Guardiola e la lezione delle sconfitte: "Il City ne aveva bisogno"

Guardiola, in passato ha detto di sentirsi dire che sia tutto sulle sue spalle. Le sembra un peso enorme? Una sensazione del tipo: ‘Come farà questo grande allenatore a cambiare le cose’? Non potete immaginare quanto mi paghino! Fa parte del mio stipendio. Se non voglio quella pressione, mi dimetto, vado a casa e non ho più questo peso sulle spalle. Tutti gli allenatori ce l’hanno. Non vuoi essere criticato? Pensi non sia giusto? Amico mio, è così che va. Se non vinci, la gente ti deride, ti prende in giro. Ancora di più considerando che abbiamo vinto molto. Se non lo vuoi, vai a casa. I giocatori devono essere guidati, io ne sono responsabile. Ma voglio farlo. Nel momento in cui dovessi sentire che non mi seguono più, mi chiederò: è finita? A quel punto andrò a casa. È vero che quando si trova in un periodo negativo, pensa ogni secondo: “Come lo risolvo? Cosa faccio? Com'è possibile che sia capitato?” Assolutamente sì. Non è piacevole perché dopo hai sempre dei dubbi. Ma alla fine, quando pensi molto a ciò che funziona, torni ai princìpi di base. Torni alla cosa più semplice possibile. Ho la sensazione che la tattica non sia il problema principale. Quando sei in vantaggio 3-0 al 75’ e poi finisce 3-3, non è quello. Per chi guarda dall’esterno, sembra di aspettare che lei faccia qualcosa. Pep tirerà fuori una mossa geniale, magari Haaland e De Bruyne come terzini? E farà qualcosa che nessuno ha mai pensato per sistemare tutto? Se credessi che Kevin De Bruyne può fare il terzino, lo metterei lì! Potrei essere elogiato o criticato perché geniale o stupido, ma lo farei ugualmente perché credo che sia la scelta migliore. Ricordi la finale di Champions League contro il Chelsea? Ho giocato senza Rodri. “Che hai fatto, Pep?” Mi chiedevano. “Perché non hai fatto giocare Rodri?” Ma ricordi come stava Rodri in quel momento? Non stava giocando male, ma non era al top. Ora giocherebbe? Certo che sì. Ma in quel momento pensavo di aver bisogno di determinati giocatori, più controllo, più passaggi; Gündogan offriva più garanzie di lui. Si impara dagli errori, dalle cose positive o negative. Ma non ho mai pensato di essere speciale perché abbiamo vinto. Ora non penso che stia andando male o che la squadra non sia abbastanza buona. Il gruppo è eccezionale, è straordinario. Il problema più grande è che sembra tutto una scusa. Quando dai una spiegazione per non aver vinto, sembra che cerchi una scusa. Abbiamo avuto molti giocatori importanti infortunati e questo rende tutto più difficile. Il motivo? Il calendario degli ultimi otto, nove anni: vincendo tutto, arrivando alle fasi finali delle competizioni, si arriva a un punto in cui il corpo – non il giocatore, ma il corpo – dice: “Basta. Ho bisogno di riposare. Non posso più reggere”. Ogni volta che abbiamo vinto il secondo o il terzo titolo di Premier League, poi siamo calati. Quando abbiamo vinto il triplete, la stagione successiva è stato uguale. Questo mese, a novembre, siamo calati. Ma saremmo stati migliori con Ruben Dias in forma, con John Stones in forma. Non parlo di Rodri, ma con Mateo Kovacic in forma, con Kevin De Bruyne in forma. Ma in forma davvero. Siamo una squadra migliore, ma la situazione è quella che è e dobbiamo conviverci. Ho ascoltato le sue interviste negli ultimi giorni: la parola che ha usato di più è ‘stabili’. Cosa intende per "Non essere stabili"? Come sei nei tuoi pensieri quando l'avversario ti colpisce in pieno volto? Questo significa non essere stabili. E come si riacquista quella stabilità? Bisogna credere di dover rimanere sempre in partita. Non avere pensieri negativi quando subisci il 3-1 contro il Feyenoord. Certo, quei pensieri ci saranno, ma conta quanto tempo rimangono nella tua testa. Questa è la differenza. I grandi giocatori hanno pensieri negativi. Posso dire “Perdo quel punto a tennis, sbaglierò quel tiro a golf...”