Zoff ricorda Euro2000: "Giusta previsione su Toldo. Di Biagio non voleva tirare il rigore"
l'intervistaEroe tra i pali nell'unico Europeo vinto dall'Italia, Dino Zoff ricorda per "L'uomo della domenica" quell'impresa del 1968 e l'edizione del 2000 che guidò dalla panchina
Sequenza da brivido, scolpita nella memoria anche a distanza di oltre mezzo secolo. Piazzato sulla mezzaluna dell’area di rigore, Anastasi prima stoppa, spalle alla porta, il pallone ricevuto da De Sisti, lo solleva d’istinto di qualche centimetro, per poi, in torsione, far esplodere il destro al volo. Sfera in rete e raddoppio, dopo il primo gol di Riva. L’Italia azzurra protesa verso il primo, e sinora unico, titolo continentale. “Anastasi aveva una rapidità di esecuzione e di movimento che lo rendeva imprevedibile in campo” commenta Dino Zoff, il portiere (con Albertosi) di quella Nazionale che alzò il trofeo nel 1968. “Quell’evento fu straordinario – continua Zoff -. Non tutti ricordano che affrontammo due avversari fortissimi: in semifinale l’Urss, allora composta da 15 Repubbliche, con un aiutino della sorte. Poi in finale la Jugoslavia composta da sei Repubbliche, che battemmo nettamente con i gol di Anastasi e Riva".
Intervistato da Sky Sport per la puntata de "L’uomo della domenica" dal titolo “Azzurrando-coppe alzate, sfiorate, sognate” in onda dal 7 giugno sui canali Sky Sport, l’ex portiere e allenatore friulano analizza quella formazione guidata da Ferruccio Valcareggi: “Il segreto di quella squadra, come di ogni gruppo vincente, era il fatto che poggiava su un fortissimo senso di responsabilità, ognuno di noi aveva ben chiara la propria missione. Non basta essere uniti. Io stesso ho giocato in squadre dove non erano tutti amiconi, però si vinceva ugualmente. Questo è importante".
Buffon era Buffon, ma Toldo non fu da meno a Euro 2000
Nessun’altra Nazionale italiana successiva riagguantò la coppa, neppure quella allenata dallo stesso Zoff che pure, nel 2000, ci andò molto vicino: “Avevamo aspettative di far bene perché la squadra era buona e la fiducia non mancava. Naturalmente c’erano anche delle difficoltà particolari perché affrontammo due squadre che praticamente giocavano in casa, l’Olanda e il Belgio e questo non è un fattore trascurabile. Quindi facemmo bene, soprattutto all’inizio con la Turchia, ci siamo comportati particolarmente bene, fino alla semifinale con l’Olanda. Lì abbiamo avuto un po’ di fortuna (che pagammo poi in finale), ma soprattutto un grande Toldo in porta".
E’ proprio Toldo, sostituto dell’infortunato Buffon, l’eroe per caso (o forse no) di quella mitologica semifinale europea, con l’Olanda affondata dalla stretta omicida dei suoi tentacoli. “Buffon era Buffon ma Toldo era Toldo – commenta Zoff -. Francesco non aveva paura di nessuno e lo ha dimostrato. La mia previsione su di lui è stata azzeccata. Era un portiere completo. In quella partita fummo sfortunati a rimanere in dieci, ma poi abbiamo tirato al massimo per fare risultato ai limiti del possibile e Toldo fu determinante. Era in un momento di forma particolare e questa è la precondizione per fare certe parate. Quindi lo abbiamo avuto nel momento giusto e lui si è comportato da par suo.”
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L'ansia di Di Bagio dal dischetto e il cucchiaio di Totti
Nella crudele giostra dei calci di rigore, che anche quella notte prese a girare, è tanto importante pararli quanto segnarli. “La serenità di chi va al dischetto la si tutela cercando di non addossare ulteriore responsabilità a quella che già c’è – spiega Zoff-. Di Biagio per esempio non voleva tirare il rigore perché in precedenza aveva sbagliato. Gli dissi che avevamo difficoltà a trovare il quarto e il quinto tiratore e che ce la doveva fare. Lo convinsi ma lui volle essere il primo e non tra gli ultimi due a tirare. Io risposi: ‘perfetto, così anche se lo sbagli porta bene’. Questa è stata la mia frase per togliergli pressione.”
Tra le immagini indelebili di quella semifinale resta anche il perfido cucchiaio di Totti dal dischetto: “Io sono vecchio e il cucchiaio lo avevo visto fare in una finale del ’76 tra Cecoslovacchia e Germania Ovest, da Panenka. Io parto sempre dal presupposto di metterla dentro la palla, poi se la metti in un certo modo tanto meglio, però l’importante è fare gol.”
Il destino non ci ha aiutati fino in fondo
La Nazionale di Zoff, insieme a quella di Prandelli del 2012, fu l’unica ad arrampicarsi fino alla finale, sfiorando la seconda coppa Europea, che ci manca ormai da 53 anni. “C’era qualità in tutte le componenti della squadra – ragiona l’ex Ct- con gente caratterialmente a posto: questo è un fattore fondamentale in situazioni di forte stress". L’Italia cedette solo alla beffa del golden gol, siglato da Trezeguet nella finale con la Francia che all’ultimo respiro incenerì il sogno di quella incrollabile formazione azzurra. “Ricorderò sempre un grande Europeo, giocato bene, ma non concluso degnamente, anche se le due palle-gol dopo l’1 a 0 le abbiamo avute noi – conclude Zoff-. Quindi eravamo meritevoli, ma il destino non ci ha aiutato fino in fondo. Non è stato il gol di Trezeguet a tagliarci le gambe, lì era già finita. Fu il gol di Wiltord proprio a 20 secondi dalla fine che ci tagliò le gambe. Io ho cercato di dare una scossa, però… è come un corridore che fa cento chilometri da solo e a cento metri dal traguardo arriva il gruppo. Si cerca di darla la scossa, ma è difficile ritrovarla.”