento: fin dai primi allenamenti lo mette sotto, lo vuole più cattivo, sempre. Anche se ha solo 19 anni e appena 200 minuti scarsi tra i professionisti, Conte lo promuove subito come come vice-Pirlo, ruolo in cui lo stesso Pogba si vede: «Sono un giocatore tecnico, nonostante l'altezza. Mi ispiro a Patrick Vieira, amo giocare davanti alla difesa come Pirlo», disse in una delle prime interviste da bianconero.

Nella sfida contro il Napoli della stagione 2012-13, con la squadra di Mazzarri che è già l’avversario più agguerrito per la vittoria dello Scudetto (sarebbe stato il secondo di quel ciclo che la Juventus non ha ancora interrotto), Pogba entra al posto di Arturo Vidal, occupando per la prima volta la posizione di mezzala nel 3-5-2, avvicinandosi di fatto alla porta.

Gli bastano sette minuti per far capire a tutti il rapporto speciale che c’è tra lui e il pallone, specialmente negli ultimi metri di campo. Sul campanile alzato da Campagnaro, Pogba si trova solo, apparentemente nella posizione migliore per concludere a rete: il corpo del francese è praticamente parallelo alla porta, e per calciare deve ruotare l’anca di novanta gradi e accompagnare il tiro di sinistro con un saltello, dopo aver piantato la caviglia destra nel terreno, eseguendo un movimento del tutto simile allo swing di un tennista che chiude lo scambio con un perfetto rovescio a una mano all’incrocio delle righe. È il gol che presenta Pogba ai tifosi della Juventus, ma anche al resto del mondo.

La doppietta pesante all’Udinese (2012-13)

Il primo anno, in teoria, Paul Pogba dovrebbe essere chiuso dal centrocampo Marchisio-Pirlo-Vidal. Scrivo “in teoria” perché già da subito si capisce che Pogba non è una riserva, ma una specie di quarto titolare, prima ancora di aver compiuto vent’anni può giocarsela alla pari con tre dei migliori centrocampisti al mondo. Alla fine di quella stagione mette insieme 37 presenze totali e per 18 volte parte titolare in campionato. Conte prova a non esporlo troppo, quando può lo punzecchia - «A volte si adagia sui suoi mezzi», lo punisce gravemente quando arriva in ritardo a due allenamenti - ma in alcuni momenti il francese straripa.

Sull’Udinese si abbatte con la forza di un maglio, quello che probabilmente usa per colpire il pallone in occasione del primo gol. Un tiro scagliato da oltre 30 metri con totale nonchalance, come le modelle che sfilano sensuali con una pila di libri in testa. Il pallone traccia una parabola deliziosa, che si apprezza bene dalla riprese da dietro, prima di scalfire la parte bassa della traversa ed entrare in rete. «È stato il gol più bello della mia vita», ha detto Paul dopo la partita.

Con il secondo gol, arrivato dopo una veronica con cui si libera di Allan come di una foglia attaccata sotto la suola, suggella la propria superiorità sopra il contesto: è appena la sua tredicesima presenza in Serie A eppure già sembra troppo stretta per lui. Dopo questa partita Gianni Mura scriverà che Pogba «tiene il campo con la naturalezza di chi sta nel cortile di casa».

Il gol da fenomeno al Napoli (2013-14)

Pogba compie uno stop imperfetto (o forse no, chissà, sta anche qui la sua grandezza in questi gesti: ci spingono a chiedere fin dove arrivi il controllo di chi li esegue) che gli alza la palla fin sopra la testa, ma poi rimedia con un tiro di esterno al volo che tocca la parte interna del palo prima di entrare in rete. Il gol è stupendo, il movimento - con il busto in avanti e rotazione sul piede d’appoggio, come una ballerina nel carillon, scriveva Daniele Manusia, o come una macchina di Leonardo Da Vinci - lo porta all’impatto col pallone nel perfetto punto di convergenza tra il suo piede e la parabola della palla. Se l’esecuzione è poetica, a impressionare più di tutto è il pensiero, il rischio che si prende Pogba: solo un giocatore che pensa da fenomeno poteva, ad appena vent’anni, elaborare in una frazione di secondo una giocata così complicata ed eseguirla alla perfezione.

