Giugliano: "Voglio una famiglia, smetterò presto perché voglio essere una mamma giovane"

Manuela Giugliano è nata a Castelfranco Veneto, in provincia di Treviso. Oggi vive a Roma, dove vede anche il suo futuro. Sorridente e spensierata. Così appare dal ritiro della Nazionale Azzurra. “Lavoriamo tanto e fa caldo, ma sono felice”. Esordisce così prima di sottoporsi alla nostra intervista. Ed è proprio il caso di dirlo: c’è da lavorare tanto e da preporsi al caldo che si vivrà all’Europeo in Svizzera che avrà inizio il 2 luglio. “Stiamo vivendo questi giorni in maniera molto serena, ci stiamo anche divertendo molto. E questo è un aspetto che forse negli ultimi anni ci è un po' mancato. Da un lato stiamo lavorando molto sulla parte mentale di ogni giocatrice, stiamo davvero cercando di guardarci a 360 gradi. Ci concentriamo sulla persona anche a livello umano, che è qualcosa che a volte si tende a tralasciare. Poi naturalmente lavoriamo sul campo, a livello tecnico e tattico. Vedo una squadra molto compatta, molto unita, un gruppo fantastico e credo che questo sia emerso già nelle partite che abbiamo disputato fino a oggi. In questi giorni abbiamo l'opportunità di amalgamare ancora di più il gruppo stando insieme 24 ore su 24. Questo ci porterà sicuramente ad avere ancora più consapevolezza come squadra e a farci trovare pronte”. E il merito di questa spensieratezza è anche di Andrea Soncin, il nuovo Ct della Nazionale? “Sicuramente sì, perché è un allenatore che ha portato davvero molta serenità, molta apertura, molto dialogo e poi anche nuove modalità all’interno del campo, nuove espressioni di gioco. Ci lascia molto libere nella gestione delle nostre emozioni, ma a livello tecnico. E almeno per me personalmente questo aspetto è fondamentale, perché così posso esprimermi a 360 gradi, senza paura di sbagliare. La sua grande qualità è che lascia tanto spazio al nostro intuito e con lui possiamo dare sfogo alla nostra creatività e alle nostre idee”. Questa libertà di espressione è quello che ti ha permesso anche di vivere la tua miglior stagione di sempre a livello di numeri come quella appena conclusa? 13 gol in campionato, 3 in Coppa Italia, per un totale di 16 stagionali. “Sì, a livello personale, è stata sicuramente la mia stagione migliore. L’unica cosa che mi fa 'rodere' un po’ è che l'anno precedente avevo fatto una stagione importante culminata anche con la vittoria del campionato per la mia squadra. Quest’anno, purtroppo, è andata diversamente. Nonostante i tanti gol non sono riuscita a portare la Roma a vincere lo scudetto. Però, certo, a livello personale sono molto contenta perché, come dico ogni anno, cerco sempre di migliorare il record precedente. Altrimenti non avrebbe senso continuare a crescere. Ovviamente, la vittoria della squadra per cui gioco deve essere una conseguenza. Spero che in futuro possa essere così”. Questi sono anni in cui il calcio femminile in Italia sta facendo grandi progressi. La vostra generazione sarà quella che lascerà in eredità davvero molto alle giovani calciatrici che verranno, ma, da un certo punto di vista, siete anche fortunate perché molte di voi stanno vivendo le cosiddette 'prime volte'. Tu ad esempio sei stata la prima italiana a essere inserita nella lista delle 30 candidate al Pallone d’Oro e questo resterà scritto nella storia di questo sport. “Sì, ne sono felice. Molto felice. A parte il fatto che non pensavo di essere in quella lista, è stata una sorpresa incredibile. Ho vissuto questa esperienza in modo sorprendente, ma allo stesso tempo con i piedi per terra. La cosa che mi rende molto orgogliosa è il fatto che questo avvenimento possa dare una spinta al nostro movimento, a tutte le giocatrici che verranno e che ora sanno che nulla è impossibile. Io sono arrivata 27esima, ma magari un giorno ci sarà una calciatrice italiana che potrà arrivare ancora più su. E’ per questo che dobbiamo continuare a crescere, a investire ancora di più nel nostro