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Biscardi, da Falcao a Kakà: gli "sgub" con Andreotti e Berlusconi

Serie A

Al suo "Processo" sono passati praticamente tutti: sportivi e politici, presidenti e giocatori. I due più grandi scoop furono quelli relativi alla permanenza di Falcao e Kakà rispettivamente alla Roma e al Milan. E gli annunci arrivarono direttamente al Processo

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Quante volte lo abbiamo sentito urlare "abbiamo uno scoop (anzi, sgub, per dirla alla sua maniera)! E qualcuno, dall'altra parte del teleschermo pensava fosse una forzatura. Altroché. Non tutti sanno che Aldo Biscardi nel 1979 insieme a Luca Liguori aveva scritto "Il papa dal volto umano" un esclusivo libro-intervista a Karol Wojtyla, da pochi mesi eletto Papa Giovanni Paolo II. Quello sì fu un vero "sgub"! E poi durante "Il Processo" ne sono seguiti diversi, più e meno importanti, ma due, su tutti, restano nella memoria dei tifosi e degli appassionati di calcio.

Biscardi chiama Andreotti e poi al "Processo" annuncia: Falcao non va più all'Inter

Era l'estate del 1983 con la Roma fresca campione d'Italia e Falcao uno dei giocatori più ambiti, soprattutto dall'Inter di Fraizzoli. Il giocatore, in vacanza a Porto Alegre, parla già da ex giallorosso in virtù di un accordo firmato coi nerazzurri. E Fraizzoli, da gentiluomo, chiama Dino Viola, allora presidente della Roma, per trovare l'intesa sull'inevitabile cessione. Questione tra uomini a cui si aggiunge un terzo uomo, Giulio Andreotti, tifoso giallorosso, che mette in moto il suo braccio destro Franco Evangelisti per convincere il giocatore a non andare a Milano. Evangelisti capisce che per fare leva sul ragazzo bisogna parlare con la madre, la senhora Azise: le fanno sapere che anche Papa Wojtyla spera che Falcao non lasci Roma. Mamma Azise, religiosissima, fa pressione sul figlio: il trasferimento è in bilico ma c'è la firma sul contratto con l'Inter. E' Andreotti in persona a parlare con Fraizzoli. Subito dopo il presidente dell'Inter chiama Mazzola e gli ordina di stracciare il contratto di Falcao. Il brasiliano non va all'Inter. E la notizia la diede in diretta al "Processo" lo stesso Biscardi, subito dopo aver parlato al telefono con Andreotti.

Berlusconi chiama Biscardi: "Kakà resta al Milan"

Tantissimi anni dopo, esattamente 26, nel 2009, la storia si ripete. Ricardo Kakà è corteggiato dal Manchester City dei nuovi proprietari arabi che hanno disponibilità economiche pressoché infinite. Agli inglesi serve un colpo di mercato di livello per opporsi alle big di Premier, soprattutto il Manchester United. La telenovela, a gennaio, nel mercato invernale, va avanti per giorni interi e il giocatore sembra intenzionato ad accettare l'offerta milionaria. Leonardo, l'allenatore, e Berlusconi, da Arcore cercano in tutti i modi di risolvere la questione. Convinto il giocatore, il presidente del Milan chiama in diretta al "Processo" di Biscardi: "Pronto? Presidente? C'è al telefono? M'hanno detto che c'è al telefono Berlusconi"... E poco dopo Berlusconi annuncia in diretta: "Kakà resterà al Milan e si è impegnato a non chiedere aumenti di stipendio nei prossimi anni". Poi la notizia fa il giro d'Italia e d'Europa e i tifosi del Milan, assiepati sotto la finestra di casa Kakà, acclamano il loro idolo. Il brasiliano si affaccia sventolando la sua maglia rossonera, questione chiusa, "sgub" portato a casa!

Kakà mostra la maglia del Milan ai tifosi assiepati sotto casa
 

Kakà mostra la maglia del Milan ai tifosi assiepati sotto casa sua dopo l'annuncio di Berlusconi

Berlusconi: "Perdo un amico"

"Con Aldo Biscardi scompare un grande giornalista, che ha saputo raccontare il calcio in televisione come pochi altri - ha dichiarato Berlusconi all'ANSA -. Aldo e' stato un innovatore in tutto, nel linguaggio televisivo come nella visione del calcio, anticipando soluzioni che oggi sono realtà, come la moviola in campo. Io perdo un amico, la televisione un grande professionista".

Anni prima di quella telefonata del 2009, in cui annunciò al Processo la conferma di Kakà, nel 1993 in un altro intervento telefonico, Berlusconi fu invece protagonista di una lite in diretta con Biscardi, che lo rimproverò di considerare "il pluralismo un optional".