A volte basta un gol per trasformarsi in icone: vi raccontiamo le storie di quei "miti" che hanno segnato la storia dei Mondiali senza però riuscire a segnare la propria. Come Omam-Biyik, l'eroe capace di mettere i piedi in testa, letteralmente, all'Argentina di Maradona
Sbarcarono in Italia portandosi dietro 170 bagagli, un allenatore odiato da tutti i suoi giocatori, un dietologo che pesava 140 chili, un medico che ce l’aveva a morte con le susine (concessa al massimo una per pasto) ma chiudeva entrambi gli occhi sugli spaghetti (evidentemente su consiglio del dietologo). Ma soprattutto un carico di allegria contagiosa, che fece dei Leoni Indomabili del Camerun la squadra simpatia del Mondiale di Italia ’90, quella per cui era impossibile non fare il tifo. Le maglie verdi a righe sottili abbinate a calzoncini rossi e calzettoni gialli, la makossa di Roger Milla ballata davanti alla bandierina dopo aver beffato il presuntuoso Higuita, il giro d’onore tra gli applausi del San Paolo nonostante la sconfitta contro l’Inghilterra ai quarti, vincitori morali di una sfida portata con orgoglio fino ai supplementari. E poi c’è la leggenda dell’uomo volante, Francois Omam-Biyik, quello a cui la legge di gravità faceva il solletico ai piedi.
Come si ferma Maradona?
È l’8 giugno 1990 quando il mondo si accorge di lui, e d’altra parte sarebbe stato impossibile il contrario visto il modo in cui si elevò al di sopra di tutto e tutti. Il Camerun è capitato nello stesso girone dell’Argentina di Maradona, l’Argentina campione del mondo in carica. A San Siro ci si prepara a una partita senza storia, anche perché il Camerun, oltre a quello di bagagli e dietologo, si portava appresso il peso dell’ultima amichevole pre-Mondiale – quella che in teoria serve a fare morale – persa contro una rappresentativa giovanile jugoslava. Risultato: il portiere Bell attaccò la federazione e si ritrovò in panchina, scavalcato dal vecchio N’Kono, mentre la crepa tra squadra e l’odiato Ct, il russo Nepomniachi, si fece ancora più profonda, con una delegazione di giocatori che ne chiese la testa stanca dei suoi metodi (si parlava di allenamenti alle 7 del mattino, tutti a nanna con le galline e trasferimenti in pullman in assoluto silenzio, forse la cosa più indigesta agli allegri camerunesi). Con premesse del genere, puoi pensare di impensierire la squadra di uno che entra in campo palleggiando con le spalle?
Alla faccia di Newton
Il bello del calcio è che la risposta è sì. Al minuto 67, con il Camerun da poco in 10 per l’espulsione dell’altro Biyik, Andrè Kana, Makanaky alza un campanile senza senso nell’area argentina. E mentre Sensini, confidando nelle teorie di Newton, aspetta che la mela gli caschi in testa dall’albero, Omam-Biyik decide di andarsela a prendere, la mela, e si arrampica in cielo. La sua ascesa è uno di quei momenti in cui il tempo sembra dilatarsi fino a sospendersi. Lassù, cristallizzato in cielo, c’è l’uomo volante, i piedi all’altezza delle teste dei difensori argentini. Alla faccia del vecchio Isaac, del dietologo e degli spaghetti.
Il suo salto entra nella galleria dei colpi di testa mondiali senza nulla da invidiare a quello con cui Pelè mangiò in testa al nostro Burgnich; qualche fortunato, appollaiato al terzo nuovissimo anello di San Siro racconta di averlo guardato negli occhi, in quegli istanti. Il colpo di testa, per la verità, non è particolarmente potente, ma anche il portiere argentino Pumpido ne resta talmente affascinato da farsi sfuggire il pallone tra le mani. Oltre la traversa con la testa, oltre l’immaginazione: l’Argentina afferrata per un piede e schiantata giù per terra. Eccolo il calcio del futuro, il coro di tutti quelli che a ogni edizione mondiale pronosticano la vittoria di un’africana. L’atletismo che annichilisce persino il genio di Maradona, il trionfo della forza fisica, della freschezza, della corsa, magari sbagliata ma sempre e comunque una in più dell’avversario. Se in squadra hai uno che sa volare, le regole del calcio vanno riviste.
La parabola discendente di Omam-Biyik
Ma il bello del calcio è anche che l’uomo volante, così come si è materializzato, può sparire senza lasciare più traccia. Omam-Biyik chiuderà il Mondiale con quell’unica rete all’attivo, proseguirà la sua onesta carriera in Francia (Rennes, Cannes, OM, Lens) senza grandi picchi prima di migrare in Messico, all’America, nel 1995, per poi transitare, ormai 32enne, anche dalla Serie A nel gennaio 1998, a più di sette anni da quel giorno. Sei presenze, nessuna da titolare (una anche contro l’Inter, di nuovo a San Siro), nella Sampdoria del Boskov-bis, terzo attaccante alle spalle di Montella e Signori. Ovviamente zero gol, a fronte di centinaia di salti nel tentativo di riprodurre quello che l’aveva reso immortale e che non gli riuscirà più. Dopo aver toccato per un attimo le stelle, Omam-Biyik torna sulla Terra, completando la sua parabola. Alla fine aveva ragione Isaac Newton.