Liga: il gioco di Pablo Machín, la sorpresa del Girona

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Dario Pergolizzi

Il tecnico spagnolo è stata una delle rivelazioni della stagione di Liga appena conclusa con il suo Girona. Adesso dovrà dimostrare di saper trapiantare i suoi principi di gioco al Siviglia

Il Siviglia di José Castro decide di ripartire, dopo una stagione deludente, da Pablo Machín, principale autore di una delle più liete sorprese della Liga appena conclusa: il Girona che da matricola assoluta nella prima divisione spagnola è stato capace di portarsi a ridosso della zona Europa League per gran parte della stagione. Spiccano i risultati di assoluto spessore, e le prestazioni convincenti, contro le squadre di vertice: i due pareggi con l’Atletico Madrid, le vittorie contro Real Madrid, Villarreal, Athletic Bilbao.

Ma le ragioni di questo exploit sono da ricercare ben oltre il semplice entusiasmo della realtà di provincia affacciatasi sul prestigioso palcoscenico della massima categoria. Per non soccombere in Spagna è sempre necessario sfoggiare un bagaglio di contenuti tecnico tattici di livello, ed è sicuramente il lavoro del suo giovane allenatore - in termini di filosofia di gioco e valorizzazione dei singoli - a meritare le luci della ribalta.

“Giocare bene è giocare come vuoi tu: la TUA idea di gioco, la TUA proposta”

Pablo Machín, oggi 43enne, ha un passato da calciatore professionista con una carriera interrotta a soli 22 anni - appena 5 presenze nel Numancia - dopo un gravissimo infortunio al ginocchio.

Sempre nel Numancia ha iniziato il suo percorso formativo come tecnico, da allenatore delle giovanili passando per preparatore dei portieri sino ad assistente dei vari coach della prima squadra, anche nella breve esperienza in Primera del 2008/09. Nel 2011 è diventato finalmente l’allenatore in prima e lo è rimasto per due anni, finché nel 2014 ha iniziato il suo percorso al Girona, che lo porterà a conquistare la promozione dalla Segunda nel 2016/17.

Machín ha raccontato molto di sé (nel numero 40 della rivista Tactical Room di Martì Perarnau), del suo percorso tecnico e delle sue idee. Dice che è stata determinante l’esperienza sotto la guida di Juan Carlos Unzué, proveniente dall’ambiente Barcellona e a stretto contatto con Rijkaard e Guardiola. Ha contribuito ad illuminarlo sulle possibilità dell’organizzazione del gioco offensivo, dopo un inizio di carriera improntato invece sulla cura prevalente della fase difensiva, sotto l’ala di Angel Lotina a metà degli anni ’90: “Perché all’epoca era l’80% del lavoro”.

Quest’ultimo aspetto è decisivo rispetto alla sua scelta del sistema di gioco: innamoratosi inizialmente degli aspetti conservativi del 3-5-2, come la possibilità di difendere in costante superiorità numerica con 5 uomini in linea, con l’influenza di Unzué e del calcio spagnolo in generale, Machín inizia a plasmare il suo stile di gioco ragionando sui risvolti offensivi e sullo scaglionamento volto alla ricerca della verticalità.

L’undici tipo del Girona.

“Si dà troppa importanza al sistema, ai numeri, quando la cosa più importante è l’idea che trasmetti per metterlo in atto, il sistema”

Il 3-5-2 tanto amato da Machín è diventato dunque un 3-4-2-1 o un 3-4-3, partendo sempre da una costante: la necessità di poter costruire la manovra utilizzando tre uomini davanti al portiere.

In costruzione lo scaglionamento 3 (difensori) + 2 (mediani) con, in aggiunta, i 2 esterni a garantire linee di passaggio larghe, è stato quello preferito da Machín. Anzitutto perché limita i rischi del palleggio orizzontale e fornisce diverse soluzioni diagonali (le più pericolose per muovere i blocchi avversari) garantendo sempre la possibilità di scegliere se optare per vie interne o esterne. Se la situazione era conveniente, oppure i centrali di difesa sono marcati alti dagli avversari, il lancio in profondità poteva partire già dai piedi del portiere Bono. La costante, in ogni caso, era la ricerca della verticalità in maniera improvvisa per poter cogliere di sorpresa l’avversario.

Il Girona di Machín consolidava il possesso basso, con una circolazione sicura che impegnava soprattutto i 3 centrali (generalmente Juanpe-Espinosa-Ramalho), con un ausilio sporadico del portiere, ma cercava comunque di verticalizzare repentinamente non appena l’avversario alzava il pressing. Anche per questo i due mediani (uno tra Aleix Garcia e Pere Pons al fianco del capitano Granell) di solito restavano piatti all’altezza della linea di centrocampo, alle spalle della prima pressione avversaria, e più raramente uno dei due si abbassa formando un rombo centrale (3+1).

