Ospite di Sky Calcio Club l’allenatore del Pisa ha ripercorso la sua carriera e parlato del presente: Allegri, Ibra, la Nazionale e non solo: "Esaltavo Belotti a Palermo e Zamparini mi offendeva, dopo Istanbul volevo lasciare i rossoneri. Oggi ho passione e voglia, questa Juve mi stupisce"
Una lunga chiacchierata per ripercorrere una grande carriera, prima in campo e ora in panchina. L’allenatore del Pisa Gennaro Gattuso, ospite a Sky Calcio Club ha raccontato numerosi aneddoti riguardanti il suo passato con la maglia del Milan - tanto in Serie A quanto nelle competizioni europee - e con quella della Nazionale; poi ha raccontato anche come ha vissuto insieme alla sua squadra gli ultimi difficili mesi di gestione della precedente proprietà della squadra che ora allena. Un percorso nei ricordi con qualche considerazione sull’attualità nel campionato di Serie A, Gattuso si è raccontato così.
Su Belotti - Nel giorno della tripletta di Andrea Belotti (nuovo capocannoniere del campionato) con la maglia del Torino, l’allenatore ha ricordato di aver allenato il calciatore ai tempi del Palermo: "Nel 2013 l'avevamo preso con Perinetti, in comproprietà dall’Albinoleffe. Io da subito gli ho detto che avevo visto solo Sheva tirare in porta e prendere sempre lo specchio. Mi sono preso le offese di Zamparini che diceva che non capivo nulla. Ma Andrea ha una dote perché ha il veleno addosso quando attacca la profondità e quando tira con cattiveria. Ha voglia di imparare e si allena sempre a mille all’ora. Non ha grandissime qualità tecniche ma quando calcia fa la differenza. E poi è uno che non si accontenta. Ha fatto 22 gol ma non si fermerà qui perché è un martello".
Sulla finale di Istanbul - Dalla panchina del Palermo al centrocampo del Milan, un’esperienza lunga e vincente che ha segnato la carriera dell’ex centrocampista; con qualche notte difficile da superare: "Ho vissuto male la finale di Champions persa a Istanbul - ricorda Gattuso - quando stai vincendo una finale 3-0 a fine primo tempo e poi la perdi in quel modo ci vogliono mesi per riprenderti. Per me il Milan è stato un sogno durato 13 anni e in quell’occasione mi sono sentito in colpa perché avevamo perso una finale incredibile e volevo andare via, volevo cambiare aria. Non stavo bene con me stesso. Con gli altri poi non ne abbiamo più riparlato ma Galliani ricorda che gli chiesi di andare via e lui dovette faticare parecchio per convincermi a rimanere".
Poulsen, Leonardo, Ibrahimovic - "Ricordo che con Poulsen - quando lui giocava nello Schalke 04 - mi ero arrabbiato perché maltrattare Kakà era una cattiveria inutile. Non gliel'ho mai perdonato. Continuava a fargli dei falli inutili, cattivi. Kakà non faceva male nemmeno a una formica, lui gli entrava male in partita e a me non è mai piaciuta questa cosa. Nel finale di carriera ho avuto qualche episodio un po’ sopra le righe, come quando ho cantato a 'Leonardo uomo di m…'. Lui era andato all’Inter e quando noi abbiamo vinto lo scudetto a Roma non mi sono trattenuto ma ho sbagliato. Poi ci siamo chiariti, mi si chiuse la vena come accadde anche con Jordan. Ibrahimovic? Un giocatore che non voleva perdere mai, che quando ti prende il numero della targa, la multa ti arriva sempre a casa. In occasione dello scontro con Onyewu io ebbi la brillante idea di provare a dividerli, ho preso certe sberle e me ne sono andato. E’ un ragazzo molto esigente quando gioca, dà sempre tutto in campo e in allenamento, è uno dei più professionali. Nocerino con lui ha fatto 11 gol, io nemmeno con le mani sarei riuscito e poi ero fuori per la malattia agli occhi. Quell’anno abbiamo sbagliato due partite con Bologna e Fiorentina dopo il match con la Juventus; e abbiamo perso lo scudetto".
La Juventus e Allegri - E ancora: "Quando affrontavamo i bianconeri c'era grande rispetto, in campo ce ne davamo tante ma c'era davvero grande rispetto - ha aggiunto l’ex centrocampista - Allegri? E’ un tipo che si piange mai addosso, può anche perdere molti giocatori ma prepara la gara sempre al massimo. E’ un giocatore di poker e sa bluffare, è molto diretto con i calciatori, non li prende in giro e i giocatori questo lo apprezzano. La sua Juve mi sorprende perché che continua a vincere dopo cinque anni al massimo. Anche io ho vinto molto con il mio Milan, ma questa squadra che vince per sei anni di seguito, mi stupisce, non so dove trovino tutti questi stimoli. Dybala? E’ giovane, gli piace andare al tiro, ha forza e tecnica, le sue giocate hanno bisogno di forza. Ora però lo sto vedendo poco brillante ma già a Palermo si vedeva che aveva talento, portava via l’erba con la velocità".
La Nazionale - Trionfi non solo in rossonero ma anche in azzurro, con la coppa del mondo alzata sotto il cielo di Berlino. "Ho fatto tre Mondiali e due Europei. Nel 2006 iniziammo quell'avventura con la sconfitta contro l’Islanda nel 2004. La stampa ci massacrò ma Lippi ha subito iniziato a parlare di gruppo, voleva un gruppo unito che per lui era più importante del campione. Quando alla fine abbiamo dovuto battere i rigori contro la Francia io mi sono messo sotto la panchina, non ero insieme ai compagni. Avevo anche detto all’allenatore che non avrei tirato e poi mi sono messo lì, da parte. All'ultimo segnato da Grosso sono rimasto in mutande e ho dovuto tirare giù la panchina perché non riuscivo a liberarmi". E da Los Angele arriva poi il ricordo di Alex Del Piero: "Rino non aveva paura - ha detto - mi ricordo in Giappone quando lui non giocava match ufficiali e giocava il giorno le amichevoli contro i ragazzini, che randellate che gli tirava…. E’ un ragazzo di cuore e questo fa la differenza sempre. E’ uno con cui stai bene, io l’ho vissuto in Nazionale e sono orgoglioso di questo".
Il presente, del Milan e del Pisa - La squadra di Montella e, soprattutto, il cambiamento societario all'orizzonte. Cos’è cambiato dal Milan di Gattuso a quello attuale? "Allora quella rossonera era una società che ti faceva pensare solo al calcio, una macchina perfetta. Negli ultimi miei anni, qualcosa si stava perdendo e qualche giovane non rispettava le regole. Io, un giorno mi stavo facendo la barba, ho lasciato il lavandino sporco e Costacurta me ne ha dette di tutti i colori. Ho lasciato perché al Milan non vedevo più queste cose, ero arrivato quando c’erano grandi campioni, mi bastava guardarli e capire come dovevo comportarmi. Berlusconi voleva sempre che accorciarsi la barba, me lo chiedeva sempre, quante volte ho dovuto rifare la foto per l’armadietto nello spogliatoio". Ora però la testa e le attenzioni di Gattuso sono tutte sul Pisa: "Abbiamo vissuto mesi difficili, la paura era che qualcuno potesse lasciare e non starci più; invece questi ragazzi non hanno mai mollato. Potevo abbandonarli e invece no, tutto quello che ho fatto l'ho fatto con grandissima voglia. E' stata molto, molto dura. Come da calciatore, non voglio che nessuno mi regali niente; ho passione e voglia, vediamo dove arriverò".