José Mourinho che continua a inseguire Pep Guardiola, il maestro Klopp che batte l'allievo Wagner, Hazard di nuovo decisivo e i problemi dell'Everton: 7 spunti dalla 10^ giornata di Premier League
1. Pep Guardiola continua a correre veloce...
Se qualcuno pensava che il calcio fisico e iper-verticale di Tony Pulis, in forte contrasto con quello tecnico e manovrato di Pep Guardiola, sarebbe riuscito a rallentare il Manchester City, si sbagliava. A metà del girone di andata di Premier League la squadra di Guardiola ha vinto tutte le partite a eccezione del pareggio con l’Everton, arrivato in inferiorità numerica per l’espulsione di Kyle Walker (e comunque, oltre ad aver rimontato un gol con l’uomo in meno, anche il quel caso la squadra di Guardiola è apparsa semplicemente su un altro livello).
La superiorità mostrata dal City contro il West Bromwich Albion va ben oltre il 3-2 finale: lo stesso Guardiola si è lamentato delle occasioni sbagliate e dei due gol concessi, dicendo che la sua squadra avrebbe dovuto (e potuto) vincere 5-1 o 6-1. La fluidità del possesso del City è stata ancora una volta impressionante e la quantità di soluzioni offensive cui può attingere ha rafforzato l’impressione che in questo momento la squadra di Guardiola sia praticamente indifendibile.
Difendersi dalla facilità con cui De Bruyne è in grado di mettere il pallone in un punto qualsiasi del campo, dai filtranti di David Silva, dalle accelerazioni di Sané e, in generale, dall’intesa raggiunta dai “Citizens”, velocissimi ad adeguare la posizione rispetto a quella dei compagni per occupare tutti i corridoi e moltiplicare le linee di passaggio, richiede un’organizzazione difensiva perfetta. E un livello di concentrazione insostenibile per novanta minuti.
In questo caso Gabriel Jesus si è abbassato, Sané e Bernardo Silva si sono accentrati, David Silva, fuori inquadratura, è largo a sinistra, mentre Walker è come al solito alto sulla destra. Ogni corridoio è occupato e Fernandinho può scegliere tra molte linee di passaggio.
Nell’azione del primo gol, ad esempio, ci si può soffermare sul movimento con cui David Silva compensa quello ad abbassarsi di Gabriel Jesus, attirando le attenzioni di Nyom e liberando Sané alle spalle, oppure sulla velocità con cui il tedesco si sposta il pallone e poi incrocia il tiro. Il terzo gol conclude invece un possesso durato un minuto, con il City che occupa stabilmente la trequarti del WBA fino a trovare l’innesco preferito con la rifinitura di David Silva: il passaggio filtrante per l’inserimento di un terzino o di un esterno (in questo caso di Walker) con successivo cross rasoterra che trova un giocatore libero in area (nell’occasione Sterling).
A inquadrare la straordinaria brillantezza del gioco del City ci aveva pensato con un’iperbole l’allenatore del Liverpool, Jürgen Klopp, dichiarando che di questo passo Guardiola vincerà il titolo a gennaio. Ovviamente anche il City ha dei limiti: contro il WBA, ad esempio, ha concesso abbastanza facilmente due gol, un difetto che alla lunga, specie contro avversari più forti dei “Baggies”, potrebbe costare molto caro.
Nell’era della Premier League, comunque, nessuna squadra era partita così bene: 28 punti in 10 giornate, con 35 gol fatti e 6 subiti. Guardando le vette di brillantezza raggiunte dal gioco e dai suoi giocatori chiave sembrano esserci davvero le premesse per una stagione ricca di soddisfazioni per il City.
2. … José Mourinho continua a inseguire
Il cinismo di José Mourinho, quando il Manchester United affronta avversari di alto livello e si preoccupa essenzialmente di distruggere il loro gioco, resta un tema molto sentito in Inghilterra. La partita contro il Tottenham di Mauricio Pochettino, tra le squadre più in forma della Premier League, anche se privata di Harry Kane proprio pochi giorni prima della sfida, ha fornito nuovi spunti al dibattito e con questa vittoria lo United si è imposto come principale inseguitrice del City. Mourinho non ha parcheggiato il bus nella propria metà campo, come vorrebbe il luogo comune, ma ha aggredito il possesso degli “Spurs” fin dai primi istanti, riuscendo anche ad accorciare con molti uomini appena persa la palla, per provare a riconquistarla immediatamente.
