Meteore delle squadre italiane, flop di mercato o semi sconosciuti al grande calcio. Alcuni hanno vinto facendo gol o lasciando un segno su quel Mondiale, altri da semplici comparse in campo per pochi (o addirittura zero) minuti. Li ricordavi?
- Meteora del Milan: un solo anno in rossonero, giocato neanche male. Ma è la squadra che arriva decima in campionato sfiorando il record negativo di posizionamento in A nell'era Berlusconi. Meteora anche in quella nazionale: zero minuti (unico di movimento a non giocare) e la scaramanzia dei suoi baffi: chi giocava li accarezzava prima dei match per buona sorte.
- Male alla Roma, ci arriva nel 2018 proprio dopo il Mondiale vinto da gregario. Aveva giocato solo tre volte in bleus prima di andare in Russia (e vincere collezionando solo spezzoni di gara). Oggi gioca in Qatar.
- Col trionfo in Brasile diventa il secondo campione del mondo dalla Samp dopo Boghossian con la Francia nel 1998. Buona e cattiva sorte insieme: non è nei ventitré ma l'infortunio dello sfortunato Reus lo lancia in squadra. Gioca due partite del girone da subentrato e gli ottavi da titolare, poi è lui a farsi male. Si godrà il trionfo dalla panchina.
- Lo ricordate nella Juve? Arriva nel 2017 ma colleziona, complici guai fisici, appena tre presenze. Storia diversa tre anni prima: al Mondiale è sempre titolare e non perde mai un minuto. Ci riproverà in Qatar ma in veste diversa: è il team manager della nazionale tedesca.
- Quintessenza della meteora della Serie A. Nel 2000 arriva all'Inter, consigliato nientemeno che dall'amico Ronaldo (che quel Mondiale lo vince da star), ma fallisce clamorosamente. Lui lento in campo, molto più rapido il soggiorno italiano, di soli sei mesi. Al Mondiale nippo-coreano gioca appena 18 minuti.
- Novanta minuti, un gol e due assist (nell'ultima del girone da già qualificati). Mica male. In Italia lo ricordiamo con le maglie di Siena e Parma, un suo gol nella finale di Coppa Italia contro la Juve (poco prima del Mondiale) consegnò al club emiliano quello che resta, ad oggi, il suo ultimo trofeo.
- Floppone di mercato del Milan: i rossoneri si fanno stregare in una partita di coppa Uefa del marzo 1996, dove il francese ne fa due e elimina i rossoneri ai quarti. Lo notano e lo comprano (nella squadra - il Bordeaux - dove giocava anche un certo Zidane). Al Mondiale di casa gioca la prima e segna la primissima rete della spedizione francese. Poi raccoglie sì e no un'ora di gioco. Ma vince.
- Con la Francia gioca tre partite (tra gironi e ottavi) e vince il Mondiale. Col Liverpool ne gioca cinque in tre anni e vince tre trofei (tra cui un'FA Cup).
- Nome tedesco ma sangue brasiliano: arriva in Italia a Torino (sponda granata) nel 1988 e promette lo scudetto. Al primo anno, di gol, ne segna undici, non male, peccato che il Toro retroceda in B. Nel 1997 passa anche da Perugia giocando solo sei partite. In mezzo il trionfo Mondiale giocando meno di dieci minuti.
- Ex Fiorentina, leggenda narra che volle inserire nel contratto una clausola per cui, a un certo numero di gol segnati, avrebbe ottenuto una cena con Sharon Stone (Cecchi Gori disse al Corriere: "Ho un vago ricordo, ma è verosimile, Sharon Stone era amica di mia moglie"). Difensore di mestiere, due gol segnati e altrettanti spediti nella propria porta. Nel Mondiale Usa gioca sempre, e sempre da titolare: fu suo l'unico errore dei brasiliani ai rigori
- Al Mondiale Usa gioca solo uno spezzone di partita e solo per quattordici minuti, ma è nella finalissima contro l'Italia. Non tira i rigori ma trionfa comunque. In carriera ha cambiato la bellezza di 22 squadre (per intenderci, il record registrato nel Guinness è di 31 del Loco Abreu). I più attenti lo ricorderanno al Valencia, unica tappa europea, nel 1995-96.
- Arriva alla Juve nel pacchetto che comprende anche Jurgen Kohler, che diventerà un perno della squadra di Trapattoni. Lui. Storia diversa per l'altro tedesco, che comunque si porta a casa il Mondiale delle Notti magiche, giocando nel girone e scivolando in panchina nei match clou a eliminazione diretta.
- Fantasista. Berlusconi se ne innamora nell'intercontinentale quando i suoi Argentinos Juniors (squadra doveva aveva raccolto eredità e investitura di "nuovo Maradona") perdono con la Juve. Lì Platini lo definì "Picasso del calcio". Al Milan non gioca mai: viene acquistato nel 1987 ma girato al Como perché i due slot stranieri sono occupati (Van Basten e Gullit). In riva al lago delude. Col terzo straniero può tornare ma Sacchi spinge per Rijkaard. Vince nel 1986 giocando due spezzoni (gli ultimi della sua carriera con la Selección)