Milan, gli attaccanti sono in difficoltà: cosa gli accade?

Serie A

Federico Aquè

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All'esordio Gattuso non ha modificato le gerarchie offensive di Montella, ma per ridare brillantezza al Milan dovrà mettere in condizione Kalinic, André Silva e Cutrone di rendere al meglio. Un approfondimento sulle diverse qualità e difetti dei tre attaccanti rossoneri.

 

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Tra le scelte più attese all’esordio di Gennaro Gattuso sulla panchina del Milan c'era quella che riguardava l'attaccante titolare. Chi avrebbe giocato tra Kalinic, André Silva e Cutrone? Le prestazione recenti dei tre centravanti sembravano favorire un cambio nelle gerarchie: il croato arrivava dalla pessima partita contro il Torino, mentre i due compagni sembravano  in ascesa dopo le doppiette rifilate all’Austria Vienna in Europa League, che avevano interrotto un digiuno che per gli attaccanti del Milan si era prolungato per quattro partite.

A Benevento, invece, Gattuso non ha modificato nulla, confermando sia Kalinic sia il 3-4-2-1 che Vincenzo Montella sembrava ormai aver scelto come sistema di base per la sua squadra in fase offensiva. Kalinic ha ritrovato il gol che gli mancava dalla trasferta contro il Chievo, ma la manovra del Milan si è mostrata più rigida e ha faticato ancora una volta a creare occasioni di qualità (i due gol sono stati segnati sugli sviluppi di una rimessa laterale e di un calcio d’angolo), tra i principali motivi della crisi di gioco e di risultati che ha portato all’esonero di Montella.

Lo 0-0 contro il Torino, l’ultima partita di Montella sulla panchina rossonera, aveva infatti allungato una striscia preoccupante: nelle ultime quattro partite di campionato giocate a San Siro il Milan non è riuscito a segnare neanche un gol. Complessivamente, in Serie A i rossoneri hanno segnato 6 gol nelle 7 partite giocate in casa, ma appena due su azione.

Le difficoltà dei suoi attaccanti sono state finora la prova più evidente dei problemi offensivi del Milan e del rendimento al di sotto delle aspettative dell’imponente campagna acquisti estiva. Ceduti la scorsa estate sia Bacca che Lapadula, considerati per motivi diversi inadatti al gioco di Montella, al loro posto sono arrivati André Silva e Nikola Kalinic. E va sottolineato anzitutto che il Milan ha investito in maniera pesante nel rafforzamento del reparto offensivo: i 38 milioni di euro spesi per André Silva hanno rappresentato il secondo investimento più caro dell’estate rossonera, superato soltanto dai 42 milioni impiegati per acquistare Bonucci dalla Juventus; ma anche per Kalinic, arrivato in prestito con obbligo di riscatto, sono stati investiti complessivamente 25 milioni di euro.

Le amichevoli precampionato hanno poi fatto scoprire il talento di Patrick Cutrone, 19enne promosso in prima squadra dopo aver attraversato tutte le categorie del settore giovanile rossonero. Cutrone sembrava destinato alla cessione in prestito per fare esperienza, e invece con i gol segnati in estate ha convinto Montella e la dirigenza milanista a confermarlo, meritandosi anche il rinnovo del contratto.

La rivoluzione in attacco non ha però dato i frutti sperati. Dopo 15 giornate il Milan ha segnato 6 gol in meno rispetto allo scorso campionato (da 27 si è passati a 21), e i tre centravanti hanno firmato in tutto appena 6 gol: Kalinic ha timbrato quattro volte, Cutrone due, mentre André Silva in Serie A non si è ancora sbloccato. A questo punto dello scorso campionato, Bacca aveva accumulato, da solo, lo stesso numero di gol segnati dai tre nuovi attaccanti rossoneri.