La prudenza con cui lo United ha costruito l’azione, puntando a guadagnare campo velocemente con verticalizzazioni e lanci lunghi, è servita a non perdere le posizioni difensive e a non farsi sorprendere dalle possibili ripartenze del Tottenham. Ma, allo stesso tempo, ha facilitato il pressing immediato a palla persa, grazie ai duelli individuali disegnati dagli schieramenti delle due squadre.
Lo United ha appena perso palla, ma accerchia in superiorità numerica i giocatori del Tottenham e riconquista subito il possesso.
Mourinho si è specchiato nel centrocampo degli “Spurs”, piazzando il suo trequartista, Mkhitaryan, sul mediano del Tottenham, Winks, controllando poi le mezzali, Sissoko e Eriksen, con i suoi interni, Matic e Herrera. La difesa a tre, formata da Bailly, Smalling e Jones, garantiva uscite tempestive su Son e Dele Alli, mentre sulla fascia si sfidavano naturalmente gli esterni delle due squadre. Con queste marcature Mourinho è riuscito a sabotare la costruzione del Tottenham e ad agevolare il gegenpressing grazie alle distanze ravvicinate tra i giocatori, che non venivano portati fuori posizione quando lo United attaccava.
La fase di possesso dei “Red Devils” è stata tutt’altro che elaborata e si è appoggiata soprattutto sulla capacità di Lukaku di proteggere la palla o vincere i duelli aerei. L’azione che ha portato al gol vittoria di Anthony Martial è davvero essenziale: David de Gea ha lanciato su Lukaku, che è saltato indisturbato e di testa ha servito un assist perfetto per Martial alle spalle della difesa avversaria.
In definitiva il Tottenham ha sofferto l’aggressività dello United e l’assenza di Harry Kane, in forma strepitosa in questo inizio di stagione (è capocannoniere sia in Premier che in Champions League) e prezioso anche spalle alla porta per far guadagnare metri alla squadra. Specie nel primo tempo, gli “Spurs” hanno insistito con i passaggi lunghi per uscire dalla pressione dei “Red Devils” e attaccare velocemente la profondità, ma Son e Alli sono stati dominati fisicamente dai tre centrali difensivi dello United.
Mauricio Pochettino non è riuscito a cambiare il contesto imposto da Mourinho e dopo aver rischiato diverse volte di andare in svantaggio, è stato punito da un’indecisione dei suoi tre difensori centrali: Alderweireld ha lasciato Lukaku libero di saltare, Dier (impeccabile fino a quel momento) non ha coperto bene la profondità ed è stato battuto in velocità da Martial, Vertonghen poi, attirato inizialmente da Lingard, non ha coperto il compagno ed è arrivato in ritardo sul tiro del francese.
Con quello di Martial, lo United ha segnato quasi la metà dei suoi gol in campionato negli ultimi 10 minuti, mentre il francese ha segnato per la quarta volta partendo dalla panchina. Mourinho ha insomma tante soluzioni per cambiare la partita in corsa e può contare su una superiorità fisica e atletica che diventa decisiva soprattutto quando le energie stanno per finire.
Nelle sette partite giocate in casa da inizio stagione il Manchester United ha subito un solo gol: quello arrivato nei minuti di recupero di una partita di Coppa di Lega contro il Burton Albion, con il punteggio sul 4-0 per lo United. In Premier League, de Gea è ancora imbattuto. Inoltre, Mourinho può vantare il secondo miglior attacco del campionato (ma con ben 12 gol segnati in meno rispetto al Manchester City) e all’Old Trafford viaggia a una media di poco superiore ai 3 gol a partita. Il suo atteggiamento iper-difensivo negli scontri diretti è senza dubbio criticabile, quel che interessa al portoghese è non aver allungato la distanza dal Manchester City.
3. Il Maestro Klopp ha battuto l’Allievo Wagner
L'impianto narrativo della sfida tra Liverpool e Huddersfield poggiava soprattutto sul rapporto d’amicizia fraterna - nel calcio come nella vita fuori dal campo - tra Jürgen Klopp e David Wagner, legati tra loro da una longeva collaborazione iniziata a Mainz, passata per Dortmund e finita per dividersi in Premier League, dove era inevitabile si presentasse prima o poi il topos del Maestro contro l’Allievo.
Reduci dall’imbarcata di una settimana fa contro il Tottenham (4-1 per gli “Spurs”), il primo obiettivo del Liverpool era quello di non subire gol: ne ha concessi già 16 quest’anno, seconda peggior difesa tra le prime dieci in classifica. Oltre a questo, Klopp è stato costretto a sostituire in extremis Lovren, mettendo in campo l’estone Klavan (la cui ultima partita da titolare in campionato era stata la manita subita contro il City).
