La sfida tattica tra Gasperini e Simone Inzaghi, la Fiorentina e il Milan che cercano conferme, come Sarri sta provando a risolvere i problemi offensivi del Napoli, la Roma che potrebbe rinunciare a Kolarov e altri temi che caratterizzano il turno di campionato
Il Napoli risolverà la propria sterilità offensiva?
Il Napoli quest’anno non è riuscito a segnare 4 volte in campionato, e non ha ancora trovato una soluzione al dilemma di una difesa abbastanza compatta da togliere respiro al palleggio sulla trequarti. Non sono le uniche volte in cui gli avversari del Napoli hanno provato ad adottare questo tipo di strategia reattiva, ma a questa si è sommata di recente la scarsa brillantezza dei partenopei.
Non è un caso allora che di queste 4 partite senza gol, 3 siano arrivate nell’ultimo mese, ovvero dal momento in cui Faouzi Ghoulam ha smesso di mettere a ferro e fuoco la fascia sinistra del Napoli. Non è un mistero: senza l’algerino il Napoli ha perso un vertice fondamentale, forse il meno controllabile, del triangolo offensivo di sinistra su cui era stata costruita l’efficacia offensiva. Gli effetti hanno avuto una coda più lunga del previsto, non si è trattato solo di perdere un pezzo importante, ma di appesantire il carico di responsabilità su tutti gli altri. Da quando Milik si è infortunato, Mertens ha giocato ogni singolo minuto disponibile. Ci si è messo anche un problema fisico per Insigne, che è stato sostituito da Zielinski: una mezzala che non ha neanche la metà della creatività dell’ala napoletana.
Il Napoli ha provato a sopravvivere a ognuna di queste assenze. È stato come provare a vivere prima senza un braccio, poi senza un orecchio, poi senza una mano: il Napoli è sopravvissuto, ma non è stato più il Napoli.
Ecco un esempio. Il Napoli ha segnato 28 gol nelle prime 10 partite, 15 nelle ultime 11. Oggi pomeriggio incontrerà il Torino, che non è certo una squadra imperforabile. Solo 7 squadre hanno concesso più xG del Torino, appena 4 hanno concesso più tiri. Il Napoli da parte sua è la squadra che tira di più in Serie A dopo la Roma, e la prima per xG prodotti.
Il Torino però ha leggermente recuperato la forma dopo un brutto periodo e sembra meno pronto a prestare il fianco. Rimane però l’impressione che i granata non abbiano le armi giuste per mettere in difficoltà la squadra di Sarri. Molte squadre, compresa la Fiorentina domenica, hanno preparato la partita togliendo spazi sulla propria trequarti e facendo scoprire i partenopei in pressing con un possesso basso. Situazioni che la squadra di Mihajlovic non sembra maneggiare con cura.
Uno dei temi più discussi in questa prima parte di stagione riguarda la rigidità di Sarri, e il fatto che non abbia trovato soluzioni convincenti ai problemi di rosa che di volta in volta si sono presentati. L’unico tentativo per provare a risolverli ha portato a distribuire in modo diverso le responsabilità creative: senza Ghoulam e Insigne, Allan e Jorginho hanno cercato più soluzioni individuali, andando in verticale prima del solito. Insigne è ancora in dubbio e senza di lui Mertens dovrà sdoppiarsi nei ruoli di costruttore e definitore del gioco ancora più del solito.
La partita contro il Torino, insomma, sarà una prova importante per capire a che punto sono i problemi del Napoli, e anche come Sarri proverà a risolverli. Oltre alla brillantezza dei suoi giocatori: Mertens non segna da 5 partite, Hamsik sembra stregato dalla maledizione del record di Maradona, sarà la giornata buona?
La Roma può fare a meno di Kolarov?
Aleksandar Kolarov è stato di gran lunga l’acquisto più efficace della campagna estiva della Roma. Il suo contributo finora è stato gigantesco, sia a livello quantitativo che qualitativo. Non ha ancora saltato una partita di campionato e la squadra di Di Francesco non sembra poter fare a meno della sua qualità sull’esterno sinistro.
