Ha portato il club fuori dalla zona retrocessione dopo una partenza da incubo. Ha dato un gioco alla squadra. Ha fermato Guardiola. La seconda giovinezza del “vecchio” Hodgson, allenatore vero
Un tempo, quando i calciatori di Serie A si prestavano con autoironia per registrare la più bella sigla che un programma sportivo abbia mai avuto – Ruud Gullit che suona come un tamburo la pelata di Attilio Lombardo vi dice qualcosa? – capitava anche che un distinto allenatore del sud di Londra appena giunto in Italia accettasse le lezioni di inglese del fantomatico Mr Flanagan, sbarcato “at the Pinetaina for some questions”. Imparammo così a conoscere Roy Hodgson, un bizzarro personaggio in impermeabile e capello phonato effetto cotonato che parlava esattamente come ci si aspetta che un inglese parli l’italiano, con quella inflessione che fa molto Stanlio e Ollio.
A distanza di vent’anni, il vecchio zio Roy non è passato di moda, anzi, sta vivendo una seconda giovinezza. Ha abbandonato l’impermeabile, rubato il piumino ai colleghi più sportivi; i capelli si sono imbiancati ma senza perdere la riga di un tempo, il volto inevitabilmente segnato sul quale però spiccano sempre i due occhietti vispi e azzurrissimi.
Impossibile non provare simpatia per lui, ma le ultime due partite del Crystal Palace ci hanno restituito soprattutto un allenatore vero, di quelli che determinano un risultato, influiscono sulla partita con le loro scelte. Sul piano squisitamente tattico l’attuale Palace è una delle squadre che giocano meglio in Premier. E, non con il bel gioco ma sfoderando altre qualità, è stato capace di fermare il City di Guardiola. Se non è un miracolo poco ci manca, visto come era messo il club di Londra solo poche settimane fa, principale candidato alla retrocessione.
D'altra parte, nel corso degli anni, Hodgson si era già costruito la fama di quello che si esalta alla guida dei piccoli club. Ci era riuscito con l’Halmstad, sul finire degli Anni Settanta: un vero miracolo sportivo, quello del club svedese portato dalla retrocessione sfiorata al titolo nazionale. Si era ripetuto con il Fulham, preso in corsa nel 2007 e condotto, dopo un inizio da cacciata immediata, alla finale di Europa League due stagioni dopo, persa solo ai supplementari contro l’Atletico Madrid. Per non parlare dei bei ricordi lasciati al Malmoe (due campionati vinti negli Anni Ottanta) o in Svizzera (nazionale portata al Mondiale ’94 facendo sudare tantissimo Sacchi nelle gare di qualificazione). Male, invece, alla guida delle grandi: all’Inter, dove tuttora è ricordato esclusivamente come l’uomo che cedette Roberto Carlos e che riuscì a far uscire dalla grazia di Dio Zanetti (finale di Uefa 1997, storico litigio poco prima dei calci di rigore decisivi); al Liverpool, dove è stato votato come “il peggior allenatore della storia del club”; da Ct della Nazionale inglese, mai amato e spesso deriso dai media.
Un uomo incompreso, come si legge sul volto di Pagliuca e Zamorano
Al Palace era arrivato a metà settembre, chiamato d’urgenza per risollevare il club in cui aveva iniziato la carriera da giocatore (ma senza fortuna), dopo una partenza che lo metteva in competizione con il Benevento per il titolo di peggior squadra d’Europa. Sotto la guida di Frank de Boer (a proposito di ex-interisti, ma con pochissima autoironia), il Crystal Palace aveva giocato le prime 4 di campionato, perdendole tutte. Non solo: zero gol segnati, alla faccia del calcio d’attacco che l’olandese sbandierava.
La scelta di Hodgson, rimasto a piedi dopo le dimissioni da Ct dell’Inghilterra (eliminato agli ottavi dell’Europeo 2016 per mano dell’Islanda), viene accolta con scetticismo e i primi risultati sembrano dare ragione a chi lo ritiene ormai inadatto e continua a trattarlo come una macchietta. Roy parte malissimo, facendo anche peggio del suo predecessore. Ma ha la scusa del calendario: dopo l’esordio con sconfitta che ci può stare perché nessuno ha la bacchetta magica (1-0 contro il Southampton), incontra una dopo l’altra le due superpotenze di Manchester, incassando in tutto 5+4=9 gol e portando a 7 la striscia di gare consecutive senza uno straccio di gol fatto; così, quando alla quarta c’è il Chelsea, tutto sembra già predisposto per il funerale.
Questa volta, però, è Roy a dare una lezione, di calcio inglese, all’italiano Antonio Conte: un 2-1 che è una boccata d’ossigeno, dato che seguiranno altre 2 sconfitte (in Premier con il Newcastle e in League Cup, un pesante 4-1 contro il Bristol City), ma anche un segnale di risveglio, il classico bip che rivela la presenza di parametri vitali. A distanza di due settimane, il 28 ottobre, il secondo bip, al 97°: sotto 2-1 contro il West Ham trova il pari nel recupero del recupero. Poi ancora una sconfitta, ma solo 1-0 in casa del Tottenham di Kane (rimasto a secco) e nuovo 2-2, stavolta con l’Everton, che inaugura la striscia di imbattibilità di 8 partite con cui il Palace pian piano risale la classifica, facendo punti con tante altre medio-piccole.
Un autunno meraviglioso, che si chiude quando l’Arsenal impone la legge del più forte vincendo comunque di misura (3-2) e grazie solo allo sconfinato talento di Alexis Sanchez che la decide con una doppietta in 5 minuti. Si arriva così al 31 dicembre, quando Hodgson e i suoi ospitano il Man City reduce da 18 successi di fila e alla ricerca del diciannovesimo per replicare il record già stabilito da Pep Guardiola con il suo Bayern Monaco.
Il vecchio Roy sfodera la sua arma migliore, ovvero quella capacità di adattarsi all’avversario di turno, specie quando è più forte, che è figlia dell’umiltà e dell’intelligenza. Passa dall’abituale 4-2-3-1 con cui ha ridisegnato il Crystal Palace al 4-3-3, per poter fronteggiare al meglio il centrocampo di palleggiatori del City grazie al sacrificio delle due ali che si abbassano. Densità tremenda nel cuore della battaglia, pressing e raddoppi forsennati, la giusta dose di cattiveria, concentrazione massima. Il pallone? Che lo tenga pure chi lo fa girare meglio (il Palace chiuderà con il 26% di possesso palla), ma appena lo si riconquista via con la ripartenza veloce. Così uno stoico Crystal Palace tiene lo 0-0 e potrebbe persino vincerla, al 90°, quando Zaha guadagna un rigore che Milivojevic si fa parare da Ederson. Sarebbe stata la prima sconfitta in campionato per Guardiola.
Due giorni dopo, Hodgson incomincia l’anno nuovo prendendosi la rivincita sul Southampton che l’aveva battuto appena arrivato: 2-1 in rimonta, il gol della vittoria lo firma proprio Milivojevic con la sua prima rete su azione in questa stagione. Vittoria e sorpasso in classifica sui Saints, cacciati giù al confine con la zona rossa. “Abbiamo affrontato tante partite difficili che ci hanno messo a dura prova”, commenta zio Roy. “Questa è la ricompensa per i punti che non siamo riusciti a ottenere nelle precedenti due partite”. A livello personale, la rivincita su chi lo considerava bollito, una buffa caricatura che in Italia sbagliava persino la pronuncia del suo nome.