Show di 12 minuti dell'allenatore portoghese in conferenza stampa: "Dal 2011-12 la squadra non è mai andata oltre i quarti di finale. Io ho vinto l'Europa League e in passato ho anche migliorato il Real Madrid. Il City? Sono stati fatti investimenti in passato, l'anno scorso allo United sono andati via tutti"
L’eliminazione dalla Champions League non è stata ancora digerita dalle parti di Manchester, sponda United. Per un club di grande tradizione come i Red Devils sembrava difficilmente pronosticabile un’uscita così veloce dalla competizione. Se si vanno ad analizzare gli ultimi anni però, fatta eccezione per l’Europa League della scorsa stagione, il Manchester ha sempre faticato fuori dai propri confini ed è su queste statistiche che José Mourinho, in un’arringa personale durata 12 minuti, si è difeso in conferenza stampa. “Esiste un’eredità calcistica – ha esordito l’allenatore portoghese -. E ciò che ho ereditato è che l’ultima volta che lo United ha vinto la Champions League, e non è successo molte volte, è stato nel 2008. Nel 2011-12 è uscito alla fase a gironi, nel 2013 è stato eliminato all’Old Trafford negli ottavi e io ero sull’altra panchina (quella del Real Madrid ndr). Nel 2014 è andato fuori ai quarti di finale, l’anno successivo non ha partecipato a nessuna competizione europea. Nel 2016 i Red Devils sono tornati in Europa, uscendo alla fase a gironi di Champions e poi venendo eliminati agli ottavi. Nel 2017 giocano l’Europa League, con me in panchina, la vincono e tornano in Champions League. Quest’anno hanno vinto la fase a gironi con 15 punti raccolti su 18 e poi sono stati eliminati dal Siviglia. Quindi, in sette anni con quattro diversi allenatori, una volta non si sono qualificati per l'Europa, due volte sono usciti alla fase a gironi e il miglior risultato è stato il quarto di finale. Questo è stato il patrimonio che ho raccolto".
"Qui c'è stato un ricambio, il City ha fatto investimenti nel passato"
Lo Special One ha poi confrontato la sua squadra con quella del City, soffermandosi sulla differenza di approccio con cui ha dovuto confrontarsi rispetto al collega Guardiola: “L’ultima vittoria della Premier dello United è arrivata nel 2013, poi il risultato migliore è stato il quarto posto – ha detto Mou -. Il City invece negli ultimi sette anni non è mai sceso sotto la quarta posizione, vincendo due volte il campionato e arrivando due volte secondo. Quando parlo di eredità raccolta parlo anche dei calciatori. Otamendi, De Bruyne, Fernandinho, David Silva, Sterling, Aguero sono tutti investimenti del passato, non effettuati negli ultimi due anni. Lo United ha effettuato un ricambio la scorsa stagione e ora vedete i giocatori che sono partiti dove giocano, come giocano e se giocano. Quando un giorno me ne andrò, il prossimo allenatore del Manchester United troverà già qui gente come Lukaku, Matic e De Gea. Troverà giocatori con mentalità, qualità, background diversi e una grande esperienza. Non è un caso che ai quarti c'è sempre il Barcellona, il Real, il Bayern Monaco, la Juve. Solo a volte trovi club come la mia Inter o come il Monaco l’anno scorso”.
"Ho risollevato anche il Real. Io non scappo, sarò il primo a entrare in campo..."
Durante il suo monologo Mourinho ha anche parlato della sua precedente esperienza al Real Madrid: “Quando sono arrivato ai Blancos sai quanti giocatori avevano già raggiunto i quarti di finale della Champions League? Solo Xabi Alonso con il Liverpool, Casillas con il Real Madrid e Cristiano Ronaldo con lo United”. Il portoghese ha poi chiuso la conferenza con una riflessione personale: “C'è un detto che mi piace: ogni muro è una porta. Non ho intenzione di scappare o sparire o piangere perché ho sentito alcuni fischi. Non inizierò a correre per sparire via dal tunnel. Nella prossima partita sarò il primo ad entrare in campo. Non ho paura delle mie responsabilità. Sono felice di quello che ho visto nei miei giocatori dopo il ko, c’era gente triste e frustrata. Non c’è tempo ora però di restare in lutto e ci siamo allenati bene. Potevo essere in un altro Paese e avere il campionato in tasca, ma sono qui e sarò qui. Quando avevo 20 anni non ero nessuno nel calcio, ero solo il figlio di qualcuno, con molto orgoglio. Ora a 55 anni sono quello che sono, grazie al mio lavoro, al mio talento e alla mia mentalità. Capisco che per molti anni è stato davvero difficile per le persone a cui non piaccio perché mi vedevano e dicevano: «Eccolo qui di nuovo a vincere». Da 10 mesi non vinco nulla. Ho battuto il Liverpool, il Chelsea, ho perso contro il Siviglia e ora è il loro momento di essere felici. Nella mia formazione religiosa ho imparato ad essere felice con la felicità degli altri. E così sia, sono un ragazzo davvero felice".