Lamine Yamal è un re o un mago? Quando anche l'esultanza fa polemica

“Ora ha deciso di esultare dopo un gol fingendo di mettersi una corona in testa come se fosse un re, a lei piace questa esultanza?”, chiede il giornalista. “In realtà non sono d’accordo con te. Per me non esulta mettendosi una corona, ma un cappello da mago. È come se dicesse ‘ho fatto una nuova magia’. A me sembra sia così, poi ognuno è libero di interpretarla come preferisce”, risponde il Ct della Spagna Luis de la Fuente. L’oggetto del contendere è Lamine Yamal. Il talento spagnolo del Barcellona e delle Furie Rosse è stato il protagonista dell’estate in Spagna e non solo. Prima si è parlato delle sue vacanze, poi dei suoi flirt e infine dei festeggiamenti per i suoi 18 anni. Pochissimo di calcio giocato e delle sue qualità incredibili. Ma non è una sorpresa. Durante la scorsa stagione aveva fatto discutere per essersi tinto i capelli di biondo ed era stato criticato perché giocava indossando i pantaloncini a vita bassa. Sì, è successo davvero. Insomma, in un modo o nell’altro Yamal fa sempre parlare di sé, e non solo per le sue giocate in campo. Lui non sembra dargli peso e sul finale di stagione aveva dichiarato “Finché vinco nessuno può dirmi nulla”. Ma buona parte dei media spagnoli non sembra essere d’accordo con lui. Le polemiche non si fermano mai e la sua nuova esultanza è subito diventata tema di dibattito, al punto che un giornalista ha domandato anche al Ct spagnolo de la Fuente cosa ne pensasse. Incalzato, l’allenatore ha risposto con forza, spiegando il suo punto di vista e chiarendo perché, secondo lui, tutto questo ha poca importanza. “Bisogna valorizzare altre cose e non sottolineare solo ciò che è frivolo. A 16 anni lavorava già e si prendeva cura di sé come nessun altro, ora ne ha 18 e continua ad allenarsi tantissimo. E tutto ciò che ha ottenuto è grazie a questo, non a una festa o a un gesto. Bisogna valorizzare il lavoro che c'è dietro. È come quando parlavate di Alcaraz e quando andava a Ibiza. Lui lavora tutto il tempo e, di tanto in tanto, va a Ibiza. Ma non è per questo che si vincono le partite”. Una difesa forte e una critica, neanche troppo velata, a chi si concentra sul superfluo senza notare quanto sia incredibile quello che fa in campo Lamine Yamal. Ha iniziato a giocare da titolare a 16 anni, prima nel Barcellona, con cui ha già vinto quattro trofei, e poi anche nella Spagna, che ha trascinato alla vittoria di un Europeo. La palla è la sua migliore amica e non si stacca mai dal suo piede. Ha una capacità tecnica fuori dal comune, è imprevedibile e imprendibile. Calcia bene, di precisione e di potenza, sa servire i compagni e quando parte palla al piede si ha sempre la sensazione che possa accadere qualcosa di incredibile da un momento all’altro. Di lui, qui su Sky Sport Insider, Stefano Borghi ha scritto che “ha una capacità di muoversi in maniera molto particolare, dando quasi la suggestione di sciare sul prato più che di correrci sopra”. Insomma, vederlo giocare è un qualcosa di unico. E, come ci ha ricordato de la Fuente, dovremmo godere dello spettacolo che ci offre quando gioca più che parlare della sua vita extra campo. Giusto. Ma è anche vero che i calciatori, come tutte le persone che godono di popolarità, hanno anche una responsabilità civile e morale. Questo sosteneva Socrates, leggendario calciatore del Corinthians e della nazionale brasiliana. Tra gli anni ’70 e ’80 il Doutor del calcio ha lottato per i diritti dei calciatori e per la libertà nel suo Paese. Sosteneva che “Se le persone non hanno il potere di dire certe cose, allora posso dirle io per loro conto”. E anche che “I calciatori possono essere dei veri primi ministri senza la poltrona, ma devono solo capire che hanno una responsabilità sociale e il potere di cambiare la società in cui vivono”. Ecco perché la scelta di ingaggiare persone affette di nanismo per il suo compleanno può far discutere. Che messaggio passa con questo gesto? Difficile trovarne uno positivo. Ma è anche vero che Yamal ha appena 18 anni e a questa età gli errori possono essere commessi. Anzi, per certi versi, vanno commessi. Nel suo ‘Emilio’ Rousseau spiega quanto sia normale e giusto sbagliare nella fase di crescita. Per il filosofo ginevrino gli errori fanno parte del percorso formativo di un ragazzo e non vanno visti o vissuti come un fallimento. Il gesto di Yamal si può quindi criticare ma anche comprendere. Inoltre, per Rousseau è importante non imporre regole rigide a un ragazzo, ma si deve proteggerlo da possibili errori pericolosi. Non sappiamo se de la Fuente abbia letto l’ ‘Emilio’ ma il suo approccio sembra calzare con l’idea rousseauiana di protezione: non reprimere, ma accompagnare. Dell’importanza di proteggere e tutelare Yamal ne ha parlato a luglio scorso anche Ricky Rubio, ex stella del basket spagnolo. Come il 10 del Barcellona, anche Rubio ha iniziato a giocare da giovanissimo , finendo risucchiato dal peso mediatico e dalle responsabilità. In un’intervista a Marca ha dichiarato: “Non ero consapevole di quello che stavo facendo. Credo che a 14 anni non si sia pronti per entrare in quel mondo. Nessuno lo è. Ora non lo rifarei. Vedo riflesse cose della mia vita in quella di Lamine. Credo che si stia dando una responsabilità a un ragazzo che forse non è pronto. Sembra che, dato che gioca bene a calcio, deve saper gestire tutto. Per i giovani e i bambini è un idolo e lui ha una grande responsabilità nei loro confronti. Lo stanno formando e preparando abbastanza per rendersene conto? È consapevole di accettare questa responsabilità o, come società, dobbiamo esigere da lui questa responsabilità solo perché gioca bene a calcio?”. Dritto al punto. O a canestro. Dopo averlo vissuto sulla propria pelle, Rubio ha chiaro cosa possa significare essere giudicato per ogni gesto dentro e fuori dal campo. Ma se con gli scarpini ai piedi Yamal non sembra aver bisogno di aiuti, nella vita di tutti i giorni sì. Le critiche, nostro malgrado, ci saranno sempre. Motivate o meno, un talento come quello di Lamine sarà sempre sotto la lente d’ingrandimento di media, social e tifosi. E ogni suo gesto avrà una conseguenza amplificata del peso mediatico del suo nome. Dovrà riuscire a trovare un equilibrio tra la sua voglia di libertà di ragazzo diciottenne, gli errori che comprensibilmente può commettere e le responsabilità che gli vengono richieste. Non è facile. Ma questo è il peso di una corona. E per riuscire a portarla bisogna saper fare le magie. Lui può farcela. Perché è sia re che mago.

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Lamine Yamal è un re o un mago? Quando anche l'esultanza fa polemica

Emiliano Tomasini