Di contro, l’Huddersfield ha praticamente rinunciato alla sua fase offensiva, tirando contro Mignolet solo una volta, ben oltre l’ora di gioco, su punizione. Wagner ha improntato il piano gara su un costante arrocco difensivo: il suo 4-5-1 serratissimo, con le linee di difesa e centrocampo molto strette, ha assunto le sembianze di un Fort Alamo intestardito, anche se dal destino segnato.
Nel secondo tempo la difesa dell’Huddersfield ha cominciato a creparsi pur senza sbriciolarsi. Il vantaggio dei "Reds" è arrivato solo grazie a una sfortunata deviazione di Tommy Smith, che a cavallo tra i due tempi è stato risucchiato nella spirale di un piccolo incubo personale (autore anche di un fallo da rigore su Firmino a fine primo tempo, poi sbagliato da Salah). Dato che nell’amicizia quel che conta di più è la coerenza e la trasparenza, Wagner ha continuato a difendere strenuamente fino alla fine, ben oltre il terzo gol di Georginio Wijnaldum.
Il Liverpool è tornato a vincere in Premier League dopo più di un mese e si è avvicinato alla parte di classifica che conta veramente (con solo 4 punti di distacco dal Tottenham terzo). L’Huddersfield galleggia a distanza di sicurezza dalle ultime tre posizioni e di più a Wagner non si poteva chiedere a inizio stagione. Insomma, tutti felici e contenti. Il Maestro è ancora Maestro e l’Allievo ha ancora qualche esame da fare prima di tentare il sorpasso.
4. Wilfried Zaha ha spezzato il cuore al West Ham
Uno dei meccanismi intimidatori da sciorinare sui social prima di una sfida è sottolineare quanto fossi in forma l’ultima volta che hai affrontato il tuo avversario, serve a far tremare il cuore dei pavidi. Per questo il West Ham ha ricordato al Crystal Palace, prima della partita, il gol in rovesciata di Andy Carroll.
Tornando all’attualità più stretta, il West Ham aveva eliminato il Tottenham nel turno infrasettimanale di Carabao Cup, vincendo 3-2 in rimonta, alimentando un’ottimistica tracotanza. E l’andamento del match con il Crystal Palace ha rispecchiato lo stato degli "Hammers", in vantaggio di due reti dopo i primi 45 minuti: il primo gol è arrivato da una bella azione corale conclusa da Chicharito, il secondo è un coniglio estratto dal cilindro di André Ayew.
Però, poi, il dramma è tornato a specchiarsi nelle bolle di sapone. Il Crystal Palace ha prima accorciato le distanze con Milivojevic, poi ha fatto raggiungere il culmine della disperazione al West Ham con la rete del pareggio di Zaha in pieno recupero, al 96’. Un gol che ha soffocato in gola agli "Hammers" la gioia per il ritorno alla vittoria in Premier, e che deve aver infranto molti cuori, come si capisce dalle parole usate nel tweet. Poche, frammentate, come chi sta vivendo un attacco cardiaco.
5. L’eroe dell'Arsenal è… Sead Kolasinac
All’ottocentesima panchina di Arsène Wenger dovrebbe ormai essere chiaro che il suo Arsenal ha una certa predisposizione per gli unsung heroes, calciatori oggettivamente non fenomenali (tipo Bendtner, Kanu o Flamini) eppure capaci di ritagliarsi piccoli intimi culti. L’ultimo in ordine d’apparizione, nel successo per 2-1, in rimonta, dell’Arsenal contro lo Swansea, è Sead Kolašinac. L’esterno sinistro nel 3-4-2-1 di Wenger è stato autore di una partita pressoché perfetta: 92% di passaggi riusciti, coinvolgimento massivo nella manovra, 7 coperture, ma soprattutto il gol del momentaneo pareggio e l’assist per il definitivo 2-1 segnato da Ramsey.
I culti, si sa, riescono bene nelle cattedrali: nelle prime 6 gare all’Emirates della sua carriera coi "Gunners" il bosniaco ha già collezionato 3 assist e 2 gol, trovandosi direttamente coinvolto in 5 delle 13 reti segnate in casa, alimentando così un senso di comunione ecumenica. Con Bellerín arginato da Clucas sulla destra, Kolašinac ha scardinato lo Swansea trasformando il suo out in una prateria in cui far risuonare uno stampede solista. Ha esercitato un controllo su entrambe le fasi - Wenger ha detto che il suo segreto sta nel «difendere offensivamente» - raggiungendo il Nirvana dell’autocompiacimento poco prima dell’uscita dal campo, con un assist di tacco per Alexis: un tipo di giocata che riesce solo quando ti senti al culmine della fiducia nei tuoi mezzi.
