Wayne Rooney si racconta tra calcio, alcol e paura di morire
L'ex attaccante del Manchester United si racconta in un documentario in uscita, parlando apertamente dei problemi con l'alcol, delle risse in cui era coinvolto da ragazzo e dei suoi errori. "A 18 anni sentivo di essere il più forte del mondo. Con Ferguson litigai dopo la cessione di Ronaldo e Tevez". Poi la confessione choc: "Tacchetti appuntiti per fare male ai giocatori del Chelsea"
I problemi con l'alcol, la paura di morire, l'infanzia violenta: l'ex centravanti del Manchester United, Wayne Rooney, si racconta in un documentario in uscita, senza censure. Una carriera ricca di vittorie, trofei, traguardi raggiunti (è tuttora il miglior marcatore all time con la maglia dell'Inghilterra e con quella del Manchester United), in cui però non mancano lati oscuri e demoni che l’hanno accompagnato fin da ragazzo.
Ecco alcune anticipazioni del documentario, raccolte dalla BBC.
I PROBLEMI CON L'ALCOL
Pur negando di essere mai stato un alcolizzato, Rooney parla apertamente delle sue grandi bevute, ammettendo che avrebbero potuto anche ucciderlo, o uccidere qualcun altro. Un problema che ha dovuto gestire da solo, senza poterne parlare apertamente. "Dieci o 15 anni fa non si poteva entrare in uno spogliatoio e dire: 'Ho problemi con l'alcol, ho problemi mentali'. Semplicemente non si poteva".
LE RISSE DA RAGAZZINO
Trentasei anni, Rooney ha già alle spalle una sorta di autobiografia, scritta nel 2006 (quando aveva appena 21 anni!), in cui – giustamente – raccontava solo della sua infanzia, degli inizi nel mondo del calcio e del suo arrivo al Manchester United. Una piccola parte della sua vita, in cui trovava già spazio la violenza. "Tornavo a casa con un occhio nero e avevo solo 12 anni”, ricorda Rooney nel nuovo documentario, parlando delle frequenti risse nelle quali si lasciava coinvolgere da ragazzino e delle prime, precoci, bevute
"AVREI POTUTO UCCIDERE QUALCUNO O ME STESSO"
Sposato da 13 anni con Coleen, la fidanzata di sempre e madre dei suoi quattro figli, Rooney non si nasconde e ammette di aver commesso tanti errori nel corso della sua carriera vita: “Possono essere state le ragazze, o guidare da ubriaco, tutte cose che ho fatto. Avrei potuto uccidere qualcuno o morire io stesso. Stavo davvero attraversando un brutto momento. Sapevo che avevo bisogno di aiuto, per salvare me stesso e la mia famiglia”.
"NON SPRECARE IL TUO TALENTO"
Era ancora una promessa del settore giovanile dell'Everton, quando ricevette una grande lezione dal suo allenatore. “Un giorno attraversavo la strada con una bottiglia di sidro. Il mio allenatore del tempo, Colin Harvey, mi vede e mi lascia passare. Il giorno dopo mi prende da parte e mi dice: 'Sei il più grande talento che abbia mai visto alla tua età, non sprecarlo'”.
Fortunatamente Rooney è rimasto colpito da queste parole e ne ha seguito gli insegnamenti, facendo parlare di sé molto presto grazie a una prima stagione di Premier League da record (6 gol da debuttante, a 16 anni): il primo gol arriva contro l'Arsenal degli "Invincibili", imbattuto da 30 partite, quando entra in campo nel finale e segna il gol-vittoria all’ultimo minuto
“In panchina mi caricavo, mi dicevo: "Voglio segnare un gol da 16enne. Se entro e ho una sola possibilità, tiro in porta”. Andrà esattamente così, con un gran tiro dalla distanza che si infila nel sette e manda Goodison Park in delirio.
IL MIGLIORE DEL MONDO, A 18 ANNI
Nel 2004 il passaggio al Manchester United, voluto da Ferguson. “A 18 anni sentivo di essere il miglior giocatore al mondo, e all’epoca credo lo fossi davvero”, racconta.
IL MONDIALE FLOP
È anche l’anno della sua prima competizione con la maglia della nazionale inglese (Euro 2004); tra i ricordi da dimenticare, invece, il Mondiale 2006, conclusisi con l'espulsione nei quarti di finale contro il Portogallo del compagno di squadra Cristiano Ronaldo, per un brutto fallo su Ricardo Carvalho. “Ero infortunato, ma non lo avevo detto a nessuno, nemmeno ai nostri fisioterapisti”, ricorda Rooney a proposito del suo pessimo Mondiale
“Quando sono rientrato negli spogliatoi dopo l’espulsione ho sfasciato un po' di cose. Mi sono sentito solo come mai. Mentre la partita proseguiva senza di me, pensavo: 'Se ci qualifichiamo salto la semifinale e magari anche la finale. Se usciamo è colpa mia'”.
LA LITE CON FERGUSON
Tormentato anche il rapporto con Sir Alex Ferguson, che arriva ai minimi termini dopo due cessioni importanti: “Nell'estate 2010 avevamo venduto Ronaldo e Tevez: ero rimasto solo io, come giocatore di alto profilo. Entro nell’ufficio di Ferguson e gli chiedo cosa stia succedendo. Mi risponde di andarmene. Allora chiedo di essere ceduto. Ma avevo ragione io, appena si è ritirato Sir Alex è crollato tutto, e stanno ancora raccogliendo i pezzi”.
TACCHETTI APPUNTITI PER FAR MALE
Tra gli aneddoti-choc anche quello relativo ai tacchetti appuntiti, indossati deliberatamente per far male ad un avversario nel corso di una partita contro il Chelsea di José Mourinho che si apprestava a vincere la Premier
A farne le spese fu John Terry (suo compagno in nazionale, tra l’altro), che nel corso di una sfida tra United e Chelsea dell’aprile 2006 uscì in stampelle dopo un fallo di Rooney ma che sembra averla presa sportivamente e, dopo la confessione di “Wazza”, ha commentato su Twitter: “Forse ti riferisci a quando hai dimenticato i tuoi tacchetti nel mio piede?”.