Un esempio di costruzione dal basso. Difesa a 3, trequartista che scende in ausilio, mediani a supporto ed esterno alto a dare ampiezza.

Il posizionamento dei due pivote favoriva spontaneamente la formazione di rombi sulle catene laterali, soprattutto su quella di sinistra, dove il Girona ha portato la maggior parte delle proprie offensive. Con gli esterni a garantire spinta costante ed il quadrilatero formato dai due mediani e i due trequartisti, i sistemi di marcature avversari venivano spesso messi in crisi.

La distribuzione degli attacchi del Girona, dati WhoScored. Fascia sinistra dominante.

Nelle uscite dal basso è stata particolarmente importante anche la funzione svolta da Stuani in posizione di punta centrale, soprattutto per via della sua fisicità con cui riusciva a ricevere nell’halfspace di sinistra. Ad aiutarlo c’erano spesso l’esterno mancino, Mojica, in sovrapposizione, e uno tra il trequartista sinistro Borja Garcia e Granell, in accompagnamento.

Questi ultimi due sono entrambi giocatori dallo spiccato senso del possesso, riescono a mantenere il controllo della sfera anche sotto pressione e sono capaci di fraseggiare sul corto e sul lungo con un’ottima tecnica. Per questo sono diventati fondamentali sia nella risalita rapida che nel consolidamento del Girona.

Quando, invece, la verticalizzazione avveniva verso destra, le doti di palleggio di Garcia e Granell venivano sfruttate per innescare il rapidissimo Portu con lanci profondi. Portu, all’età di 26 anni, è stato un’autentica rivelazione di questa squadra e ha chiuso la miglior stagione in carriera non solo in termini realizzativi (11 goal e 5 assist), ma anche a livello di coinvolgimento e influenza.

Portu è un giocatore rapido in tutto: sia nell’esecuzione dei movimenti con cui attacca la profondità (lateralmente o verso l’area) o gioca a rimorchio di Stuani, sia nei tempi con cui gioca la palla una volta ricevuta, sia nelle conduzioni palla al piede. La grande resistenza atletica lo rende una presenza costante ed affidabile per i compagni ed un tarlo per gli avversari.

Ad integrare le competenze di Portu sul lato destro del campo è stato il gioiellino Pablo Maffeo, tornante classe 1997. Il giovane spagnolo è dotato di un cospicuo pacchetto di abilità sia offensive che difensive, riesce ad apportare una grande spinta con costanza e puntualità, conducendo il pallone con un’altissima frequenza di passo e delle doti di guida non comuni, usando spesso l’esterno del piede, e garantendo utili sovrapposizioni anche senza palla.

Le sue doti tecniche gli consentono di crossare in maniera precisa e saltare abbastanza agevolmente l’uomo, ma Maffeo è stato particolarmente arcigno da fronteggiare in difesa: si è distinto per una concentrazione tattica non scontata e una durezza negli uno contro uno che contrasta con la sua stazza.

Con questa velocità di esecuzione abbinata alla grande flessibilità nelle rotazioni degli offensivi, il Girona ha potuto stressare costantemente le linee avversarie, in particolar modo grazie ai contro-movimenti e agli scambi di posizione tra mediani e trequartisti, e gli arretramenti strategici di Stuani.

Nelle situazioni di possesso consolidato, invece, erano gli esterni di centrocampo a garantire un’ampiezza simmetrica e costante, per allargare il più possibile la linea difensiva avversaria.

Il Girona non portava un gran numero di uomini in area in questi frangenti: Stuani (spesso defilato ad attaccare il secondo palo) era accompagnato al massimo da uno dei due trequartisti/ali, con il resto degli offensivi deputati a raccogliere le seconde palle scivolate fuori dall’area.

Questo tipo di scaglionamento, oltre a fornire un’ulteriore opzione di attacco alla porta, garantiva un maggior equilibrio in caso di transizione difensiva, con una riconquista più agevole in caso di respinta, aiutata anche dalla bravura dei difensori centrali nelle marcature preventive. In questo modo il Girona era sempre sotto controllo e lo stile di gioco aumentava la confidenza di tutta la squadra.

Nell’immagine qui sopra vediamo l’esempio di un cross che arriva dalla trequarti: ci sono 2 uomini del Girona che attaccano l’area, mentre gli altri rimangono a presidio della zona retrostante per poter raccogliere la ribattuta. Sulla respinta, il centrale difensivo accorcia e si crea una situazione di superiorità numerica.

Anche in fase di non possesso il Girona ha offerto spunti interessanti. A iniziare dalla disposizione utilizzata sulla costruzione bassa avversaria: le due ali si stringevano tantissimo e pressavano alto sui difensori centrali, mentre era frequente vedere Stuani arretrare la sua posizione e coprire la linea di passaggio verso il centrocampista centrale avversario.

