Astori unisce il calcio a Firenze, l'ultimo miracolo di Davide

Serie A

Matteo Marani

A Firenze oggi è stato il giorno dell'ultimo saluto al capitano della Fiorentina, Davide Astori. Migliaia di tifosi viola presenti a piazza Santa Croce, dove si è riversato anche tutto il mondo del calcio. Dagli juventini, applauditi, a tutte le cariche istituzionali, unite nel ricordo di Davide. E' questo il suo ultimo miracolo

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C’è Alessandro Florenzi, il primo ad arrivare questa mattina. Se ne sta seduto in fondo alla navata, da solo, in silenzio a pregare. E nella panca davanti alla sua c’è Daniele De Rossi, uno degli amici più cari di Davide Astori. Guarda dritto e non parla, non parlerà mai nelle due ore della messa. E più indietro prendono posto Totti e i campioni del mondo ‘82, Van Basten ed Emilio Butragueno. Come dirà lo spagnolo uscendo dalla chiesa: "è tutta la casa del calcio a piangere oggi".

Sono arrivati in tanti, tutti, per salutare un’ultima volta Davide. L’Inter è giunta con il pullman, essendo in troppi per stare in un’automobile, e così la Samp e i cugini del Genoa, il Bologna con Destro e Di Vaio, la Lazio, il Napoli con Giuntoli e il Sassuolo di Matri, il Milan con Baresi e Galli, perché a San Siro si gioca, ma bisognava esserci. Persino il più lontano Crotone non è voluto mancare con Cordaz e altri ragazzi, arrivati sin qua da soli. E ovviamente ci sono la dirigenza e i giocatori del Cagliari, una delle case più amate da Astori. Non è voluto davvero mancare nessuno a Firenze, in questa chiesa che è il pantheon dei grandi della nostra storia, le “itale glorie” per dirla con Ugo Foscolo, sepolto qui in Santa Croce seppure ateo, ma fedele a una religione civile che lo spingeva a riposare accanto a Machiavelli, Galilei e Michelangelo. Prima che la messa cominci, sul fondo della chiesa, spuntano anche Gigi Buffon e Chiellini, assieme a Marchisio e Barzagli. Arrivano direttamente da Londra, gli juventini, dove hanno dedicato ad “Asto” l’impresa di wembley, quella di un altro calcio. O forse di un calcio migliore, tutto qui. Lo capisci quando sul sagrato, migliaia di tifosi fiorentini applaudono i bianconeri a scena aperta, i rivali di sempre fratelli nel dolore.

Oggi non c’è più nulla come ieri. Non esistono le rivalità né gli steccati ideologici. Si sono silenziate le risse, le liti da cortile, gli slogan macabri che hanno marchiato e offeso gli ultimi trent’anni del nostro calcio. È l’ultimo miracolo messo insieme da Davide Astori, con la sua giovane morte: fare sì che non esistano più le divisioni delle maglie, ma che siano solo contrappunti colorati accanto all’altare, laddove si elevano i gonfaloni di Milan, Cremonese, Cagliari, Roma e Fiorentina, le sue squadre, ma pure quelli dell’Atalanta, del Bologna, della Sampdoria, della Federcalcio, del comune di Firenze, ognuno listato a lutto. Sono sulla parte sinistra, mentre alla destra dell’abside c’è tutta la Fiorentina, con davanti Stefano Pioli, cui tocca l’ingrato ruolo di abbracciare e consolare un po’ tutti. A Milan Badelj spetta invece di leggere il saluto,affettuoso e struggente, dello spogliatoio. “Eri il primo ad accendere la luce nella stanza della fisioterapia e per noi, Davide, tu sei la luce”. Applaude Giancarlo Antognoni, da oggi l’altra bandiera e l’altro “capitano” del popolo fiorentino assieme a Davide. Applaudono anche Andrea e Diego Della Valle, che con la loro presenza giusta e discreta hanno riallacciato i rapporti con la parte più passionale del tifo. Applaudono tutti.

Sono tanti sulla piazza. Dieci, forse quindicimila. Difficili contarli. Sventolano le bandiere nel grande spazio cittadino e davanti ci sono gli striscioni appesi alle ringhiere di ferro, quelli della curva. Gli ospiti scorrono in silenzio, a testa bassa, nella riflessione che richiede la giornata. Crescono i tifosi e le persone comuni via via che si avvicina l’inizio della cerimonia e con essa la discesa del feretro da Coverciano, dove altrettanti uomini e donne sono saliti il giorno prima per congedarsi dal ragazzo sorridente. Con le sciarpe viola al collo, molti giovani stamattina hanno deciso di saltare la scuola e di dare un tributo al capitano. Del resto è lutto cittadino, la città si è fermata alle 13 in punto per un minuto intero. È l’addio di una comunità, a partire dal sindaco Nardella e dal maggio fiorentino, una delle glorie locali, impegnato in chiesa per accompagnare col coro e la sua musica la funzione funebre. Davide era diventato uno di casa, un fiorentino come loro.

Un saluto toccante, bello, pieno di struggimento anche nei suoi silenzi. A cominciare da quello della chiesa, spezzato solo dall’applauso fortissimo della piazza, che passava dal portone della Basilica ed entrava sin sotto la navata. L’omelia del vescovo Giuseppe Betori è stato il momento più alto, certamente il più sentito. "Un uomo" - ha detto il capo della chiesa Fiorentina - "è definito dalle sue relazioni, dai rapporti che costruisce nel corso della sua esistenza. E se oggi migliaia di persone sono qui, può solo significare che Davide Astori è stato un uomo grande, pieno e realizzato". Lo vedi negli occhi della sua famiglia, distrutta dal dolore, ma unita e coesa come sono le famiglie forti. Il fratello Marco ha provato a parlare dal palco, con una disperazione che spiegava tutto l’affetto e l’amore dal quale era circondato Davide.

L’amore che si è misurato nei manifesti appesi alle finestre della città, nei volti scavati dei colleghi, anche quelli di nazionale, gente abituata alle emozioni forti. Ma è diverso quando di mezzo c’è la vita di un compagno. Firenze ha detto per un giorno che il calcio, il nostro calcio, non è senza valori, ma che spesso prova a dimenticarli e che solo storie tragiche come queste hanno la forza di ripescarli dal fondo. Lo sport non può essere macchina che costruisce solo idoli e che crea solitudine e vite aride, ha aggiunto Betori. E non c’era occasione migliore per ricordarlo, per ricordarcelo. Lo sport che ha saputo rispondere in questa settimana in modo straordinario, guidato simbolicamente dal presidente del CONI Giovanni Malagò presente oggi a Firenze, dovrebbe essere sempre questo, capace di unire, di mischiarsi e abbracciarsi. Lo vedi in quella via dei Tintori, proprio dietro a Santa Croce, con i pullman di tutte le squadre vicini tra loro. È un’altra immagine, un altro simbolo. Come questa chiesa, in cui nessuno ha più bandiera, ma solo nomi. Volti che si sovrappongono. Nel quale ci sarebbe stato sicuramente quello di Davide se fosse toccato a un altro collega di non risvegliarsi dal sonno. E tutti vanno col pensiero alla giovane Francesca e alla piccola Vittoria. Sarà loro la strada più dura, adesso, ma hanno avuto un compagno e un papà speciale. Amatissimo.