Champions, Roma e l'analisi degli episodi con il Porto: due rigori, un solo Var. Perché?

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Lorenzo Fontani

L'analisi degli episodi che hanno deciso Porto-Roma. C’erano due rigori, ma il Var è stato usato una volta. Proviamo a capire il motivo

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Era solo questione di tempo. Ne è passato meno del previsto, dall'introduzione del VAR in Champions alla prima bufera per le scelte di arbitri (in campo e fuori). Perché il VAR è così: riduce in assoluto gli errori, ma consegna l'analisi degli episodi comunque all'interpretazione umana, e quindi divide, scatena polemiche, perché ovviamente l'errore al video è meno tollerato di quello fatto in campo senza aiuto tecnologico. Il punto sta sempre in quel "clear and obvious", cioè "chiaro ed evidente", una terminologia che spiega la richiesta di correggere solo gli errori gravi commessi dall'arbitro in campo, e non quelli (ritenuti) veniali. Una terminologia criticata da molti che vorrebbero la possibilità di rivedere tutti gli episodi, anche quelli solo "sospetti", ma che l'International Board, guardiano delle regole e del regolamento, giusto pochi giorni fa ha confermato.

Si rivedono dunque solo quegli errori che sono chiari dalle immagini e che sono evidenti dal punto di vista regolamentare e dell'impatto sull'azione, potremmo dire "rilevanti". Un aspetto che ha reso abbastanza scontato il rigore che ha condannato il PSG (Kimpembé usa il corpo per opporsi a un tiro e non controlla abbastanza le braccia, su queste dinamiche le indicazioni sono chiare), e che è stato decisivo nella diversa scelta del VAR polacco Marciniak. Perché Marciniak manda l'arbitro Cakir a rivedere la trattenuta di Florenzi su Fernando e non il contatto tra Marega e Schick? La spiegazione è una soltanto: il primo fallo viene ritenuto più grave, per la volontarietà e l'effetto: al di là della trattenuta deliberata, il cartellino giallo dato a Florenzi dimostra che secondo Cakir Fernando (non in fuorigioco, altrimenti si sarebbe aperta una questione sulla prevalenza del rigore o della posizione dell'attaccante) sarebbe probabilmente potuto arrivare sul pallone. Infrazione grave e decisiva dunque, secondo il Var e secondo l'arbitro in campo.

Diversa deve invece essere per forza stata la riflessione, stavolta solo del Var Marciniak (dal momento che a Cakir non è stato chiesto di rivedere l'accaduto), sul contatto in area del Porto: magari falloso, ma non così vistoso da ritenere chiaramente sbagliata la scelta dell'arbitro turco. E' il problema, anzi la madre di tutti i problemi del VAR: l'uniformità di giudizio. In generale e a maggior ragione all'interno di una stessa partita, perché una sfumatura può far pendere l'asticella da una parte o dall'altra, con tutto quello che ne consegue. "Ci vuole tempo, in futuro il Var sarà perfetto", ha detto un De Rossi deluso ma encomiabile per autocontrollo e saggezza.