Di nuovo interrogato a fine partita, Pogba ammetterà che questo è stato il suo più bel gol. Se sull’estetica possiamo discuterne per giorni, che sia arrivato in una partita con l’eterna rivale in campionato, come gol del definitivo 3- 0 in una partita dominata, lo rende anche un gol speciale per i tifosi, simbolo di una superiorità che porterà quella Juventus a chiudere la stagione con 102 punti.

Il gol vittoria all’Olympiacos (2014-15)

Se nel campionato italiano Pogba è da subito un enigma offensivo che le altre squadre non riescono a decifrare, lo stesso non si può dire in Champions. Nelle prime due stagioni, pur giocando con regolarità non riesce a segnare, e la Juventus non va oltre un quarto di finale mai in discussione con il Bayern e un’eliminazione ai gironi per mano del Galatasaray.

La stagione successiva lo spettro si ripete: dopo aver vinto all’esordio con il Malmoe, i bianconeri perdono con Atletico Madrid e Olympiacos. Nella quarta partita del girone vanno sotto per 2 a 1 con i greci, un risultato che renderebbe il passaggio del turno quasi impossibile. Al minuto 65, una carambola tra palo e portiere su un colpo di testa di Llorente regala il pari, un minuto dopo il gol di Pogba libera la squadra da un macigno.

Non è sicuramente il migliore dei suoi gol, ma è praticità al servizio della squadra, più o meno quello che gli viene imputato, dato che i suoi gol sono quasi sempre bellissimi e barocchi. Il gol all’Olympiacos è invece sporco, un tiro poco angolato dopo un rimpallo successivo a una sua giocata d’esterno troppo pretenziosa.

Grazie a questa vittoria arriverà un tranquillo passaggio del turno, il successo agli ottavi sul Borussia Dortmund, ai quarti sul Monaco e in semifinale con il Real Madrid. La Juventus si fermerà solo a Berlino, battuta dal Barcellona di Messi, Suarez e Neymar. Pogba sarà tra i protagonisti di quella cavalcata pur senza segnare ancora, ma questo gol ne è stata la necessaria introduzione.

L’elastico per saltare Ranocchia e Juan Jesus (2014-15)

Nell’archivio calcistico di YouTube c’è traccia di un elastico a opera di Ronaldo per saltare un avversario nella finale di coppa UEFA contro la Lazio, se ne trovano diversi a opera di Ronaldinho e Ibrahimovic; addirittura due diversi di Thiago Alcantara; uno con tunnel di Cristiano Ronaldo, ma nessuno di questi è irriverente come questo di Pogba all’Inter.

Un gesto tecnico che Pogba esegue con l’arroganza di un bullo che ti ruba la merenda e, al tempo stesso, la naturalezza di un maestro artigiano. Come taglia la linea difensiva composta da Ranocchia e Jesus per presentarsi da solo davanti al portiere, rende l’elastico utile come quasi nessun altro che io abbia visto lo è stato (vi sfido a trovarne uno anche successivo in cui chi lo esegue avanzi così tanto e così in verticale la propria linea di gioco).

Che poi Pogba concluda l’azione in maniera sciatta, tirando addosso ad Handanovic, è un peccato quasi mortale: un gol avrebbe infilato questa giocata nell’olimpo delle giocate; ma è anche la rassicurazione che in Pogba ci sono dei limiti. La Juve finirà per pareggiare quella partita, punita da un lampo di Icardi, ma più di qualche tifoso ricorda solo questo elastico.

La signature-move di Pogba contro il Chievo (2014-15)

La partita con il Chievo della stagione 2014-15 è piena di momenti Pogba, momenti in cui ti chiedi cosa ci fa un adulto in mezzo ai bambini. Il più riconoscibile arriva nell’azione che porterà poi al gol Lichtsteiner: andare ad agganciare il pallone così in alto era una delle azioni che più identificava Pogba nei suoi giorni bianconeri, il cavallino sulla polo del suo gioco, il simbolo più evidente dello scarto tra lui e il resto della Serie A.

Pogba arriva con la punta del piede lì dove altri non arrivano con le mani e lo fa con eleganza e leggerezza. Questo tipo di giocata non sembra costargli alcuna fatica, a mettergli una sigaretta in bocca non sarebbe cambiato nulla. La sensazione di apparente assenza di sforzo aleggiava spesso nelle sue partite ed era per i tifosi una promessa di felicità: come sarebbero andate le cose quando avrebbe finalmente deciso di impegnarsi?

