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Dal Valdebebas a Wembley: Daniel Carvajal è l'eroe del Real Madrid

il protagonista

Bernardo Cianfrocca

MVP della finale, autore del gol del vantaggio che ha avvicinato il Real Madrid alla quindicesima Champions League, vincitore di sei coppe dalle grandi orecchie, record assoluto assieme ai compagni di squadra Nacho, Modric, Kroos e allo storico Gento. Carvajal è l'uomo di Wembley, ma non solo: la sua storia con la Camiseta Blanca è lunghissima, iniziata ad appena 12 anni con la leggenda Alfredo Di Stefano. 

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Si può quasi dire che Carvajal abbia costruito il Real Madrid dalle fondamenta. Nel 2004, quando aveva 12 anni, e da un paio di stagioni faceva già parte del settore giovanile della squadra più importante del mondo, venne scelto per la posa della prima pietra del nuovo centro sportivo di Valdebebas assieme ad Alfredo Di Stefano, forse la più grande leggenda della storia del club. Un'etichetta, quella di leggenda, che ora non sembra più fuoriluogo per un giocatore che ha vinto sei Champions League da protagonista, da titolare, concedendosi anche il lusso di segnare un gol e vincere il premio di MVP nell'ultima finale, quella di ieri a Wembley contro il Borussia Dortmund.

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Lo ha detto anche Esteban Cambiasso, che il Real Madrid lo conosce bene, ai microfoni di Sky Sport dopo la finale: "Ho spiegato a mio figlio chi è Carvajal, è partito nel settore giovanile con i suoi sogni e oggi ha toccato il punto più alto della sua carriera". Un punto per nulla scontato e messo anche in discussione nel 2012, quando venne ceduto al Bayer Leverkusen dopo tutta la trafila fino al Castilla, la squadra B del Real Madrid, senza però esordire con i grandi. Provvidenziale fu una clausola di recompra da 6,5 milioni esercitabile dal Real nei tre anni successivi alla sua cessione. Ne bastò solo uno per riportarlo alla base. In Germania si impose subito come titolare e contribuì con 8 assist al terzo posto in campionato. Un ambientamento non scontato per chi, nato a Leganes, aveva sempre vissuto nell'arco di una decina di chilometri con la famiglia e gli amici storici. Nel 2017, alla televisione ufficiale del Real Madrid, raccontò di aver vissuto a Dusseldorf, e non a Leverkusen, per stare con un suo ex compagno delle giovanili. Quando andarono invece a trovarlo i suoi amici, li portò a mangiare la paella. Insomma, la Spagna nel sangue: per sua fortuna il ritorno a casa fu rapido. Ad accoglierlo per la prima volta c'era Ancelotti. Carletto lo fece finalmente esordire e lo rese il titolare della fascia destra. A fine anno arrivò la Decima, l'inizio di una storia ricca di trionfi. 

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Da sottovalutato a uomo decisivo

Nella percezione comune, il terzino destro spagnolo è sembrato sempre l'elemento sacrificabile del Real di Ancelotti prima, di Zidane poi e infine di nuovo dell'italiano. L'unico giocatore normale in una squadra di fenomeni. Carvajal ha attraversato l'epoca di Ronaldo, Sergio Ramos, Marcelo, Benzema ed è protagonista anche in quella di Vinicius, Bellingham e Rodrygo. Anzi, con loro si è tolto anche lo sfizio di segnare in finale di Champions, per giunta di testa, e di concludere la sua miglior stagione dal punto di vista statistico con 6 gol e 5 assist, 11 reti arrivate grazie a lui. L'esempio di chi si migliora anche a 32 anni e di chi, nonostante una sottovalutazione generale, ha rappresentato una costante di quest'epoca d'oro del Real. Addirittura più di Nacho e Modric, che non sono stati titolari come lui in tutte le finali, e anche più di Kroos, che non c'era ancora nel trionfo del 2014. Carvajal aveva già vissuto momenti importanti, segnando il gol decisivo a un minuto dai rigori nella Supercoppa Europea 2016 contro il Siviglia. Nello stesso anno, nei quarti di finale di Champions contro il Wolfsburg, contribuì alla vittoria per 3-0 nel ritorno, fornendo un assist a Ronaldo, rimontando il 2-0 dell'andata e dando avvio al tris di coppe di Zidane. Si alternava ancora con Danilo sulla fascia, da quella partita non uscì più dal campo. CR7 segnò il secondo gol staccando di testa sul primo palo su angolo di Kroos e incrociando verso il secondo. Carvajal ancora non saliva a saltare in area, ma avrebbe imparato a fare anche quello. Per mettere un'altra pietra, stavolta solo metaforica, nella storia del suo club.

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