Argentina, dal Pipita al Pipa: ecco chi è Dario Benedetto, l'attaccante che ha lasciato a casa Higuain

Mondiali

Il centravanti del Boca Juniors è cresciuto molto nell'ultimo anno e lo scorso 5 settembre ha esordito con la maglia della Selección. Sampaoli lo ha convocato per le decisive sfide di qualificazione al mondiale contro Perù (in diretta il 6 ottobre su Sky Sport 1 e Sky Supercalcio alle 1:30) ed Ecuador in cui potrebbe scendere in campo da titolare. A 12 anni aveva abbandonato il calcio a causa della morte della madre. Adesso, dopo una lunga gavetta tra Argentina e Messico, sembra essere arrivata la sua occasione

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Da uno che in un anno ha cancellato il fantasma di Carlos Tevez dalla Bombonera e che dagli amici si fa chiamare “Pipa” non puoi non aspettarti che arrivi a vestire la maglia dell’Argentina. Ma immaginare addirittura che possa mandare in panchina Icardi e lasciare a casa il più illustre “Pipita” Higuain è francamente troppo anche per i suoi sostenitori più ottimisti. L’ascesa di Darìo Benedetto è stata talmente impetuosa che adesso sembra essere diventato il principale terminale offensivo della nazionale di Sampaoli a discapito di attaccanti ben più esperti e affermati di lui. Il centravanti del Boca, infatti, ha appena una presenza con la Selección, quella raggiunta al suo esordio con la maglia dell’Argentina lo scorso 5 settembre nel match di qualificazione mondiale contro il Venezuela. Numeri che non reggono il confronto con le 69, condite da 31 reti, di Higuain che invece è rimasto ad allenarsi a Vinovo. Icardi ha giocato solo 2 partite in più di Benedetto in nazionale, ma Maurito ha già dimostrato di saper fare la differenza in Europa. Eppure Sampaoli, considerati anche alcuni problemi muscolari del capitano dell'Inter, sembra aver scelto lui, Darìo El Pipa Benedetto, per giocarsi le ultime chance per qualificarsi a Russia 2018.

Dalla morte della madre al sogno Boca

Non è più giovanissimo, ma a 27 anni sembra aver raggiunto la piena maturazione. Lui nato a Berazategui, città a sud-est di Buenos Aires, e cresciuto sugli spalti della Doce, la curva dei tifosi del Boca alla Bombonera. Ha sempre sognato di vestire la maglia degli Xeneizes, come dimostra lo scudo della squadra che si è tatuato sul ventre ai tempi del Club Amèrica, con tanto di scritta “Esto es Boca”.  Un amore viscerale per la camiseta azul y oro, diventata un obiettivo da raggiungere. Obiettivo a cui Bendetto decise di rinunciare a 12 anni. Stava giocando la finale dei Juegos Nacionales Evita con la maglia delle giovanili dell’Independiente quando sua madre Alicia perse la vita tra gli spalti, stroncata da un infarto. Lo shock fu troppo forte per Benedetto che decise di accantonare il futbol. Il calcio rientrò nella sua vita solo 4 anni più tardi, quando Dario si presentò al provino dell’Arsenal de Sarandì. Venne inserito nelle giovanili del club e lasciò la scuola per aiutare il padre Hugo in cantiere: "Fino alle 14 lavoravo come manovale e nel pomeriggio mi allenavo" - ha raccontato. Si mise in luce nelle giovanili e il 9 novembre del 2008 fece il suo esordio in prima squadra proprio nella sconfitta con il Boca. L’Arsenal non lo ritenne ancora pronto e decise di mandarlo a farsi le ossa nelle categorie inferiori: prima col Defensa y Justicia, poi nel Gimnasia Jujuy con cui realizzò 11 gol in 19 partite. Tornò in Primera nel 2012 con l’Arsenal de Sarandì con cui vinse il Clausura e la coppa nazionale. Ma non era ancora il suo momento e Benedetto lasciò l’Argentina per cercare fortuna in Messico. L'esordio con il Tijuana è da predestinato: tripletta nel 3-3 contro l’Atlas. Al fine stagione i gol saranno 21, abbastanza per convincere il Club America a spendere 8 milioni di dollari per acquistarlo a fine 2014. A Città del Messico Benedetto trascorre due stagioni e nell’aprile 2015 timbra tre gol nella finale di ritorno della CONCACAF Champions League contro il Montreal Impact (vinta per 4-2 al Saputo Stadium in Canada) dando un discreto contributo al sesto titolo continentale dei messicani. Successo bissato poi nella stagione 2015/2016 e festeggiato con un altro gol in finale contro il Tigres: 49 reti e il titolo di miglior marcatore in appena due stagioni e mezzo sono il lasciapassare messicano per il rientro in patria. Al Boca.

Benedetto (Getty)

Una tripletta in 18' per diventare l'idolo della Bombonera

Pur di vestire la maglia della squadra per cui ha sempre tifato, El Pipa rinuncia a 1 milione di dollari e il 6 giugno 2016 corona il suo sogno. Ma è il 25 settembre che entra definitivamente e di prepotenza nel cuore dei tifosi della Bombonera: stende il Quilmes con tre gol in 18’ e un assist di tacco per il tap-in di Centurion. Erano sei anni che nessuno segnava una tripletta in quello stadio. L’ultimo a riuscirci, neanche a dirlo, era stato Martin Palermo contro il Colòn. “Avevo proprio bisogno che la palla entrasse. Sognavo questo momento”, raccontò Benedetto, che era finito sul banco degli imputati dopo aver sbagliato due occasioni a Mendoza la  settimana prima. Quella partita segna la sua consacrazione, trasformandolo nell’idolo dei tifosi bosteros. Alla fine le reti saranno 21 in 25 partite, festeggiati con il 32° titolo nazionale della storia del Boca. Con la maglia azul y oro il suo score personale recita 31 reti in 38 presenze.

La chance con la Selección

Freddezza da killer, attacco della profondità, velocità d’inserimento, garra e forza fisica. Ecco le migliori qualità di Benedetto. Doti non scontate per un attaccante di un metro e 75 per 70 chili. Dopo tanta gavetta in giro per il Sudamerica, Bendetto vuole prendersi sulle spalle l’Argentina e trascinarla di forza al Mondiale. Per se stesso, per la madre che oggi non c’è più, per una nazione intera o forse solo per alimentare il paragone con Martìn Palermo che con il suo gol al Perù al 93’ portò la Selección al Mondiale 2010. L’avversario sarà lo stesso di 8 anni fa per la nazionale di Sampaoli. Lo stadio che ospiterà la sifida sarà proprio la Bombonera. Lo stesso in cui Benedetto andava da bambino a tifare Boca, lo stesso che lo ha consacrato ad alti livelli. Chissà che non sia stato questo il motivo per cui il ct dell'Argentina ha preferito il Pipa al Pipita.