Non ne può fare a meno al punto che la Roma sembra strutturalmente pendere a sinistra. Il dato si fa più profondo quando la sua influenza non è bilanciata dalla presenza creativa di Florenzi dalla parte opposta. Contro il Chievo, per dire, ha giocato Bruno Peres e il 43% degli attacchi della Roma sono arrivati sulla fascia del serbo, e sono stati quasi tutti attacchi di grande qualità. Nello zero a zero dei giallorossi Kolarov ha completato 4 dribbling, 3 cross e 5 passaggi chiave. Sembrava davvero l’unico a voler vincere una partita complicata. La settimana prima, contro la SPAL, i passaggi chiave erano stati addirittura 7, il picco massimo di una stagione costante, dove l’influenza del serbo sul gioco della Roma è stata enorme.
Un dato: Kolarov è il settimo giocatore della Serie A per Expected Assist prodotti, davanti a lui ci sono giocatori sulla carta più offensivi di lui. I numeri dei suoi passaggi chiave ogni 90 minuti sono inferiori solo a Candreva, fra i giocatori con più di 1000 minuti.
Si può capire perché Di Francesco raramente rinunci a lui. Sabato contro il Cagliari però il tecnico sta pensando di schierare Emerson Palmieri dal primo minuto. L’esterno brasiliano non gioca titolare dall’ultima partita dello scorso campionato, ma ora sembra aver recuperato dal grave infortunio al legamento crociato del ginocchio, che ha praticamente costretto la Roma a tornare sul mercato in estate per trovare un sostituto a uno dei migliori esterni della scorsa stagione.
La partita di sabato servirà quindi per capire da una parte se la Roma può fare a meno della qualità offensiva di Kolarov, ma dall’altra anche in che condizioni rientrerà Emerson Palmieri. Le prime risposte a queste domande aiuteranno a capirci qualcosa sul paradosso di una squadra che ora si ritrova con due terzini sinistri titolari, e che dovrà trovare il modo di far coesistere.
Ma insomma, la Fiorentina ci farà capire dove vuole arrivare?
Qualche settimana, in una puntata di questa rubrica, dicevamo che la Fiorentina era tornata in forma. Da quel momento i “viola” hanno praticamente smesso di vincere. Se siete tifosi della Fiorentina e siete scaramantici, quindi, questo è un buon momento per smettere di leggere. Era il 29 ottobre e la Fiorentina veniva da 3 vittorie consecutive: poi ha perso 2 a 1 contro il Crotone, 4 a 2 contro la Roma e la settimana dopo, contro una SPAL in dieci uomini, non è riuscita ad andare oltre il pareggio per 1 a 1, addirittura rimontando lo svantaggio iniziale.
Il calendario complicato non prometteva nulla di buono ma la Fiorentina, al 90’ di una partita controversa, è riuscita a trovare il pareggio contro la Lazio, su rigore, con Babacar. Quel risultato sembra aver segnato un nuovo punto di rottura della squadra di Pioli, che rimane uno dei progetti meno decifrabili della Serie A, ma che di settimana in settimana somiglia sempre di più alla squadra di Stefano Pioli. Una formazione intensa, che pressa alto, che lascia molta libertà individuale ai propri giocatori, e che produce molti cross e tiri in porta (seconda squadra per cross, quinta per tiri, nonostante sia invece indietro per xG).
Dopo il pareggio contro la Lazio la Fiorentina ha vinto con un convincente 3 a 0 sul Sassuolo. Il terzo gol è particolarmente significativo delle peculiarità della Fiorentina. La squadra di Pioli fa molta densità per recuperare la seconda palla, Veretout - in un momento di forma strepitoso - prova una traccia verticale coraggiosa per Théréau, nonostante debba far passare il pallone per la cruna di un ago.
Théréau ha un ottimo primo controllo e serve Chiesa, che nel fermo immagine vediamo orientare leggermente in orizzontale la propria corsa per non finire in fuorigioco. L’attacco della profondità del ventenne viola è una delle armi più interessanti della Fiorentina.
Domenica alle 15, contro un Genoa in ottima salute, la Fiorentina avrà l’ennesima possibilità di chiarire un po’ di più che tipo di squadra è, e dove può ambire ad arrivare. Oggi la “Viola” è decima, nel gruppone di squadre - fra Milan e Chievo - che sono ancora in bilico tra un campionato anonimo e uno in cui si può puntare ancora all’ultimo posto europeo - occupato per adesso dalla Sampdoria a 27 punti.