Nel mezzo ci sono state sovrapposizioni, tagli verso gli spazi di mezzo per spalancare la fascia ad Alexis, veli intelligenti, ma anche intercetti e recuperi gloriosi. Kolašinac ha il fisico perfetto per la Premier League: possente e imperioso, ma con una corsa rapida, in più ha una buona tecnica di passaggio, unita a un buon tiro.
La sua completezza, evidente contro lo Swansea, è ancora più sorprendente in un contesto come quello della Premier League, in cui alcuni tra i principali, e più altisonanti, colpi di mercato sono stati quelli di calciatori che ricoprono il ruolo di esterno (Mendy, Danilo, Kyle Walker, Serge Aurier). L’infortunio che lo ha costretto a uscire non gli precluderà la presenza contro il Manchester City, in cui dovrà dimostrare di essere qualcosa di più di un meme particolarmente azzeccato.
6. Al Chelsea basta l’impertinenza di Hazard
Per non perdere il treno delle inseguitrici e consolidare il quarto posto in classifica rimanendo sulla scia - a un solo punto di distanza - del Tottenham, il Chelsea doveva superare indenne la trasferta di Bournemouth. I grattacapi di Antonio Conte riguardavano soprattutto la tenuta difensiva del centrocampo: l’assenza per infortunio di N’Golo Kanté sta infatti costringendo il tecnico a schierare da un mese a questa parte una coppia di doble pivote formata da Fàbregas e Bakayoko, tutt’altro che a compartimento stagno: senza il francese, nelle ultime tre partite (la sconfitta contro il Crystal Palace, il pareggio in Champions League con la Roma e la vittoria casalinga con il Watford), i Blues hanno subito sette reti. E però, a scacciare ogni preoccupazione con la sfrontatezza di una linguaccia, al Chelsea è bastata la giornata particolarmente ispirata di Eden Hazard.
Il belga, in un primo tempo decisamente soporifero, ha monopolizzato la portata offensiva del Chelsea, creando da sé 6 chances da rete, più di tutti gli altri giocatori in campo messi insieme. E in avvio di ripresa, rompendo un digiuno che durava fuori casa dall’aprile scorso (per una casualità più divertente che significativa, gli ultimi a subire un gol di Hazard tra le proprie mura erano stati proprio i “Cherries”), ha raccolto un lancio intelligente di Morata e battuto Begoviċ con un mancino secco sul suo palo.
A fine partita Hazard ha dichiarato di divertirsi particolarmente a giocare contro il Bournemouth. L’impertinenza del numero dieci belga, protagonista anche di un poco malizioso, ma ficcante trolling verso Begoviċ (suo compagno di squadra la stagione scorsa), è davvero l’ultima delle cose di cui Conte sa di doversi preoccupare.
7. L’Everton resta all’inferno
Aggiornamento sulla stagione disastrosa vissuta fin qui dall’Everton: David Unsworth, manager ad interim dopo l’esonero di Ronald Koeman, ha perso la seconda partita di fila, contro l’altra delusione di questa Premier, il Leicester. I “Toffees” restano in zona retrocessione, con 6 sconfitte nelle prime 10 giornate e ben 20 gol subiti.
Il protagonista assoluto della partita è stato Demarai Gray, che con un’accelerazione strepitosa palla al piede ha prima attivato Riyad Mahrez e Jamie Vardy, in una transizione che ha ricordato quelle micidiali della squadra di Claudio Ranieri, e poi ha segnato il definitivo 2-0, aiutato dalla deviazione di Kenny. Con questo successo all’esordio Claude Puel ha momentaneamente sistemato la classifica del Leicester, che rischiava di essere risucchiato in zona retrocessione.
L’esonero di Koeman non ha dato invece gli effetti sperati: l’Everton non ha invertito la rotta e ai problemi tecnici e tattici e alla mancanza di fiducia ha aggiunto l’incertezza relativa all’allenatore. Unsworth è stato promosso dal settore giovanile, ma potrebbe essere sostituito da un tecnico più esperto. Chiunque si siederà sulla panchina dei “Toffees” nelle prossime settimane avrà l’ingrato compito di raddrizzare una stagione iniziata come peggio non si potrebbe.