Gli esperimenti che hanno caratterizzato gli ultimi mesi sulla panchina del Milan di Montella avevano ovviamente coinvolto anche gli attaccanti: nel 4-3-3 utilizzato nelle prime partite il centravanti titolare era stato Cutrone, bravo a ritagliarsi il proprio spazio e a garantirsi la conferma in squadra sfruttando le difficoltà nell’inserimento di André Silva, impegnato in estate nella Confederations Cup, e di Kalinic, arrivato ad agosto inoltrato. Il passaggio alla difesa a 3 si è inizialmente accompagnato a uno schieramento con due punte, ma più di recente Montella sembrava aver trovato maggiori certezze schierando un solo centravanti e due trequartisti alle sue spalle.

Il gioco di sponda di Kalinic

L’ex tecnico rossonero aveva utilizzato le due competizioni in cui è impegnato il Milan per ruotare le sue punte e distribuire i minuti in maniera piuttosto omogenea. Kalinic era considerato unanimamente il titolare, anche se in realtà durante la gestione di Montella aveva collezionato complessivamente meno minuti di André Silva. In campionato, però, il croato è partito dall’inizio in undici occasioni, più di tutti.

Non si fatica a capire il motivo: Kalinic è il migliore nel gioco spalle alla porta, ha una tecnica nello stretto di alto livello e uno stile anche ricercato, con l’utilizzo frequente dell’esterno del piede e del tacco. Il passaggio stabile alla difesa a 3 in fase di impostazione ha favorito le verticalizzazioni dirette dalla linea difensiva all’attacco: avere un centravanti in grado di ripulire i palloni in uscita dalla difesa è fondamentale per dare continuità al possesso e permettere alla squadra di alzare il baricentro.

La migliore dimostrazione Kalinic l’ha data a Napoli, in una partita giudicata negativamente sia dai tifosi che dalla stampa sportiva, ma che in realtà è stata un piccolo saggio sull’importanza di avere un centravanti così raffinato nel gioco di sponda. A un certo punto della partita, sul risultato di 0-0, il Milan recupera una palla nella propria trequarti e Montolivo si appoggia sul centravanti per ripartire. Kalinic è spalle alla porta, in mezzo ad Albiol e Jorginho, controlla il pallone e poi si gira col tacco saltando entrambi gli avversari e aprendo il campo a Locatelli. La difesa del Napoli è costretta a scappare all’indietro e l’azione si conclude con un tiro di Suso. La grande giocata di Kalinic è decisiva in questo caso per creare la migliore occasione da gol avuta dal Milan nel primo tempo, e per chiarire le difficoltà affrontate dai rossoneri a Napoli basta ricordare che nei primi 45 minuti non sono mai riusciti a entrare nell’area di rigore avversaria.

Certo non si può ignorare che alla fine di quella partita Kalinic aveva tirato una sola volta. Limitandoci però al gioco di sponda, fondamentale contro una squadra che difende in maniera aggressiva come il Napoli, la sua partita era stata pressoché perfetta. D’altra parte è la sua storia personale a descriverlo come un centravanti poco prolifico, capace tutt’al più di mantenere buone medie realizzative, non certo quelle eccezionali che associamo ai migliori attaccanti d’Europa. Nei due anni alla Fiorentina, ad esempio, ha segnato 33 gol in 84 presenze. Le sue medie gol dipendono in maniera indissolubile dalla squadra in cui gioca: non è quel tipo di centravanti, infatti, capace di trovare da solo la strada verso la porta, ma ha bisogno di una manovra offensiva che esalti le sue qualità e lo metta in condizione di tirare spesso durante la partita.