Quando si fanno delle valutazioni sulla Fiorentina bisogna ricordare che è una squadra giovane, con una media età per partita appena superiore ai 25 anni, la terza più giovane del campionato. La crescita della squadra passa anche per periodi di forma altalenanti.
L’Inter dovrebbe temere l’Udinese?
L’Udinese di Massimo Oddo è la squadra più in forma della Serie A in questo momento. Da quando è subentrato il nuovo tecnico, i friulani hanno perso una partita ben giocata contro il Napoli - e decisa da Jorginho su calcio di rigore - e hanno poi vinto tre partite consecutive: 8 a 3 al Perugia, 3 a 0 al Crotone e 2 a 0 al Sassuolo. Tutti avversari alla portata, siamo d’accordo, ma l’Udinese ha vinto in modo brillante, lasciando immaginare molti margini di crescita.
Nella sua prima esperienza al Pescara Oddo era sembrato confuso, cambiando spesso modulo di riferimento e rinunciano via via ai principi del gioco associativo. All’Udinese invece ha avuto le idee chiare da subito: un 3-5-2 estremamente fluido e verticale, molto diverso dal Pescara dello scorso anno. Se al Pescara Oddo giocava con Caprari falso nove, qui gioca con due punte dinamiche che si muovono a elastico; se al Pescara cercava di consolidare il possesso per vie centrali; qui cerca di attaccare bene anche in ampiezza.
In questo modulo le due punte devono rimanere strette e scegliere bene quando accorciare per giocare a muro e quando muoversi in profondità. Possono ricevere palla dagli esterni, che rimangono sempre molto larghi per dare ampiezza, oppure da Fofana, bravo a tagliare le linee con passaggi in verticale. In questa piccola rivoluzione Oddo ha dovuto sacrificare dei giocatori importanti per Delneri - de Paul, soprattutto - e rispolverarne altri che sembravano finiti ai margini. Ali Adnan, da terzino sinistro, è molto bravo a usare la sua sensibilità col mancino per cercare le punte; Maxi López è il centravanti più bravo ad associarsi con i compagni e a valorizzare gli inserimenti dei centrocampisti.
A quel punto entrano in gioco le due mezzali - Jankto e Barak - che ricoprono un ruolo fondamentale per la loro varietà di movimenti. Di solito Barak si muove nei mezzi spazi, attacca le seconde palle e gioca il pallone in verticale, mentre Jankto si muove in profondità per attaccare la porta. Un movimento in cui sta mostrando un grande istinto: ha messo insieme 2 gol e un assist nelle ultime due partite.
Barak si appoggia su Maxi Lopez, che fa da sponda per Lasagna che conclude. Sulla respinta Jankto segnerà in tap-in.
L’Inter quindi non ha di fronte una partita facile, almeno sulla carta. Le mezzali dovranno essere brave a non perdersi gli inserimenti degli omologhi avversari; i difensori a scegliere bene i tempi di intervento sulle punte.
Indipendentemente dal risultato, quella fra Inter e Udinese sarà una delle sfide più interessanti da seguire in questo turno di campionato.
Orji Okwonkwo dal primo minuto! (forse)
Okwonkwo è nigeriano, ha 19 anni e ha segnato 3 gol in Serie A senza mai aver esordito dal primo minuto. Un dato che lo ha fatto finire nel nostro pezzo dedicato ai migliori panchinari della Serie A. Dover entrare a partita in corso, per un giovane pieno di energie come lui, può essere più semplice. Le squadre in campo hanno meno equilibrio, i giocatori meno forze, e se sei veloce e affamato come Orji le tue corse verso la porta possono diventare devastanti.
Okwonkwo è entrato sia da centravanti che da esterno d’attacco; sia in situazioni in cui il Bologna doveva provare a rimontare che quando doveva difendere il vantaggio acquisito.
