Perché tutti ora vogliono essere Olivier Giroud

“Da grande voglio diventare Olivier Giroud”. Probabilmente un pensiero del genere solo i bambini di Montpellier possono averlo fatto, oramai diversi anni fa. D’altronde, l’unica Ligue 1 vinta dai Paillade porta fiera la targa di Oliviero: ventuno gol e dodici assist in quella stagione da favola culminata con l'alloro tricolore. Quella della sua ultima stagione passata in Francia, almeno fino alla decisione presa questa estate di rientrare in patria attraverso la porta del Lille, dopo la complicata avventura tutta ‘hollywoodiana’ con il Los Angeles FC. A quanto pare recitare la parte dell’attaccante in pensione in Major League Soccer non era proprio cosa per lui, vista la risoluzione consensuale del contratto con ben sei mesi d’anticipo. Sarà stata quella volta in cui ha giocato con la barba ghiacciata, quando in Colorado le temperature sono arrivate a -13 gradi, o semplicemente la mancanza di motivazioni, ma in carriera Giroud non aveva mai fatto così male dal punto di vista realizzativo come gli è accaduto negli Stati Uniti. E allora quale migliore occasione per ritornare in Francia, tredici anni dopo l’ultima volta? Dopo la partenza di David in direzione Torino, il Lille ha pensato subito a lui, puntando su un profilo completamente diverso rispetto a quello del canadese: per caratteristiche… e carta d’identità. Sì, perché il prossimo 30 settembre Olivier compirà 39 anni, ma se oggi sta invecchiando come un buon vino, lo deve anche ai momenti in cui non raccoglieva soltanto elogi dalla vendemmia . Dopo il Montpellier, la grande occasione in Premier League con l’Arsenal, dal 2012 al 2018. E si può dire, in quel caso sì, che nessun piccolo tifoso dei Gunners abbia mai spgnato di diventare Olivier Giroud. A Londra, il francese è ricordato sì per il gol-scorpione contro il Crystal Palace, ma soprattutto per i tanti errori sottoporta. Nel 2015/16, la stagione in cui il club ha davvero sperato di poter tornare a vincere il campionato poi finito nelle mani a Leicester, è rimasto a secco di gol per quindici gare di fila, dopo essere stato anche un triste protagonista dell’eliminazione dalla Champions League per mano del Monaco un anno prima. La stessa squadra punita al 91’ nella seconda giornata di Ligue 1 con un gol che ha ricordato tanto quello nel derby scudetto contro l’Inter. Sì, quello del “Si è girato Giroud”. Come Sansone, forse, gli bastò farsi crescere barba e capelli per recuperare i suoi ‘superpoteri’. Proprio dopo un cambio di look, appunto, arrivò il gol con la mossa dello scorpione e il Mondiale vinto da titolare con la Francia in Russia. O forse serviva un trasferimento pesante, come quello a una delle squadre più odiate dai tifosi dell'Arsenal, il Chelsea allora di Sarri. Con l'attuale allenatore della Lazio Giroud vince l’Europa League segnando anche in finale proprio contro i Gunners. Con Tuchel la Champions League, eliminando l’Atletico Madrid con un altro dei suoi colpi: una rovesciata al Wanda Metropolitano. A Milano, poi, interrompe la maledizione della numero 9, che durava dai tempi di Pippo Inzaghi, arrivando in punta di piedi per poi trascinare con la sua esperienza i rossoneri di Pioli allo scudetto. Per molti resta ancora un attaccante sopravvalutato. Eppure, un certo Virgil van Djik lo ha definito come la punta più difficile che abbia affrontato in carriera: “Avevo l’impressione di averlo sotto controllo, ma in qualche modo riusciva sempre a segnare”. E forse i suoi detrattori dimenticano che, in tutto questo, Giroud è diventato anche il miglior bomber all-time della nazionale francese con 57 reti all’attivo, superando un tale Thierry Henry. Certo, Mbappé scalpita, ma dopo i due gol nei primi due turni di Ligue 1 al suo ritorno dopo tredici, si parla già di una possibile convocazione di Deschamps. E allora, forse sì oggi tutti i bambini tifosi e calciatori - e non solo quelli di Montpellier - da grandi sognano di essere come Olivier Giroud. Che, dopo aver cancellato l’etichetta di ‘sprecone’, ha vinto tutto, diventando probabilmente uno dei migliori attaccanti europei dell’ultimo decennio. Facendo quello che ama. Sempre in maniera speciale. Basta guardare come ha punito Brest e Monaco. E anche perché, fuori dal campo, invecchia come il vino. Insomma, questo Giroud annata 1986 ha dei tannini clamorosi.

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Andrea Molinari