Gasperini parte per l'Europa League sulla rotta di Mourinho. E di se stesso

Può sicuramente considerarsi in buona compagnia, Gian Piero Gasperini. Prima di lui, ripercorrendo cinquant’anni di storia romanista, non sono stati in pochi a vincere il derby contro la Lazio all’esordio. Capitò a Sven Goran Eriksson, anche se in Coppa Italia, nel settembre del 1984; poi a Fabio Capello nel 1999; dieci anni più tardi a Claudio Ranieri; nel 2011 a Vincenzo Montella, due anni dopo a Rudi Garcia. Gli ultimi a riuscirci? Eusebio Di Francesco nel 2017 e Daniele De Rossi nel 2024. Nomi illustri, non c’è che dire, mai però come i tanti a non esserci riusciti al primo colpo. Il più grande allenatore nella storia della Roma, Niels Liedholm, per esempio, venne addirittura sconfitto nel 1973, e poi ancora Gigi Radice, Ottavio Bianchi, Vujadin Boskov, Carlo Mazzone, Carlos Bianchi, Zdenek Zeman, Luciano Spalletti, Luis Enrique, Paulo Fonseca e per finire Josè Mourinho. Nessuno di loro riuscì a battere la Lazio nel derby d’esordio. Gasperini sì, al termine di una partita non certo indimenticabile, ma nessuno ne parlerà tra qualche anno. Si ricorderà, invece, il gol di Lorenzo Pellegrini e la sua commozione, anziché l’esultanza del numero 7 giallorosso: una vittoria che porta la Roma a 9 punti e la rilancia dopo la deludente sconfitta col Torino. Dovrà adattarsi l’allenatore arrivato da Bergamo, dopo aver scritto per nove stagioni la storia dell’Atalanta, deliziando tutta Italia con un calcio rischioso ma spettacolare, segnando sempre tantissimo e a volte subendo più del dovuto. La sua Roma, finora, sembra essere l’opposto di quanto ci si aspettasse, e sono le cifre a dimostrarlo: tre gol segnati e uno solo subìto in 360’ di Serie A. L’obiettivo, nemmeno troppo nascosto, è quello di tornare a sedersi, prima o poi, al tavolo della Champions e di conseguenza insinuarsi in quel quartetto che, da un punto di vista delle risorse tecniche, ha sicuramente qualcosa in più. Napoli, Juventus, Inter e Milan sembrano effettivamente più pronte ma mai fidarsi del Gasp, capace di insinuarsi eccome: per ben sei volte in nove stagioni al tavolo dei grandi. In Champions League non è mai andato oltre i quarti di finale, mentre l’ultima partecipazione si è chiusa nel turno intermedio, quello di febbraio, con la doppia sconfitta contro il Bruges. In Europa League, invece, ha scolpito per sempre la sua opera d’arte nella finale di Dublino del 2024, non vinta ma stravinta contro un Bayer Leverkusen che non perdeva mai. Resta quella l’ultima panchina in Europa League di Gian Piero Gasperini, la numero 33. A Nizza, stavolta da allenatore della Roma, diventeranno 34, lo stesso numero di quelle vissute in Champions League. Ma soprattutto, sarà l’inizio di una nuova avventura europea. Molti di quelli che ha a disposizione sanno già come si fa. Sarà un vantaggio per Gasperini. Del resto solo la Roma e la sua Atalanta, negli ultimi 15 anni, hanno regalato all’Italia un trofeo europeo. Prima del trionfo bergamasco a Dublino, infatti, c’era stata Tirana, nel 2022, per la prima edizione della Conference League, vinta dai giallorossi di Mourinho. Una tradizione europea, quella della Roma, che negli ultimi sette anni ha visto i giallorossi disputare: una semifinale di Champions contro il Liverpool nel 2018, una semifinale di Europa League nel 2021 contro il Manchester United e poi il biennio targato 'Mou', con due finali disputate nel giro di dodici mesi. La prima vinta a Tirana. La seconda, quella di Europa League, persa solo ai rigori a Budapest contro il Siviglia. L’anno dopo per la Roma è arrivata un’altra semifinale di Europa League, sempre contro il Bayer Leverkusen, stavolta con De Rossi in panchina, sfiorando quasi il miracolo. Dopo la sconfitta all’andata all’Olimpico per 0-2, grazie ai due rigori calciati da Paredes aveva riacciuffato il pareggio, prima di venire raggiunta nel finale. Del resto, quella di Xabi Alonso era una squadra che non perdeva mai. Mai, prima di incrociare a Dublino l’Atalanta di Gasperini.

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Gasperini parte per l'Europa League sulla rotta di Mourinho. E di se stesso

Riccardo Gentile