. Quanto tempo restano lì quei pensieri, questa è la questione più importante. Al momento, non siamo abbastanza forti sotto questo aspetto. Secondo lei, la squadra di cosa ha bisogno da parte del suo allenatore? Devono sentire di essere davvero, davvero bravi. Questo è ciò che conta di più. Glielo dico da sempre, da tanto tempo, che sono eccezionali. Perché lo credo davvero,. Sono in un club straordinario e mi dispiace dirlo, ma hanno un allenatore eccezionale. E devono affrontare le cose come la vita stessa: con un grande sorriso e andando avanti. Non voglio, in questa posizione, dire: il motivo è questa azione o quell’azione. Sei sul 3-0? Segna sei gol! Difendi meglio! È facile dirlo, ma non l’ho mai fatto e non lo farò mai come allenatore. Capisco la tendenza di tutti – dei media, ma non mi interessa, mi dispiace – di dire: "Sta andando bene, voglio fare bene". Ma quando non va: "Mi incolpo? No, incolpo qualcun altro". È naturale. L'ego che tutti abbiamo non vuole essere toccato. Tutti sono responsabili, perché sentono l’aggressione di questo pensiero: "Forse sono io il motivo per cui stiamo perdendo". E tutti lo evitano e iniziano a incolpare qualcun altro. È l'inizio di qualcosa che non fa bene. Perdiamo partite per molte ragioni, non per colpa tua o mia. Vinciamo partite per molte ragioni, non per merito tuo o mio. Quindi dobbiamo sentire di far parte di una buona squadra, di un buon club, con giocatori eccezionali: questo è ciò che dobbiamo fare. È più positivo nei confronti dei tuoi giocatori. È più calmo... è uno sforzo consapevole? Se perdiamo una partita e vado in conferenza stampa dicendo: 'Abbiamo perso per colpa di quel giocatore o di quell’altro', cosa ottengo? Loro sanno di aver fatto un errore e lo sanno davanti al mondo intero. Devo incolparli o dire che i miei giocatori non sono abbastanza bravi? Perché questo significa che io sono bravo? Forse inizieranno a pensare che io non sia bravo. Non ottengo nulla, perché loro puntano sempre a fare bene. In momenti così, dico: "Lo sappiamo, cerchiamo di evitarlo, impariamo da questo, è la cosa più importante. E andiamo avanti". Finché cercano di fare bene in allenamento, sanno che sono con loro. Ma se vengono qui come se fossero in vacanza, senza voler migliorare, allora non posso difenderli. Uso sempre questo come esempio: Romelu Lukaku, due minuti alla fine della finale di Champions League. Nella zona dei sei metri, al centro, con un colpo di testa. Tira contro il ginocchio di Ederson. E abbiamo vinto la Champions League. 'Che leggenda Pep! Che squadra, che personalità, che carattere!' dicevano. Ma è stato Lukaku a sbagliare l’occasione decisiva, mentre l’anno prima abbiamo perso contro il Real Madrid per tre o quattro azioni incredibili. Sai cosa ho pensato quando abbiamo vinto il treble? Che era scritto nelle stelle. Abbiamo giocato davvero bene quella stagione, ovviamente, altrimenti non avremmo potuto farcela. Ma era scritto. E succede. A volte dobbiamo vivere queste cose. Voglio essere onesto: il club ha bisogno di questo periodo. Per rendersi conto di ciò che abbiamo fatto e costruire per il futuro. È così importante. Ogni tanto devi perdere. Non mi piace. Ma sarà positivo per il club. Ma a volte sembra che vincere per voi sia stato così facile... Non è stato facile! Questo è il problema. Sei lì, guardi la partita e pensi che sia facile. Non lo è, anzi è un impegno incredibile. Sai quale rivale abbiamo battuto negli ultimi anni? La migliore squadra che abbia mai affrontato in vita mia. Puoi dirmi che battere Sadio Mané, Mohamed Salah, Roberto Firmino, Fabinho, Jordan Henderson, Virgil Van Dijk nel suo massimo momento, quei difensori centrali, Jürgen Klopp e affrontare Anfield sia stato facile? Andiamo, dai... Ore e ore di riflessione, lavoro, lavoro e ancora lavoro. Ecco perché, quando dici che sembra facile, può capitare che lo si pensi davvero: il nostro club può pensarci, persino i nostri giocatori possono pensarci. E c'è un solo modo per risolvere questo: perdere. Per capire quanto sia difficile questo mestiere. Ecco perché devi renderti conto: prendi le decisioni giuste e torna a combattere. Quale è l'obiettivo di quest'anno? Conoscendo la realtà e la squadra, non possiamo fissare obiettivi. Vincere la Premier League, la Champions League o le FA Cup. È inutile, considerando che nelle ultime sei partite non siamo riusciti a vincerne neanche una... La mia è questa riflessione: cosa chiedo? Di riavere i giocatori, è tutto quello che voglio! Il resto? Non mi interessa. Mi piacerebbe perdere la Premier League con tutti i miei ragazzi a disposizione. Se il Liverpool vincerà, stringerò loro la mano. Se l’Arsenal vincerà con Mikel Arteta, sarò molto felice per lui. Lo dico davvero. Ma non mi piace non competere perché i giocatori che ho sono infortunati. Ma è così. È la vita.

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Pat Davidson (Sky Uk)