Coronavirus, in Inghilterra Johnson rinvia l'apertura degli stadi

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Il primo ministro Boris Johnson annuncia che la diffusione del virus non rende possibile la riapertura degli stadi il primo ottobre, come ipotizzato in un primo momento. Enorme il danno economico per i club di Premier: perdite per 700 milioni di sterline nella scorsa stagione, 100 milioni al mese in quella attuale

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L’Inghilterra fa i conti con l'ancora crescente diffusione del coronavirus e, tra le conseguenze, c’è anche il rinvio della data di riapertura degli stadi al pubblico, in un primo momento fissata per il primo ottobre dal primo ministro britannico Boris Johnson. “Dobbiamo riconoscere che la diffusione del virus influisce sulla nostra capacità di riaprire conferenze economiche, mostre ed eventi sportivi - ha detto -. Quindi non saremo in grado di farlo il primo ottobre e sono consapevole di quello che significa per le nostre società sportive, che sono la vita e l’anima delle nostre comunità”. Adesso, infatti, si iniziano già a fare proiezioni sulle possibili ricadute economiche, calcolando i danni a cui porterebbe la chiusura prolungata degli stadi.

Premier, apertura degli stadi rinviata

Una priorità a cui, assicura Johnson, stanno già lavorando il Ministro dell’Economia e il Segretario di Stato per la Cultura “con urgenza”, per vedere “ciò che possiamo fare per sostenere le società sportive”. In precedenza già il ministro di Stato Michael Gove aveva annunciato che una “riapertura di massa” degli stadi non sarebbe stata opportuna, nonostante le difficoltà finanziarie incontrate dalla comunità sportiva a causa della crisi economica derivante dalla pandemia. Nei giorni scorsi si erano svolti diversi eventi pilota, con una capienza limitata a 1.000 spettatori, nella speranza di un ritorno di un maggior numero di persone negli stadi britannici dall’inizio di ottobre. Ma quelli previsti nei prossimi giorni, come alcune partite di rugby, sono stati cancellati e alla fine si terranno a porte chiuse. Diverse competizioni, tra cui i campionati inglesi di calcio e rugby, sono riprese a porte chiuse dopo mesi di interruzione a causa della pandemia.

Il danno economico per i club

Logicamente preoccupata la Premier League, che rappresenta l’elite dei club inglesi e che inizia a fare la stima delle possibili perdite: “Il calcio non è lo stesso senza la presenza dei tifosi e la sua economia non è praticabile senza di loro - ha scritto in un comunicato - La scorsa stagione le società della Premier hanno subìto perdite per 700 milioni di sterline e attualmente stanno perdendo oltre 100 milioni al mese”. Una situazione che “sta iniziando ad avere un effetto disastroso sui club”. Preoccupazione anche da parte della EFL, la Lega calcio inglese che gestisce la Seconda, la Terza e la Quarta Divisione e dunque rappresenta i club più piccoli, che oggi ha lanciato l’allarme avvertendo dell’effetto devastante che l’assenza del pubblico potrebbe avere a lungo termine, stimando in 200 milioni di sterline (218 milioni di euro) la perdita per tutti i club che gestisce nella stagione 2020/21, se si svolgesse interamente senza spettatori negli stadi.

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