Quando si riscalda al Dall’Ara si può sentire un piccolo boato e le sue prestazioni da subentrato hanno portato in molti a volerlo in campo dal primo minuto. Cosa che Donadoni sembra volergli concedere domenica contro la Juventus, complici i problemi fisici di Palacio.
Cominciare dal primo minuto è tutta un’altra dimensione, sia a livello tecnico che psicologico. Okwonkwo dovrà dare la dimostrazione di poter essere efficace anche in una situazione tatticamente più bloccata, e mentalmente più difficile. In cui dovrà seguire consegne tattiche più complesse, in situazioni di punteggio meno definite.
Forse già domenica capiremo qualcosa in più sulle potenzialità di uno dei giovani più interessanti del nostro campionato.
Che modo di attaccare sceglierà Allegri contro il Bologna? Che giocatori offensivi metterà?
Come già successo nelle stagioni passate, Allegri ha utilizzato la prima parte di stagione per sperimentare, levigando lentamente la sua squadra come un bastone, per arrivare a un prodotto finito e perfettamente funzionante da utilizzare nella seconda, e decisiva, parte. Quest’anno, però, l’allenatore toscano ci sta mettendo più del previsto, e la Juventus non sembra ancora avere un’architettura tattica cristallizzata e definita.
A fine novembre sembrava che la Juventus dovesse passare definitivamente al 3-4-2-1, in modo da far convivere tra le linee Dybala e Douglas Costa dietro a Higuaín, ma dopo gli esperimenti con Barcellona e Crotone, Allegri è tornato a un modulo che oscilla tra il 4-4-2 e il 4-3-3 a seconda della presenza del 10 argentino, in due partite decisive come quelle contro Napoli e Inter. E anche al Dall’Ara è probabile che l’allenatore toscano preferisca avere un uomo in più nella metà campo avversaria invece che perderlo con una difesa a tre.
Il 4-3-3 leggermente asimmetrico della Juventus visto nell’ultima giornata: Mandzukic riceve nello spazio di mezzo molto dentro al campo, scarica dietro per Pjanic, che poi cambia gioco per Cuadrado, che invece è rimasto largo ad attaccare l’ampiezza.
Contro il Bologna, però, il dilemma sembra aggrovigliarsi ulteriormente, perché, oltre a decidere sulla titolarità di Dybala, Allegri avrà anche problemi d’abbondanza sugli esterni (oltre ai soliti Douglas Costa, Mandzukic, Cuadrado e Bernardeschi, è possibile che torni in prima squadra anche Pjaca, di ritorno dal lungo infortunio al ginocchio). È probabile che l’allenatore toscano, oltre alle valutazioni sulle condizioni fisiche dei singoli giocatori (a parte Pjaca, che ovviamente non può essere al meglio, anche Cuadrado è in dubbio per il riacutizzarsi di un problema muscolare), scelga gli uomini in base all’avversario, come da sua abitudine.
Il Bologna è una delle squadre più organizzate del campionato per quanto riguarda la fase difensiva e sarà ben felice di lasciare il pallone alla Juventus per stringere le linee di difesa e centrocampo davanti alla propria area. Senza profondità e con gli spazi sulla trequarti ristretti al minimo, è probabile quindi che Allegri opti per i giocatori più letali nei duelli individuali in spazi stretti, in modo da creare superiorità numerica direttamente con un dribbling o una seconda palla recuperata a seguito di un duello aereo vinto. In questo senso, al netto della condizione fisica, Mandzukic e Cuadrado sembrano più adatti a disordinare una difesa fisica come quella del Bologna rispetto a Douglas Costa e Bernardeschi.
In ogni caso, domenica, al Dall’Ara, verrà scritto un altro capitolo della storia tattica della Juventus di quest’anno, e chissà che Allegri non riesca a stupirci un’altra volta.
Preview tattica Atalanta-Lazio
Atalanta e Lazio sono state senza dubbio le sorprese della scorsa stagione. Concluso il campionato rispettivamente al quarto e quinto posto, le due squadre rappresentano una totale antitesi per quello che riguarda l'idea di calcio dei rispettivi allenatori. Da una parte il 3-4-3 iper-codificato di Gasperini, dall'altra la fluidità con cui Simone Inzaghi ha dimostrato di entrare sottopelle praticamente a ogni avversario, studiandone i punti deboli.
