Mondiali 2018 Russia, Kasper come Peter, favola Schmeichel senza lieto fine per la Danimarca

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Tre rigori parati su sei non bastano per i quarti del Mondiale. Papà Peter lo ha guardato orgoglioso dalla tribuna e, anche senza lieto fine, la dinastia Schmeichel è una favola del pallone che ci ha abituato a veri e propri miracoli sportivi

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Peter e Kasper. Stessa faccia e stesse prodezze. Di padre in figlio coi guantoni sempre ben saldi sulle mani, quelle che hanno saputo scrivere degli autentici miracoli sportivi. Tre rigori parati su sei, praticamene una prodezza dopo l’altra. E la beffa è che alla storia ci passa soprattuto Subasic, che ne para lo stesso numero ma ne subisce uno in meno. Croazia avanti, Danimarca fuori, una favola senza lieto fine che lascia però un sorriso indelebile sul volto di Peter: “Orgoglioso di mio figlio. Quando tutte le lacrime si saranno asciugate ci renderemo conto di quanto siamo stati grandi”. Scritto su Twitter. Sì, tanto cuore e tantissimo orgoglio. Perché la sua leggenda rivive in Kasper. Capace di fermare Modric dagli undici metri e portare la sua squadra ai rigori. Sbaglia Eriksen il primo? Ci pensa Schmeichel junior, che para su Badelj. Sbaglia il quarto Schöne? Ci pensa sempre Schmeichel junior, che para anche su Pivaric. Poi però la Danimarca sbaglia di nuovo con Jorgensen, e l’ennesimo miracolo su Rakitic non riesce. Storico Kasper. Quasi da leggenda. Come quella che ha saputo scrivere con il suo Leicester sulle orme del papà.

Imprese leggendarie

1992. 1999. 2016. Tre anni quanti i miracoli, tutti in famiglia. Perché a casa Schmeichel alle imprese impossibili sono piuttosto abituati. Papà Peter, inquadrato dopo ogni grande parata del figlio sulla Croazia, in carriera ha vinto praticamente di tutto. La casa a Manchester, sponda United, anche se poi la carriera la concluderà al City, dove il figlio ha continuato la dinastia ripartendo dalle giovanili. Nel segno della continuità. Coi guantoni Red Devils sulle mai e Sir Alex in panchina 340 presenze. Cinque Premier e quel Treble conquistato nella finale di Barcellona da capitano. Due gol nel recupero che sanno ancora di leggenda. Solo però il secondo clamoroso miracolo sportivo per lui, dopo l’Europeo vinto con la Danimarca nel 1992. 2-0 in finale alla Germania, ma l'impresa prende forma già nella semifinale contro l’Olanda, che si decide ai calci di rigore. Decisivo è solo uno dei tiri dal dischetto, parato da Peter a tale Marco Van Basten. Una notte dei miracoli a cui si è presto abituato anche Kasper, capace di guidare con Vardy e Mahrez la cavalcata Leicester verso il titolo del 2016. Clamorosa. Promossi in Premier due stagioni prima. Salvi per miracolo con l’orologio indietro di soli dodici mesi. Poi campioni. E quante parate decisive per lui, Kasper, nome da fantasmino dei cartoni animati ma presenza vera in porta. 189 centimetri di altezza a chiudere lo specchio, e i guantoni già portati indosso nella pancia dell’Old Trafford quando da bambino giocava col figlio di Paul Ince. Papà Peter probabilmente era già fiero di lui fin da quei giorni. E dopo la partita contro la Croazia ancora di più. Con la maglia della sua Danimarca portata addosso, diversa da quella degli altri perché da portiere ma non meno pesante. Anche senza il lieto fine, la favola della famiglia Schmeichel è già bellissima. E unica.