sport, perché solo così potremo raggiungere davvero alti livelli”. A proposito di prime volte, lo è anche il trasferimento di una calciatrice italiana negli Stati Uniti: Sofia Cantore è stata acquistata dal Washington Spirit e giocherà nel campionato più famoso del mondo. Ci hai parlato? E’ emozionata? “Sofia è una persona molto introversa e molto timida, non ama essere al centro dell’attenzione. Quando l'ho vista qui, l'ho vista molto calma, molto serena. E noi siamo tutte molto felici per lei, perché è sicuramente un punto di arrivo. Per lei è un grande passo, dimostra di avere grande coraggio. E sarà anche un punto di partenza per un’avventura fantastica in un campionato che tutti sognano. Per noi non può che essere motivo di orgoglio e poi quando la rivedremo in Nazionale spero che possa darci tanti consigli e raccontarci tutte le esperienze che vivrà lì negli Stati Uniti, dove il calcio femminile è a livelli altissimi”. Tu Manuela, invece, hai avuto un'esperienza molto breve all'Atletico Madrid, solo qualche mese e poi hai sentito l’esigenza di tornare in Italia. Non hai più pensato alla possibilità di andare a giocare all'estero? “Sono molto concreta e diretta: ho un contratto fino al 2028 con la Roma e in Italia non mi trasferirei in nessun’altra società. Un'avventura all'estero ce l'ho in mente e mi sto preparando. Ci sono delle proposte, le stiamo valutando, ma per ora mi concentro sulla Nazionale e poi vedremo cosa succederà in futuro”. Con l'avvento del professionismo, come è cambiata la visione che dall'estero hanno del calcio femminile in Italia? “Noi ci siamo sempre sentite professioniste. Poi certo, a livello concreto, quando lo siamo diventate le cose siano cambiate, anche a livello di visibilità. È chiaro che bisogna continuare a crescere, perché rispetto ad altri paesi siamo ancora molto indietro. Sicuramente dal punto di vista mediatico, di sponsor e di strutture. Molti aspetti sono migliorati rispetto al passato: ricordo che mi cambiavo in un bunker e ora nel mio spogliatoio ho una poltrona con il mio nome sopra. Sono dettagli che a volte possono fare la differenza. E ora anche all’estero abbiamo acquisito rispetto, ci guardano con occhi diversi e ce ne accorgiamo giocando in Champions League o con la Nazionale. Adesso tutte le squadre hanno paura di affrontarci, sanno che siamo all’altezza di giocarcela alla pari. E poi molte giocatrici straniere adesso sono attratte dalla Serie A e questo significa che il livello si sta alzando”. E su quella poltrona con il tuo nome, a ogni partita ci è appoggiata la fascia da capitana della Roma. Dopo l'addio di una romana e romanista come Elisa Bartoli, sei stata scelta tu per indossarla. “Quella di affidarmi la fascia è stata una scelta esclusivamente della società. Io ero la vice di Elisa, che è stata una capitana fondamentale per tutte noi. A me ha insegnato molto e ha saputo trasmettermi l'attaccamento alla maglia, che è a Roma è la cosa più importante. E devo dire che ora mi sto accorgendo che è molto difficile trasmettere questo sentimento alle nuove giocatrici che arrivano. E ora più che mani mi rendo conto di quanto sia difficile questo ruolo, perché ci sono tante dinamiche di cui tener contro, tra squadra e società, che vanno gestite con grande attenzione e diplomazia. Ad oggi non sono ancora convinta di essere un capitano al 100%. So che devo ancora crescere sotto questo punto di vista, non mi vergogno a dirlo, sarà un percorso lungo e spero di indossarla il più a lungo possibile in questa meravigliosa città”. Non solo la fascia di capitana, ma anche la numero 10, come Totti. Per te che sei nata lo stesso giorno di Gianni Rivera, che peso ha questo numero di maglia? “A volte sento al telefono Francesco Totti, ci segue tanto, mi fa i complimenti. Volevo farmi un selfie come lui se avessi segnato all’Olimpico, ma ho preso la traversa purtroppo! Ci sono andata vicina… Comunque per me è un motivo di orgoglio indossare la numero 10, soprattutto