Finora ha segnato appena 4 gol, ma la frequenza con cui tira supera di poco le 2 conclusioni per 90 minuti. Le difficoltà del Milan a creare occasioni da gol pulite hanno così portato sminuire il suo valore e a sottostimarne l’impatto. San Siro lo ha fischiato all’uscita dal campo contro il Torino, dopo una partita in cui ha sbagliato un paio di chiare occasioni e ha gestito male una ripartenza molto favorevole dopo aver tolto palla a N’Koulou. Per qualità ed esperienza resta comunque il centravanti più affidabile («André Silva e Cutrone sono importanti per il presente e fondamentali in futuro, ma Kalinic per certe gare è più esperto», aveva detto Montella prima della sfida col Toro), specie ora che il Milan costruisce stabilmente l’azione con la difesa a 3 puntando molto sull’abilità dei suoi centravanti nel far guadagnare metri alla sua squadra giocando spalle alla porta.

Quando sarà pronto André Silva?

André Silva non ha ancora segnato in Serie A, ma ha collezionato finora solo 457 minuti in 15 giornate, poco più di quelli che Montella gli aveva concesso in Europa League, competizione della quale è il capocannoniere insieme a Emiliano Rigoni dello Zenit, grazie ai 6 gol segnati. Se si aggiunge la doppietta rifilata allo Shkendija nel playoff estivo, con 8 reti il portoghese è il miglior marcatore stagionale del Milan.

Non sta bastando, finora, per diventare il centravanti titolare. Come detto, anche Gattuso ha confermato le gerarchie di Montella e André Silva a Benevento è rimasto in panchina. Rispetto a Kalinic, André Silva è meno bravo spalle alla porta, ama portare palla e cercare la sfida diretta con il proprio avversario, anche se non ha un dribbling particolarmente efficace né è abbastanza esplosivo per essere davvero pericoloso in isolamento. Nel settore giovanile del Porto ha giocato da trequartista e veniva soprannominato “Deco”, una formazione ancora visibile nella frequenza con cui cerca il contatto con la palla. Quando gioca in coppia con un altro attaccante si fa spesso carico dei compiti di raccordo e tra i centravanti a disposizione di Gattuso è probabilmente il più bravo nel costruirsi da solo un’occasione, pur nei limiti imposti dal suo bagaglio tecnico.

C’è un’azione nel secondo tempo col Napoli che aiuta a capire i suoi margini di miglioramento e la cautela con cui prima Montella e ora Gattuso stanno gestendo il suo inserimento. Il Milan palleggia nella propria metà campo dopo una respinta di testa di Musacchio e ha spazio per ripartire: André Silva riceve una sponda di Kalinic a centrocampo, si gira e avanza palla al piede. Alla sua sinistra Kalinic è rimasto largo è potrebbe ricevere smarcato, il portoghese invece si porta la palla sul sinistro con un gioco di gambe che gli fa perdere il tempo per il passaggio e quando decide finalmente di servire Kalinic il lancio è fuori misura.

Sono errori di questo tipo che spiegano in parte il poco spazio avuto in campionato finora, nonostante in Europa League André Silva abbia dimostrato di trovare la porta con continuità. Il livello delle avversarie l’ha ovviamente aiutato: il portoghese ha segnato 5 gol nelle due partite giocate contro l’Austria Vienna, gli ultimi due controllando una punizione di Rodríguez che gli è capitata tra i piedi e poi girando spalle alla porta un pallone controllato con il petto.

Il portoghese sa insomma costruirsi il tiro in situazioni “sporche”, ma non può definirsi davvero freddo in area di rigore: finora ha centrato la porta meno di una volta ogni tre conclusioni, la percentuale più bassa tra gli attaccanti del Milan. Il suo resta un caso evidente di come i gol non rappresentino l’unico metro di giudizio del valore di un attaccante e non bastino, da soli, a guadagnarsi il posto in squadra.

