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Porto-Roma, le chiavi tattiche della sfida

Champions League

Dario Saltari

Per entrambe le squadre il ritorno degli ottavi di Champions League è un'occasione per rilanciare le proprie ambizioni dopo due brutte sconfitte in campionato: i giallorossi partono in vantaggio ma il Porto sarà più pericoloso in attacco rispetto alla gara d'andata

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A tre settimane dalla partita d’andata, Roma e Porto arrivano ai secondi 90 minuti degli ottavi di finale di Champions League dopo un percorso simile in patria: entrambe, in campionato, hanno raccolto due vittorie di fila prima di subire una sconfitta molto pesante per gli equilibri delle rispettive classifiche. La squadra di Di Francesco, infatti, viene dal derby perso con la Lazio, che ha complicato molto la corsa al quarto posto, obiettivo vitale per giocare la Champions anche il prossimo anno; quella di Conceição dalla sconfitta di misura nel classico contro il Benfica (1-2) che le ha fatto perdere il primo posto in classifica nel campionato portoghese.

Questa partita potrebbe quindi avere l’effetto di rilanciare o affossare definitivamente le ambizioni stagionali di entrambe le squadre ed è naturale immaginare che anche i giocatori la avvertano come la più importante della stagione, arrivando al massimo della pressione psicologica. La capacità di gestirla è quindi la prima variabile, la più evidente, che andrà a incidere sul risultato finale.

I dilemmi di Di Francesco

In questo senso, sarà interessante vedere la reazione mentale della Roma, che, oltre alla situazione ambientale nera, sarà costretta ad affrontare anche un dilemma strategico inedito.

Se è vero che la squadra di Di Francesco riesce a trovare in Champions League risorse che in campionato sembrano non competerle, è anche vero che per la prima volta si ritroverà a difendere fuori casa una situazione di vantaggio, dopo il 2-1 dell’andata. L’anno scorso, in Champions League, la Roma ha sempre ribaltato in casa lo svantaggio subito all’andata (tranne nella semifinale contro il Liverpool, comunque vinta 4-2) e psicologicamente sembra più a suo agio quando ha l’epica della rimonta a soffiargli alle spalle ed è costretta dal punteggio a superare i propri limiti. Questa volta la squadra di Di Francesco riuscirà a gestire un risultato che le sorride o dovrà ancora una volta subire gol e andare in difficoltà per entrare in partita?

Il quesito ha ovviamente anche un risvolto tattico: alla Roma conviene “aspettare” il Porto e difendersi bassa o è meglio puntare su una strategia aggressiva fatta di pressing e baricentro alto?

In questi casi, di solito, si prescrive una strategia prudente e una difesa bassa: alla fine la prima mossa spetta al Porto e aspettarlo nella propria metà campo significa avere spazio da attaccare in campo lungo, una strategia che potrebbe pagare i suoi dividendi soprattutto perché la squadra di Conceição non è sempre perfetta in transizione difensiva, specialmente quando non riesce a recuperare immediatamente le seconde palle.

Nonostante ciò, la Roma ha dimostrato quest’anno di non riuscire ad adottare un’identità fluida e che, quando è costretta a difendersi in area, va quasi sempre in difficoltà. Quest’ultimo sembra un limite strutturale: la squadra di Di Francesco non riesce a mettere pressione ai portatori di palla avversari con continuità e a palla scoperta spesso i movimenti della sua linea difensiva non sono coordinati.

I centrali giallorossi, inoltre, sembrano tutti molto in difficoltà nelle marcature in area, compreso lo stesso Manolas, il cui ritorno in campo dopo i recenti problemi fisici viene atteso dai tifosi romanisti come acqua nel deserto della fragilità difensiva della Roma.

Adrian scappa alle spalle della difesa giallorossa

Il gol subito dalla Roma all’andata nasce proprio da una disattenzione di Manolas su una situazione di palla scoperta in cui la squadra di Di Francesco sta cercando di difendersi nella propria metà campo.

Le forze e le debolezze del Porto

Alla fragilità difensiva della squadra di Di Francesco va aggiunta anche il diverso peso offensivo rispetto all’andata del Porto, che ha recuperato tutti i suoi principali uomini offensivi. Yacine Brahimi, innanzitutto, che era stato ben controllato da Florenzi all’andata anche prima del suo infortunio, ma che rimane l’uomo più pericoloso per il Porto, sia in termini realizzativi che creativi. Ma anche il “Tecatito” Corona che, oltre al suo consistente contributo in termini di dribbling, è fondamentale anche in termini tattici con le sue scalate all’indietro, che trasformano il 4-4-2 di Conceição in 3-5-2 in fase di non possesso. Corona, proprio per la sua abnegazione tattica, potrebbe avere un compito simile a quello svolto da Marusic nel derby, quello cioè di pressare Kolarov, il regista occulto della Roma di Di Francesco, con una marcatura particolarmente aggressiva.

Infine, sarà della partita anche Moussa Marega, che rimane il principale marcatore del Porto in Champions League (5 gol e 2 assist) nonostante non abbia giocato l’andata. Sebbene non sia particolarmente tecnico, l’attaccante maliano è molto dinamico e si muove bene alle spalle della difesa avversaria, oltre a essere un riferimento fisico costante in area.

Non bisogna dimenticare, infine, che il Porto ha diversi ottimi tiratori dalla distanza, come Brahimi e Herrera, e difendersi bassi senza un’adeguata pressione appena fuori dall’area può rivelarsi ancora più pericoloso.

Alla Roma non resta quindi che puntare sulla sua identità originaria, che comunque potrebbe avere sorprendenti effetti collaterali positivi. Innanzitutto perché presumibilmente il Porto non inizierà la partita cercando di mettere subito pressione agli avversari, come ha ammesso lo stesso Conceição nella conferenza pre-partita: la squadra portoghese sa perfettamente che subire un gol le sarebbe quasi fatale, soprattutto se succedesse nei primi minuti, costringendola a una difficilissima rimonta. E quindi perché non tentare fin da subito di mettere in difficoltà una retroguardia che sembra sempre sul punto di perdere il pallone quando viene pressata con convinzione?

Il triangolo di costruzione Pepe-Felipe-Pereira non fa certo della tecnica il suo punto forte e lo stesso gol di Joao Felix, che sabato ha avviato la rimonta del Benfica, nasce proprio da una palla persa in seguito al pressing alto avversario.

Cercare di attaccare in campo corto una volta recuperato il pallone, inoltre, si concilierebbe bene con le caratteristiche tecniche del reparto offensivo della Roma che, in assenza di Ünder e Kluivert, non ha grandi contropiedisti. Certo, la squadra di Di Francesco dovrebbe essere perfetta poi in fase di transizione difensiva e nel recupero delle seconde palle, ma la concentrazione è l’unica cosa che sembra non mancarle in Champions League.

La Roma è a un passo dall’arrivare ai quarti di finale della competizione più importante nel momento in cui sembra più in crisi, e anche psicologicamente sembra avere bisogno di certezze consolidate per poter arrivare al risultato.