Il drop-shot contro il Torino (2015-16)

Il 6 agosto 2015 la Juventus svela con un tweet che Pogba indosserà la maglia numero 10 per la stagione. È una notizia importante, perché, dopo Carlos Tevez, nessuno l’aveva indossata dall’addio di Del Piero e perché certifica la volontà del francese di diventare il leader tecnico della squadra.

L’inizio di quella stagione però è abbastanza catastrofico: la Juventus ha una delle partenze più stentate della sua storia e dopo una brutta sconfitta col Sassuolo, alla decima giornata, scivola fino al dodicesimo posto. Pogba sembra ossessionato dalla giocata personale, i suoi difetti salgono a galla, ed è spesso tra i peggiori. Lo si accusa di sentire il peso delle responsabilità, lui nega: «La maglia numero 10? È solo un numero».

Poi arriva il derby: Pogba ha una stella gialla disegnata sulla sfumatura dei capelli e sul passaggio di Cuadrado, dopo il velo di Morata, col destro controlla in corsa il pallone (che di nuovo si alza), lo lascia rimbalzare e poi sempre col destro lo scava per indirizzarne la traiettoria sopra l’immobile Padelli.

È un gol di per sé bellissimo, la cui importanza si arriverà a capire in seguito. La Juventus finirà per vincere quella partita per 2 a 1 grazie a un gol di Cuadrado all’ultimo secondo, da quel momento la squadra di Allegri vincerà 14 partite di seguito in campionato, 25 delle ultime 27, finendo per vincere lo scudetto dopo una rimonta implacabile.

La partita col Chievo (2015-2016)

In un botta e risposta telematico con i suoi fan, Pogba ha detto che la miglior partita della sua carriera è stata forse Chievo-Juventus del 31 gennaio 2016. Non so se il Mondiale possa avergli fatto cambiare idea, sicuramente rimane una delle partite che più ne hanno forgiato l’icona.

C’è uno scambio doppio di tacco con Dybala (l’intesa tra i due aveva tratti simbiotici); uno slalom, più 60 metri palla al piede, più un tiro fortissimo; un paio di sombreri; un mare di cambi gioco; un assist per Alex Sandro; 9 tiri in porta, numero raro per un centrocampista; giocate di suola, di interno piede; un gol di pura classe; ma soprattutto questo controllo, fatto di tacco, spalle alla porta, propedeutico per arrivare alla conclusione più rapidamente possibile.

Anche qui sbaglia privandosi di un altro posto nell’olimpo, ma la seta nel tacco che doma il pallone come una carezza e l’assenza di sforzo valgono la successiva imprecisione, la tassa terrena a qualcosa che altrimenti non avrebbe spiegazione.

L’assist per Morata nel suo ultimo derby (2015-16)

Pogba chiuderà la sua esperienza a Torino con 43 assist. Per ben due anni va in doppia cifra in campionato, nel 2015/16 sono ben 16 in totale. Più passa il tempo, più la sua influenza sulla Juventus diventa importante. Dopo l’addio di Pirlo e Vidal, il gioco passa quasi totalmente dai suoi piedi.

Come detto, la sua ultima stagione inizia male, ma finisce benissimo. Una serie di prestazioni una più meravigliosa dell’altra, quelle che hanno probabilmente convinto il Manchester United a farne il giocatore più costoso al mondo (almeno per un po’). La giocata poi convertita in rete dal sinistro di Morata è la perfetta sintesi del Pogba bianconero: la strapotenza fisica che gli permette di resistere alla pressione di Maksimovic; la tecnica di strada per eluderne il ritorno e mandarlo al bar con il tacco e la visione di gioco e la tecnica per mettere il pallone perfettamente sul taglio di Morata.

Sono due anni che Pogba fatica a trovare quella naturalezza e quella libertà avuta con la maglia della Juventus. Con la Francia ha raggiunto un livello di influenza superiore, è diventato un calciatore maturo capace di accontentarsi di fare il necessario, ma con lo United, dove ci si aspetta di più da lui, Pogba sembra un ragazzo che dopo un ottimo percorso di studi ha perso l’entusiasmo al primo lavoro noioso che gli è stato assegnato. Ovviamente il segreto non sta nella maglia a strisce bianche e nere, ma questi momenti servono a Pogba - e anche a noi - per ricordare tutte le potenzialità del suo talento.