J.J. Watt, il Burnley e la miglior difesa d'Europa nata quasi per gioco

Quando un reparto difensivo si può dire ‘di ferro’? Solitamente quando è in grado di soffocare la manovra d’attacco avversaria e far dormire sonni tranquilli al proprio portiere. Nella storia della Serie A questa etichetta si può associare al Milan di Fabio Capello degli anni Novanta o alla prima Juventus di Massimiliano Allegri . Pensando a quest’anno, invece, la mente va subito all’Inter di Simone Inzaghi e al Napoli di Antonio Conte, che comandano sia la classifica della Serie A sia quella delle reti incassate, e che negli anni si sono costruiti una reputazione come allenatori vincenti e dalla forte impronta difensiva. E se vi dicessi che c’è chi ha fatto di meglio di tutte queste squadre? Ma molto di meglio. Tanto da aver subìto solo 11 reti in 38 giornate e da aver protratto la propria imbattibilità fino a 1042 minuti? Per conoscere questo reparto di ferro bisogna uscire dai confini nazionali e volare fino a Burnley, un non indimenticabile borgo operaio nel nord ovest del Regno Unito. Qui, l’omonima squadra è la miglior difesa – numeri alla mano – tra tutti i cinque principali campionati europei, il cardine su cui i ‘The Clarets’ stanno cercando di costruire il loro ritorno in Premier League: a otto giornate dalla fine del campionato sono infatti a soli due punti dalle due capoliste Leeds e Sheffield United. Nella squadra in cui giocano – tra gli altri – anche Joao Mendes, figlio della leggenda brasiliana Ronaldinho, e il talento italo-statunitense Luca Koleosho, una delle stelle è il portiere James Trafford, uscito dalle giovanili del City. Oltre a essere uno dei giovani inglesi più interessanti nel ruolo , Trafford è anche un grandissimo appassionato di Nfl, il massimo campionato americano di football. Un dettaglio non trascurabile dal momento che uno dei proprietari di minoranza del club è niente di meno che J.J.Watt. Ex superstar della Nfl con una carriera lunga 12 stagioni, spese tra gli Houston Texans e gli Arizona Cardinals, Watt è stato uno dei più grandi specialisti della storia del football: defensive end di ruolo, ha vinto per tre volte il premio di miglior difensore dell’anno, uno degli unici tre atleti a esserci riuscito nella storia del football americano. Ritiratosi nel 2022, ha deciso come tante star dello sport americano di investire nel calcio europeo, diventando socio di minoranza del Burnley nel maggio del 2023. Un’occasione da non perdere per il giovane Trafford, che lancia una scommessa al suo ‘presidente’, approfittando del clima goliardico delle vacanze natalizie: se non dovesse più incassare un singolo gol fino alla fine della stagione, allora Watt dovrà rientrare dal ritiro. Precisamente ai Cincinnati Bengals, come da esplicita richiesta del portiere del Burnley. Nato tutto per gioco, le cose hanno iniziato a farsi serie quando Trafford ha ‘calato la saracinesca’ per undici partite consecutive, culminate con l’impresa del 17 gennaio, quando contro il Sunderland ha parato due calci di rigore nel giro di pochi minuti all’attaccante francese Isidor. Watt, tra il serio e il faceto, ha tenuto aggiornati i suoi follower sui social, allegando su X le prove della sua ricerca di un possibile alloggio a Cincinnati per il suo rientro in Nfl. Purtroppo per i tifosi dei Bengals la scommessa, alla fine, non verrà mantenuta. Perché nonostante il rendimento difensivo del Burnley, che rimane comunque eccezionale, l’imbattibilità di Trafford è caduta dopo 1042 minuti per ‘colpa’ del centravanti danese Yousef Salech, in un Cardiff-Burnley poi vinto dai ‘Clarets’. “Cincinnati, è stato bello finché è durato”, ha scritto un sollevato Watt sui suoi profili social, prima di tornare a godersi la sua pensione. Non si può sapere con certezza se avrebbe davvero accettato di ritornare in campo a quasi tre anni dal ritiro, anche se è decisamente improbabile. Anzi, qualcuno suggerisce che quella di Watt sia stata soprattutto una mossa mediatica per attirare l’attenzione sul Burnley, che in caso di promozione in Premier League accoglierebbe volentieri altri investitori. Quel che è certo è che sarebbe stata una bella storia di sport da raccontare. Ma già così non è stata per niente male.

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Simone Dagani