Vale in parte anche per Cutrone, che ha la media gol migliore tra i centravanti del Milan (una rete ogni 120 minuti). La giovane età e il fatto di non essere tra gli investimenti più onerosi fatti in estate dalla dirigenza giustificano ovviamente il ruolo marginale che sta avendo in campionato dopo le tre presenze da titolare nelle prime tre giornate. Cutrone ha giocato solo contro il Torino nelle ultime sei giornate e ha trovato spazio soprattutto in Europa League. Dei tre centravanti a disposizione di Gattuso è quello che ha mostrato il miglior talento come finalizzatore, per la naturalezza con cui si muove in area, la rapidità con cui si coordina e la tendenza a giocare sulla linea difensiva avversaria, cercando gli spazi migliori per andare in porta. Ha forse lo stile più limitato tra gli attaccanti del Milan, ma la facilità con cui segna è una risorsa su cui può costruire la carriera e può tornare molto utile a Gattuso durante la stagione.

E se non fossero loro il problema?

Rispetto all’anno scorso il Milan ha migliorato i propri dati sul possesso palla e sui tiri, eppure la media gol è leggermente peggiorata (da 1,5 a 1,4 reti a partita). Avere un maggiore controllo della palla, grazie soprattutto alla qualità dei giocatori coinvolti nella prima costruzione, e giocare un calcio più palleggiato non ha aiutato a trasferire i vantaggi guadagnati a inizio azione negli ultimi 30 metri. Una volta arrivata sulla trequarti la manovra si infila in un imbuto che ha come unico sbocco, o quasi, il sinistro di Suso, da cui dipendono gran parte delle possibilità di concludere l’azione. A Benevento Bonaventura ha occupato l’altra posizione sulla trequarti e ha mostrato segnali incoraggianti dopo una stagione al di sotto degli standard, firmando il primo gol e il primo assist del suo campionato.

Ciononostante, il Milan ha faticato ad attaccare in profondità sia dalle fasce (l’infortunio di Conti è stato molto penalizzante da questo punto di vista) che al centro: un difetto strutturale nonostante tutti e tre i centravanti abbiano ottimi tempi di smarcamento.

Non è una questione di moduli: pur cambiando la disposizione, la fase di possesso del Milan ha sempre avuto l’obiettivo di occupare tutti i corridoi sulla trequarti avversaria. Gattuso a Benevento l’ha ricercato in maniera più rigida, con posizioni più bloccate dei trequartisti nei corridoi interni e l’occupazione dell’ampiezza lasciata agli esterni.

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Lo schieramento del Milan in fase offensiva a Benevento

Gli interni di centrocampo e i trequartisti formano il classico quadrilatero del 3-4-2-1, Borini e Rodríguez danno ampiezza.

Anche quando Montella preferiva schierarsi con due punte difficilmente i due attaccanti giocavano vicini per sorprendere la linea difensiva con combinazioni a memoria tipiche ad esempio dei sistemi di Ventura e Conte, ma si dividevano in maniera più classica i compiti di raccordo e di attacco alla profondità giocando su linee sfalsate, ma più in orizzontale che in verticale.

Il passaggio alla difesa a 3, confermato anche da Gattuso a Benevento, ha favorito le verticalizzazioni taglia-linee dalla difesa all’attacco e ha reso ancora più evidente il contributo dei centravanti per arrivare o consolidare il possesso sulla trequarti. Una volta raggiunta quella zona di campo, però, il Milan continua a faticare a mettere le proprie punte nelle condizioni migliori per finalizzare la manovra.

All’esordio Gattuso non ha stravolto l’impianto lasciatogli da Montella, rinunciando semplicemente a un po’ di fluidità, sia nei sistemi (partendo dal 3-4-2-1, in fase difensiva il Milan si disponeva in maniera più classica col 5-4-1, con Montella le rotazioni disegnavano invece un 4-4-2) che nello sviluppo della manovra, con posizioni più rigide e minori scambi di posizione per disordinare lo schieramento avversario.

È ovviamente ancora troppo presto per capire come si svilupperà il percorso di Gattuso sulla panchina del Milan, e la partita col Benevento, con il suo incredibile epilogo, non può essere presa come riferimento. Ridare brillantezza alla fase offensiva e alzare il rendimento dei suoi centravanti è comunque la priorità per migliorare il gioco dei rossoneri e avvicinare i risultati alle aspettative di inizio stagione.