Nel momento più delicato della stagione, Allegri ha preso un numero 7 e l'ha arretrato sulla linea dei difensori, chiedendogli di fare il terzino. Mossa-scudetto ripagata da due gol propiziati proprio dal nuovo "Cuadrado al quadrato"
Che gli piaccia fare, disfare, smontare e rimontare formazioni è chiaro: Max Allegri doveva andare pazzo per i Lego, da bambino. Le sue Juventus ne riflettono un po’ la filosofia: costruzioni solide (a patto che i pezzi siano incastrati bene), senza rinunciare alla fantasia. In Allegri rivediamo quel gusto di mettere ogni mattoncino al posto giusto per poi fermarsi a contemplare l’opera, ma giusto un attimo: il tempo di farsi venire una nuova idea, smontare, riaggiustare e ricominciare.
Allegri in carriera non si è mai legato a un modulo, li ha provati praticamente tutti, dando sempre la precedenza agli uomini. Sceglie i migliori in quel preciso momento, l’incastro giusto per farli stare tutti in campo si troverà. Ricorderete come proprio dalla volontà di non rinunciare a nessuna delle sue “5 stelle” nacque, nella passata stagione, il 4-2-3-1 con Mandzukic “largo” grazie al quale la Juventus svoltò. Da un mix di necessità e azzardo, invece, nasce l’intuizione di questo finale di campionato, decisiva anche lei in un certo senso. Il “settimo senso”, per la precisione.
Il principio della fionda
È qualcosa che va oltre il semplice intuito, quello di Massimiliano Allegri. Perché qui non si tratta della semplice (e neanche per tutti) capacità di leggere la partita e fare gli aggiustamenti del caso, dote ormai universalmente riconosciuta ad Allegri. E non si dica che avendo a disposizione tante alternative è tutto più facile. Potremmo replicare che la profondità della rosa è un vantaggio solo se si è capaci di maneggiarle, rose così “petalose”. La mossa dell’anno di Allegri è stata un passo indietro: prendere un’ala, una di quelle dal dribbling facile e dallo spunto che lascia gli avversari inchiodati sul posto, e arretrarla sulla linea dei difensori. Cuadrado trasformato in terzino. In realtà per il colombiano si tratta di un ritorno alle origini, visto che da lì aveva iniziato la sua carriera, terzino di spinta arrivato in Italia praticamente sconosciuto. Un biennio all’Udinese (2009-2011) con poche presenze e nessun gol: in quella squadra c’era anche Asamoah e tra i due il difensore era ritenuto Cuadrado. I primi gol a Lecce, l’esplosione a Firenze dove risulta chiaro chi sia Cuadrado: un vero numero 7 da sguinzagliare sulla destra, libero di puntare l’uomo, fintare, correre, crossare. Anche tirare, e magari fare gol. Allegri l’ha messo tra le sue “5 stelle” nella passata stagione (ottenendone prestazioni decisive anche in quel caso, vedi gol pesantissimi negli 1-0 contro Inter e Sampdoria), ha dovuto rinunciarvi per tre mesi in questa, per infortunio, e nel momento più delicato del campionato ha avuto il coraggio di cambiargli ruolo. Arretrare Cuadrado, però, non ha significato sfruttarlo meno in attacco, ma farcelo arrivare con la rincorsa. È il principio della fionda.
Cuadrado al quadrato
L’assist resta il pezzo forte del suo repertorio e guarda caso la stagione della Juventus è stata raddrizzata proprio da due suoi cross, nati nelle partite in cui è stato schierato terzino da Allegri. Che gli avversari, Skriniar prima e De Maio dopo, ci abbiano messo il piede trasformandoli in autogol, è poco più che un dettaglio secondario ai fini dello scudetto.
Il merito di Allegri sta nell’essere riuscito a fondere le due anime di Cuadrado, creando un terzino destro che quando si spinge in avanti mette paura a chiunque e facendo riaffiorare in lui i ricordi delle stagioni trascorse a difendere, con qualche necessario aggiustamento. Un Cuadrado più “quadrato”, o Cuadrado al quadrato (C²), formula vincente di una Juventus che sull’altra fascia, sempre in difesa, schiera Alex Sandro. E dire che il brasiliano sia il più “difensivo” dei due terzini rende bene l’idea del tipo di calcio voluto da Allegri dopo quello 0-1 contro il Napoli figlio della paura. Sarà un caso, ma in quella squadra incapace di tirare una volta verso Reina, Allegri era partito con Howedes terzino destro “bloccatissimo” (salvo poi cambiarlo con Lichtsteiner dopo l’infortunio di Chiellini, spostando il tedesco in mezzo).
A San Siro contro l’Inter, in una gara che a quel punto era vietato perdere, la scelta di Cuadrado terzino viene ripagata a 3’ dalla fine, quando il colombiano veste i panni dell’ala, si beve Santon e “costringe” Skriniar all’autogol. Di nuovo Cuadrado, con la Juve sotto 0-1 contro il Bologna, pareggia con l’aiuto di De Maio che devia in porta un suo traversone dalla destra. Che Allegri non l’abbia snaturato lo si intuisce anche dal rapporto tra i due: Max lo riprende con uno scappellotto per aver tenuto troppo tra i piedi una palla pericolosa, Cuadrado accetta in silenzio perché sa che in difesa non si fanno certe cose. Poi, però, torna all'attacco e lo riempie di schiuma per festeggiare la vittoria della Coppa Italia. All'istinto non si comanda.