Conte-Mourinho, duello verbale infinito: tutte le loro frecciate

Premier League

Vanni Spinella

Un anno di battibecchi, battute maliziose, duelli dialettici a distanza. Dallo Special One che rimprovera il collega per un'esultanza esagerata alla replica di Conte che si augura di "non fare la fine di Mourinho". Aspettando il verdetto del campo

Conte contro Mourinho, atto IV. Troppo simili per non fare scintille ogni volta che si sfiorano: da quando siedono sulle panchine di Chelsea e Manchester United non si sono risparmiati frecciate e battutine. Ecco a voi un anno di duelli verbali di altissimo livello.

23 ottobre 2016
“Non si esulta così”

Tutto ha inizio un anno fa, in occasione del loro primo incrocio in Premier League. Conte, dopo la lezione di calcio inflittagli da Wenger (3-0 per l’Arsenal) ha virato sul 3-4-3 dando una svolta alla stagione del Chelsea, lo United zoppica ed è ancora alla ricerca di un’identità precisa. Il tema attorno a cui ruota tutto, però, è un altro. Conte è il nuovo idolo di Stamford Bridge, con il suo modo di festeggiare lanciandosi tra i tifosi come una rockstar, con la sua gestualità tutta italiana, con un attaccamento all’ambiente Blues come se vivesse lì da sempre. E a Mourinho, diciamolo francamente, non va giù che al Chelsea abbiano divinità da idolatrare all’infuori di lui. Non lo ammetterà mai, ma è così.

Sul campo, il Chelsea distrugge lo United con un 4-0 che non ammette repliche, Conte incita la folla a più riprese, sbracciandosi e chiamando applausi per i suoi che stanno dando spettacolo. Al fischio finale, al momento della rituale stretta di mano tra i due allenatori, Mou fa presente di non aver gradito quel tipo di comportamento. Si avvicina all’orecchio di Conte, come se dovesse dirgli qualcosa di riservato, ma poi in modo plateale (niente è casuale, quando si tratta di Mourinho) lo ammonisce in italiano: "Non si esulta così sul 4-0, puoi farlo sull'1-0 altrimenti è un'umiliazione per noi". Poi, senza dare modo a Conte di replicare, si gira e se ne va. La risposta dell’allenatore del Chelsea arriva poco dopo, davanti alle telecamere: “Sono stato un giocatore e so come si fa. Ho voluto chiamare lo stadio a fare un applauso alla squadra anche sul 4-0, perché lo meritava. Non sbeffeggio nessuno, me ne guardo bene”. Una sincera giustificazione, anche se, a voler essere maliziosi, quella frase con cui esordisce sembra proprio rivolta a José…

13 marzo 2017
“Giuda number one”

Qualche mese dopo, quando il Chelsea è ormai lanciato verso il titolo, Mourinho ha l’occasione per prendersi la rivincita nei quarti di finale di FA Cup. Purtroppo per lui vince ancora il Chelsea (1-0), ma stavolta Conte se la deve sudare parecchio. Niente esultanze plateali, niente dolci paroline sussurrate all’orecchio: i due si urlano qualsiasi cosa durante tutta la partita, agitandosi come leoni in gabbia nelle proprie aree tecniche e incrociandosi a metà strada dove un allibito quarto uomo deve cercare di domarli. Il contatto vero e proprio avviene, pare, negli spogliatoi. Conte lamenta le tattiche di “anticalcio” di Mourinho (“Dallo United abbiamo preso solo calci, questo non è calcio”), il portoghese replica rispondendo ai suoi ex-tifosi, che l’hanno insultato durante la partita e gli danno del traditore. “Finché un allenatore non vince 4 titoli al Chelsea, io sono il numero uno. Io Giuda? Sì, ma Giuda number one”. Ancora una volta semplicemente geniale.

16 aprile 2017
“L’Inter? Sono voci…”

Alla vigilia del terzo atto, la gara di ritorno di campionato, i due contendenti si sono dati una calmata. Conte è concentrato sulla corsa al titolo, ma inevitabilmente iniziano a circolare le voci che anticipano il mercato estivo. Una di queste vuole l’allenatore italiano come primo nella lista dei desideri della nuova proprietà cinese a capo dell’Inter. Dopo il Chelsea, l’Inter: potrebbe esserci di peggio per Mou che vedere il nemico mettersi con le due ex che più ha amato? Conte non conferma e non smentisce, dando risposte vaghe e derubricando lo scontro totale con il portoghese a “semplice conflitto sportivo”. Botta e risposta finale: Mou: “Conte è favorito, loro non giocano le coppe”, Conte: “Sentivo le stesse cose quando allenavo la Juve”.

