Vince l'Argentina, ma non Sampaoli: il Ct che ha rinunciato alle sue idee

Mondiali
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Dagli eccessi di sicurezza alla vigilia del Mondiale alla precoce eliminazione sfiorata. Alla fine l'Argentina è approdata agli ottavi, ma per farcela il Ct ha dovuto rivedere molte delle sue certezze, dal modulo alla scelta degli uomini

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Alla fine ce l’ha fatta, Jorge Sampaoli. Ce l’ha fatta, ma non per questo ha vinto lui. Perché agli occhi di tutti ha vinto l’Argentina, intesa come la squadra, i giocatori, Messi e compagni. L’Argentina tutta tranne lui, il Ct “esautorato”.

Eppure il salto di cui si è reso protagonista è di quelli importanti: direttamente dal 1930 agli ottavi di finale del Mondiale, un salto nel tempo praticamente. Era partito malissimo, con quella sentenza che gli aveva gettato addosso Maradona, opinion leader mica da ridere in Argentina: “I moduli di Sampaoli sono del 1930”, aveva strillato prima ancora che il Mondiale iniziasse alludendo al 2-3-3-2 con cui il Ct aveva promesso di giocarsela.

Ritorno all'antico

Alla fine il famoso 2-3-3-2 non l’abbiamo mai visto: né contro l’Islanda, quando se la giocò con un trio di trequartisti dietro ad Aguero e i due interditori (Mascherano-Biglia) a dare equilibrio e geometria, né contro la Croazia, quando passò alla difesa a 3 con il centrocampo a 4, rimangiandosi tutto. Con il senno di poi, potremmo dire che la prima formazione sarebbe stata pefetta per affrontare i croati mentre con la seconda avrebbe probabilmente domato l'Islanda. Ma proprio per questo si chiama senno di poi.

In ogni caso, segnali chiari di confusione, oltre che di un’identità tattica inesistente, quasi una bestemmia per uno come Sampaoli. Segnali che lo spogliatoio ha interpretato come mancanza di polso, oltre che di idee, dando vita alle voci sul Ct esautorato dai senatori che si sarebbero fatti la formazione da soli. Che l’abbia decisa Sampaoli o che l’abbiano fatta Messi e soci, il risultato contro la Nigeria è stato il terzo XI diverso in tre gare, diverso sia negli uomini che nel modulo. E comunque, ancora una volta, non il 2-3-3-2. Per la partita più importante Sampaoli (o chi per esso) è davvero tornato all’antico, se essere antichi significa schierare qualcosa di molto simile al caro vecchio 4-4-2 (che non tradisce mai quando il nemico numero uno è la confusione) ma anche ridare un posto ai “vecchi” Banega e Di Maria, esclusi eccellenti contro la Croazia e vicini al momento dell’inno contro la Nigeria: ripescati nel momento del bisogno, non hanno tradito l'Argentina, facendo un regalo anche al Ct.

La vera Argentina sta nel mezzo

Il primo, l’ex interista poco rimpianto dal calcio italiano, si era visto solo contro l’Islanda, una mezz’ora entrando dalla panchina senza riuscire a imporsi; il secondo, dato troppo presto per finito, era stato il sacrificato eccellente contro la Croazia, nazionale zeppa di piedi buoni che Sampaoli ha deciso di affrontare rinunciando ad alcuni dei suoi, e contro la Nigeria ha vestito i panni dell’ala capace di trasformare il 4-4-2 in 4-3-3 e viceversa.

Adesso che anche il più grande detrattore del Ct, l’ex Ct Diego, ha accolto il passaggio agli ottavi esultando con le dita al cielo (quelle sbagliate, purtroppo) è chiaro che la verità stia nel mezzo, come suggerisce sempre il buon senso in questi casi. Non è vero che Sampaoli, tecnico che alle spalle ha curriculum e vittorie prestigiose a parlare per lui, ha rovinato l’Argentina come ritiene il Pibe; non è vero nemmeno che l’Albiceleste è tra le candidate alla vittoria, come sbandierava con esagerato ottimismo il Ct prima della partenza per la Russia. È vero però che il Mondiale dell’Argentina, e del suo Ct soprattutto, forse inizia da qui.