E' sempre decisivo eppure ha deciso di lasciare il calcio giocato a fine stagione. Il portiere della Juve, nel dopogara di San Siro, torna a parlare del ritiro: "C'è chi raccoglierà la mia eredità e io non voglio essere d'impaccio"
Dopo il match vinto dalla Juve sul Milan, Gianluigi Buffon, nonostante sia ancora decisivo per la sua squadra torna sulla decisione di chiudere la carriera a fine stagione. E' intervenuto nel dopogara ai microfoni di Sky Sport.
Verrebbe da chiederti: perché smetti?
"Smetto perché c’è un tempo per tutto e perché devo anche rispettare le scelte che fa una società, comprando dei portieri più giovani e anche magari più forti di me. Sai, un anno è anche giusto magari tenerli un po’ in panchina, farli giocare ogni tanto, poi però come è inevitabile che sia, loro devono prendere la mia eredità, devono farlo il prima possibile, io non devo essere d’impaccio e devo solo allenarmi per fare bene e concludere nel migliore dei modi quella che è la mia carriera, devo onorarla fino in fondo".
Anche oggi la reazione al momento giusto…
"Come dico sempre, quando le antenne sono dritte, le reazioni, le parate, e anche la fortuna, vengono di conseguenza. Questo è l’unico modo che conosco per poter stare a certi livelli ed esprimere il mio potenziale".
Oggi è partito un po’ meglio il Milan e voi siete usciti alla distanza. Allegri non si è praticamente mai arrabbiato.
"Sì, secondo me siamo stati molto bravi, perché volevamo partire in un altro modo, cioè aggredendo il Milan e cercando di metterli subito in difficoltà, invece ci siamo trovati a dover affrontare un altro tipo di partita, perché loro hanno spinto molto soprattutto inizialmente, ci venivano a pressare su tutti gli uomini di scarico e diventava complicato trovare una giocata che ci permettesse di respirare, di fare male a loro. Però siamo stati bravi perché abbiamo capito che era il momento di soffrire, di stare abbottonati, compatti, di mettere sacrificio ed esperienza nella gara. E oggi secondo me abbiamo dato le risposte che dobbiamo dare e che deve dare una squadra come la nostra, composta da giocatori come i nostri".
Cosa racchiudeva quell’abbraccio finale con Higuain? E cosa dobbiamo fare con il dvd dei suoi due gol?
"L’abbraccio è la soddisfazione, il riconoscimento ad un giocatore che ha avuto l’umiltà di rimettersi in discussione. A Udine gli ho fatto i complimenti perché lo sentivo, perché ho visto un atteggiamento da parte sua che è l’atteggiamento di chi non vuole andare nel dimenticatoio, di chi ha voglia ancora di scrivere pagine importanti. E questo lo fai attraverso il sacrificio, mettendoti sempre in discussione e dando l’esempio agli altri. Come ho detto a Udine, dove aveva vestito i panni del trascinatore, del gladiatore e aveva portato la croce, oggi ha cantato, ha portato la croce e ci ha aiutato a vincere. Èun esempio straordinario per tutti".
La tua fame si è vista quando sei uscito su Kalinic.
"Quando hai sfortuna, e quindi mi ritornano in mente i pali con la Lazio, i rigori sbagliati, è perché probabilmente noi come squadra non abbiamo messo in campo quella rabbia, quella ferocia per vincere la gara. E quindi il palo non sai perché non ti premia mai e la palla esce. Quando invece ci metti tutto questo tipo di agonismo e questo tipo di ferocia, non sai perché la palla magari colpisce il palo e va dentro se è a tuo favore, o colpisce la traversa e va fuori se attaccano gli altri. Tu dici forse è casualità? Ma io al caso non ci credo".