Sul campo finisce 2-0 per lo United, che riapre il campionato ridonando speranza al Tottenham (adesso a -4) e a fine gara solo dichiarazioni mosce. Conte: "Hanno meritato di vincere mettendoci più voglia. José è riuscito a trasmettere quello che non sono riuscito a fare io, è colpa mia". Mourinho: "Non provo una gioia particolare per aver battuto il Chelsea, sono solo contento perché abbiamo fermato i primi in classifica”. Dai, ragazzi, si può dare di più.

29 luglio 2017
“Non faremo la fine del Chelsea di Mourinho”

Una nuova stagione ai nastri di partenza, Conte ha in testa la corona di re della Premier. Confermarsi è ancora più difficile, si dice in questi casi. E l’allenatore dei Blues, per ribadirlo, usa un esempio che non sembra per nulla casuale. “Sappiamo che la prossima stagione sarà difficile e cercheremo di evitare quello che è successo a Mourinho all’inizio del 2015”, dice ai giornalisti nel corso della tounée estiva, dopo la sconfitta con l’Inter a cui era stato accostato. “Due anni fa il Chelsea è finito decimo dopo aver vinto la Premier League e non può succedere di nuovo. Gli allenatori delle due precedenti squadre Campioni d'Inghilterra, Chelsea e Leicester, sono stati esonerati l'anno successivo”.

Un siluro su Mourinho, chiamato in causa direttamente facendo il suo nome (non sarebbe bastato parlare del “Chelsea 2015”?); è un caso che Ranieri, invece, sia stato risparmiato, parlando più vagamente dell’ “allenatore del Leicester”? Finezze linguistiche, forse solo deliri di chi immediatamente si mette a fare l’analisi logica di qualsiasi frase esca dalla bocca dei due. Ad ogni modo, per la risposta di Mourinho bisogna attendere solo il tempo che il messaggio arrivi a destinazione.

30 luglio 2017
“Non voglio perdere i capelli parlando di lui”

Malizia chiama malizia. E se ci si mette a duellare su questo piano con José Mourinho, difficilmente si esce vincitori. Incassato il colpo, il portoghese finge indifferenza, ma le parole che sceglie sono peggio di un attacco frontale. Mou si attacca letteralmente al capello e colpisce: "Non so, potrei rispondere in molti modi…” (esordio soft, che preannuncia sempre la deflagrazione) “… ma non ho intenzione di perdere i miei capelli parlando di Antonio Conte”. Boom! Ogni riferimento non è puramente casuale. Così come non lo è nemmeno la fissazione tricologica di Mourinho, che già una volta, per replicare a Guardiola – altro storico nemico – aveva detto: “Solo chi non ama il proprio lavoro perde i capelli. E Pep è calvo perché non gli piace il calcio”.

19 ottobre 2017
“Piangi sempre”, “Pensa ai fatti tuoi”

Nelle ultime settimane Mourinho ha trovato un nuovo tasto su cui battere: gli infortuni. Come alla vigilia di questa nuova sfida che li attende a Stamford Bridge: “Se lo United non ha ricevuto i complimenti che merita è colpa mia, dovrei piangere ogni settimana per i nostri infortunati e ricordarli ogni giorno, conferenza dopo conferenza. Io invece non parlo mai di Pogba, se non quando mi chiedete come sta. E non c'è solo lui fuori, mancano anche Fellaini, Carrick, Ibra, Rojo”. Strategia geniale, quella di parlarne sottolineando il fatto di non parlarne.

Mou comunque era partito alla carica con il suo ritornello già a metà ottobre, quando ancora non c’era nessuno scontro diretto in vista. “Io non parlo mai di infortuni. Altri allenatori piangono, piangono, piangono sugli infortuni dei propri giocatori. Se volessi lamentarmi e piangere come fanno altri, potrei farlo per cinque minuti di fila”.

Semplice capire chi fosse il vero bersaglio anche in quel caso: solo due giorni prima, alla vigilia della sfida di Champions contro la Roma, Conte aveva sottolineato quanto fosse difficile giocare ogni tre giorni, con una squadra falcidiata dagli infortuni, Kantè e Morata su tutti. “Mourinho passa un sacco di tempo a pensare al Chelsea”, replica Conte. “Anche l'anno scorso faceva così. Io dico che farebbe meglio a pensare agli affari suoi, alla sua squadra e basta. Guardi in casa propria, non in quella degli altri”. Uno psicanalista direbbe che, per Mourinho, quella è ancora casa sua.