Proprio per questo motivo a Inzaghi non sarà sfuggita l'ultima partita dell'Atalanta contro il Genoa, l'unica che i bergamaschi hanno recentemente effettuato contro una difesa a 3, la stessa che viene utilizzata dalla Lazio. L'Atalanta veniva dalla difficile sfida contro il Lione e sicuramente ne ha risentito nell'intensità psicologica, ma la linea arretrata a 3 di Ballardini ha creato anche qualche grattacapo tattico a Gasperini. Alcune statistiche dimostrano queste difficoltà: l'Atalanta ha effettuato solo 7 cross contro i 20 in media a partita durante la stagione, e nessuno di questi è venuto dagli esterni di centrocampo. Inoltre, gli orobici hanno completato 6 dribbling in tutta la partita, contro gli 11.1 della media stagionale.
A limitare fortemente il potenziale atalantino ci ha pensato soprattutto l'aggressività nei mezzi spazi dei difensori centrali esterni, Zukanovic e soprattutto Izzo, che non hanno dato respiro agli esterni offensivi nerazzurri, Gómez e Ilicic. Il risultato sono state tante verticalizzazioni in profondità verso Petagna, una soluzione meno efficace per il gioco atalantino, anche se da una di esse è nato il gol del pareggio di Ilicic.
Inzaghi riproporrà probabilmente lo stesso canovaccio, anche se Bastos è meno aggressivo di Izzo e farà più fatica ad accorciare su Gómez. Nelle ultime partite in cui ha affrontato un 3-4-3 o 3-4-1-2 (Benevento e Cagliari rispettivamente), la Lazio si è disposta sempre con un 5-3-2, con i due riferimenti avanzati (Immobile e Luis Alberto) sui 2 mediani avversari e con la mezzala del lato palla che accorciava sul difensore centrale esterno di riferimento. Questo dovrebbe dare modo eventualmente al mediano (Lucas Leiva) di scalare sul trequartista atalantino, se quest'ultimo fosse troppo lontano dal difensore centrale laziale.
La Lazio, contro il Benevento schierato con il 3-4-2-1, inizia il pressing con la mezzala (Parolo) che esce sul difensore centrale esterno (Di Chiara). Memushaj (trequartista sinistro) è lontano dal suo centrale di riferimento (Bastos) e viene preso da Lucas Leiva che scala, con Milinkovic-Savic che completa la rotazione sull’altro trequartista (Cataldi) sul lato debole. Probabile scenario tattico anche contro l’Atalanta.
L'obiettivo della Lazio, quindi, sarà quello di forzare l'Atalanta alla verticalizzazione portando un pressing a media altezza, neutralizzando il sofisticato piano delle catene laterali atalantine. In fase offensiva, ovviamente, peserà l'assenza di Immobile e Inzaghi schiererà Felipe Caicedo, dalle caratteristiche diverse: veloce, ma non rapido in accelerazione e non abile a galleggiare sulla linea del fuorigioco come l'attaccante campano, Caicedo possiede comunque una buona abilità a proteggere il pallone spalle alla porta e a fare da sponda. Non è impensabile che, con la sua presenza accoppiata a quella di Milinkovic-Savic, la Lazio esplorerà ripetutamente le vie del gioco aereo.
La sfida tra le neopromosse
Una delle più recenti tendenze retoriche del nostro calcio è quella sull'importanza dei princìpi di gioco nelle categorie minori, evidenziata dagli esempi ormai non più trascurabili delle doppie promozioni da Lega Pro (o Serie C) a Serie A, in 2 anni. SPAL e Benevento sono soltanto gli ultimi esempi di un calcio rinnovato, che ha bisogno di idee e non più solo di giocatori di esperienza.
Lo scorso anno la SPAL ha vinto il campionato in Serie B grazie soprattutto alla solidità delle sue idee di gioco, rivisitate parzialmente per cause di forza maggiore in Serie A, ma sostanzialmente mantenute in nome di un'identità ormai piuttosto forte. Ben diverso il percorso del Benevento, autore in Serie B di un campionato discontinuo, ma risolto efficacemente in tutti gli scontri chiave, in linea con la classica indolenza del talento, di cui il Benevento era ben dotato nella sua rosa lo scorso anno.