a Roma. Certo, poi ti dà anche più responsabilità, perché diventi un po’ il punto di riferimento, quella che magari deve risolvere le partite o trovare le soluzioni. Ma è una cosa che mi piace fare, è una cosa che ho dentro fin da piccola, quindi va bene così…”. Parliamo adesso della tua routine prima della partita, come ti prepari? “Se giochiamo a mezzogiorno in campionato a volte non ho nemmeno il tempo di ragionare, perché mi sono appena svegliata… . Scherzi a parte, la mia routine è fare colazione, attivazione, pranzo e poi inizio con i miei riti scaramantici. Ad esempio in Nazionale ci sono sono orari specifici in cui devo mettere la divisa: prima i pantaloni, la camicia, le scarpe e poi lo zaino. Sempre controllando l’orologio. Poi salgo in pullman e devo mettere prima la cuffia destra, poi quella sinistra. Dopodiché metto inizialmente una playlist di canzoni romantiche italiane e poi, man mano che mi avvicino allo stadio, passo al reggaeton, quello forte. Nello spogliatoio, metto prima il parastinco destro e poi quello sinistro. Quando entro in campo, devo farlo prima con il piede destro e quando esco, devo uscire con il sinistro. E anche se sono stanca stravolta, non importa. Io ci ragiono e se mi avvicino con il piede destro alla linea del campo, faccio due passetti veloci per coordinarmi e per uscire con il sinistro. Fateci caso… Poi ho tanti altri rituali scaramantici: devo uscire abbracciata con Lisa Boattin quando andiamo a fare ricognizione sul campo nel pre partita. Poi il codino, le forcine… Anche sui capelli sono molto attenta. E quando entriamo in campo, invece, in fila devo essere sempre davanti ad Arianna Caruso e se lei per caso non gioca, allora entro come penultima”. E pensi che la tua 'cura scaramantica' del pre partita possa assomigliare alla cura dei dettagli che metti nel tuo modo di giocare? “Sì, certo, perché in campo sono precisa, se sbaglio un passaggio di qualche millimetro mi innervosisco molto. Credo tutto faccia parte di me. Come sono fuori dal campo, sono anche dentro il rettangolo ed è anche la mia forza. Anche nei momenti difficili sono così, sia in campo sia fuori: con grande determinazione e spensieratezza cerco sempre di trovare la soluzione o almeno di prevenire i problemi”. E come fai ad abbinare la spensieratezza a questi rituali così precisi? E allo stesso tempo anche al desiderio di volerti sempre migliorare. Ci sono dei momenti in cui non riesci a unire tutto? “Credo che tutto questo faccia parte del percorso del nostro mestiere. Ci sono anche dei momenti no, ma poi prevale la passione. Sicuramente nel mio caso la spensieratezza fa sì che io riesca a raggiungere gli obiettivi che mi sono prefissata all’inizio della stagione. Poi, certo, quando non riesco a raggiungerli, subentrano la determinazione e la forza interiore che mi fanno andare avanti. Nella mia carriera ci sono stati anche momenti in cui ho pensato di mollare tutto, perché comunque nella mia testa ho anche altri pensieri sul futuro e su quello che vorrei...”. Quali altri pensieri affollano la tua mente, a volte, oltre al calcio? “Sono nata con un padre militare e una madre casalinga. Loro hanno creato la loro famiglia molto giovani. E l’idea di diventare madre troppo tardi non rientra nella mia filosofia di vita. Ho in mente di creare una famiglia e non voglio che nella mia vita ci sia esclusivamente il calcio, desidero molto di più”. Quindi per quanto riguarda il post-carriera, so che è ancora lontano, hai già in mente qualcosa? “Ho 28 anni e credo che giocherò ancora per tre o quattro anni. Penso che sia un tempo sufficiente. Ho già iniziato a organizzare alcuni campi estivi a mio nome. Vorrei creare una piccola società dove far crescere le bambine calciatrici, ma solo a livello giovanile. E poi, come detto, il mio grande desiderio è quello di avere una famiglia. Tutto questo a Roma, perché è Roma la mia città ormai, per me è casa”.

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