Questo sistema è stato probabilmente adottato per sfruttare la fisicità del centravanti su eventuali lanci centrali, e le migliori doti di pressing frontale in termini di rapidità dei due trequartisti. Qui sotto un esempio dalla partita vinta contro il Real del 29 ottobre, in cui il Girona ha limitato la costruzione del Real con questo dispositivo di pressione.

In fase di non possesso la difesa veniva rinforzata abbassando i due tornanti per formare una linea da 5, soprattutto se l’avversario era ancora nella sua metà campo, lasciando i terzini avversari liberi di ricevere (lo sviluppo dell’azione, così, veniva indirizzato verso l’esterno già dall’inizio).

Una volta che la palla si muoveva su un lato l’esterno di riferimento si attivava il pressing sul terzino, in prossimità della linea di centrocampo, prontamente seguito dall’accorciamento del difensore di parte. L’obiettivo del non possesso del Girona era dunque costringere al lancio lungo o decentrare la posizione della palla, per poter poi aggredire con più uomini in sicurezza verso l’esterno, grazie all’angolo di giocata dimezzato dalla presenza della linea laterale.

Se il possesso avversario avanzava nell’altra metà campo, la squadra di Machín si disponeva con un 5-2-3 abbastanza nitido, in cui rivestiva grande importanza la capacità di lettura degli esterni sullo sganciamento in avanti a seconda della posizione del pallone.

Mojica tiene gli occhi sia sull’uomo di riferimento che sulla posizione del pallone ed accorcia per anticipare l’eventuale verticalizzazione.

Questa disposizione garantiva una buona stabilità difensiva ed esaltava le doti di lettura dei centrali, semplificandone i compiti. Il Girona è rimasta una squadra che prediligeva difendere riaggredendo e pressando alta la costruzione avversaria, cercando di trascorrere meno tempo possibile nella propria metà campo.

Hombre Vertical, ma con equilibrio

Nonostante questa urgenza di superare la linea di centrocampo, evidente sia nella fase di possesso che in quella di non possesso, il Girona 2017-18 è stata una squadra equilibrata, che riusciva ad ottimizzare al meglio le caratteristiche dei suoi uomini in entrambe le fasi.

Ha prodotto e subito in maniera proporzionalmente adeguata al valore della squadra, producendo complessivamente 52.10 xG (expected goals), realizzandone 50, e 51.60 xGA (expected goal against), subendone effettivamente 59.

Il possesso palla medio del Girona si è attestato al 47.5% con una precisione dei passaggi pari al 76.2%, sintomatico dell’approccio di Machín: tenere il pallone è sicuramente una necessità prioritaria, ma il numero di verticalizzazioni forzate per poter sorprendere l’avversario, cercando di ottimizzare i mezzi tecnici a disposizione, ha fatto sì che le fasi di possesso fossero medio-brevi, senza un’enfasi eccessiva sul consolidamento.

Dai dati evinciamo che il Girona è stata la seconda squadra del campionato per passaggi lunghi a partita, 78, e la quarta per numero di cross, 22.

I tentativi di riaggressione immediata e la scelta di trascorrere meno tempo possibile nella propria metà campo in fase di non possesso hanno portato il Girona a produrre un numero di tackle a partita mediamente basso, 16.1, il terz’ultimo valore in Liga.

La densità portata sulla circolazione bassa dell’avversario ha prodotto recuperi soprattutto mediante intercetto: con 12.9 a partita il Girona è stata la nona squadra del campionato. Frequente anche l’utilizzo dei falli per interrompere la manovra rivale: 16.2 a gara, solo il Getafe ne ha commessi di più.

L’utilizzo di una linea a 5 sfalsata, con un centrale difensivo spesso a copertura, ha ridotto all’osso l’uso della tattica del fuorigioco: appena 2.1 a partita.

Insomma, Pablo Machín ha fatto brillare in maniera notevole i suoi migliori talenti, che fossero giovani promesse o più esperti veterani. La stagione si è conclusa con un dignitoso decimo posto, a 7 lunghezze dai preliminari di Europa League, sfuggiti a causa di una comprensibile flessione dei risultati tra aprile e maggio.

Al di là del piazzamento conquistato, il Girona ha meritato le attenzioni degli addetti ai lavori per la qualità con cui ha saputo imporsi da matricola in un torneo tatticamente e tecnicamente ultra competitivo come la Liga, senza alcun timore reverenziale e riuscendo a mettere in campo un sistema di gioco tutto sommato innovativo, versatile nella sua rigidità ma soprattutto efficace, così come il suo brillante allenatore.

Pablo Machín è ora chiamato ad un ulteriore salto di qualità, per dimostrare di saper applicare con la medesima efficacia la sua elastica visione del gioco in un contesto dalle pressioni ambientali sicuramente più probanti rispetto alla piccola favola di provincia.

Il Siviglia, squadra con individualità spiccate e profili tecnici variegati, può rivelarsi il giusto compromesso per catapultare il talentuoso tecnico numantino nella dimensione successiva.