Anche in Serie A "le streghe" hanno avuto un cammino più accidentato, avendo effettuato un cambio di guida tecnica, che tuttavia sembra ora portare i suoi frutti. Roberto De Zerbi è riuscito a dare un'impronta forte, votata a un calcio verticale, ma propositivo e organizzato. Il Benevento non rinuncia mai a costruire dal basso, tanto con la difesa a 3 quanto con quella a 4: in quest'ultimo caso il portiere Brignoli assume un'importanza maggiore, agendo di fatto da elemento effettivo nella costruzione bassa in mezzo ai due centrali che si allargano. Anche e soprattutto per questo motivo ha tolto il posto a Belec, portiere titolare di inizio stagione.
L’allargamento dei due difensori centrali, ad ampiezza lato lungo dell’area, è un classico della costruzione bassa, ma il Benevento lo fa con grande sicurezza sotto pressione. Il movimento in avanti di Brignoli lo rende attivo nella costruzione e dà quasi sempre superiorità numerica arretrata al Benevento in uscita.
Ma la costruzione bassa è sempre propedeutica ad allungare la squadra avversaria in vista di una verticalizzazione, che sia sulla punta (soprattutto quando gioca Armenteros, fortissimo spalle alla porta) o sugli esterni. Il Benevento sta pian piano acquisendo automatismi anche sulle catene laterali: una situazione che dovrebbe mettere in difficoltà la SPAL, che con il suo 5-3-2 ha spesso problemi a difendere l'ampiezza e i cambi di gioco, altro strumento utilizzato frequentemente dal Benevento, soprattutto con la presenza di Viola come mediano.
La partita tra SPAL e Benevento sarà tra due squadre che non si attaccheranno alte a vicenda, ma soprattutto la sfida tra due allenatori molto preparati e diversi nella mentalità. Un crocevia importante per entrambe le squadre: da un lato la SPAL, che vede una grande occasione per fare punti, mentre per il Benevento potrebbe essere uno degli ultimi treni per non staccarsi ulteriormente dalla zona salvezza. Per consolidare il valore della doppia promozione, dalla Serie C alla Serie A, c'è bisogno della salvezza di almeno una delle due squadre.
La crescita del Verona fermerà le nuove idee del Milan di Gattuso?
Appena arrivato sulla panchina del Milan, Gattuso ha mostrato le idee chiare: «Dobbiamo provare a verticalizzare di più, ad attaccare la profondità. Dobbiamo migliorare sull’intensità e sulla mentalità». Più o meno l’opposto di quanto chiedeva Montella, che soprattutto con la difesa a 3 aveva costruito un sistema basato sulla volontà di effettuare una lunga circolazione sfruttando tutta l’ampiezza del campo.
La strada è stata tracciata in maniera più evidente nelle partite contro Bologna e Verona (quest’ultima in Coppa Italia). Gattuso ha impostato un 4-3-3 in cui ha mantenuto gli automatismi nella catena laterale destra, ma in cui il gioco deve passare per forza da quel lato. Il segnale più evidente è stata la controversa scelta di Cutrone come esterno sinistro contro il Verona, chiaro segnale che Gattuso non vuole sfruttare l’ampiezza dal lato sinistro, ma anzi attaccare sul secondo palo quanto costruito a destra.
La catena di destra lavora e costruisce, a sinistra Borini taglia spesso internamente, sfruttando le sue ottime doti senza palla.
Gattuso si troverà di fronte un Verona sicuramente più competitivo di quello rimaneggiato in Coppa Italia. La squadra di Pecchia si è evoluta nei mesi, non tanto nell’organizzazione quanto nell’influenza dei singoli. Il Verona, dopo l’Atalanta e insieme al Milan, è la squadra che attacca di più sul lato destro (40%). Su quel lato la crescita atletica di Cerci e soprattutto Cáceres è stata evidente, e con essa le frequenti sovrapposizioni dell’uruguaiano. La catena destra insieme a Romulo, ancora non assodata, dimostra però la persistente arretratezza tattica del Verona: riusciranno i gialloblù a inventarsi un modo per fermare un Milan affamato?