Un confronto tra Allegri e Sarri sul modo, molto diverso, con cui hanno gestito le rose di Juventus e Napoli durante la stagione: un aspetto che si è rivelato decisivo per il settimo Scudetto bianconero
Dopo 34 intense giornate, molte delle quali passate in vetta, che poi si è trovato a rincorrere arrivando a sfiorarla di nuovo (dopo il gol di Koulibaly all’Allianz Stadium), il Napoli si è letteralmente sfaldato e, con un solo punto conquistato in due partite, e ben cinque gol subiti contro Fiorentina e Torino, ha definitivamente consegnato il settimo Scudetto nelle mani della Juventus. In nessuna delle precedenti sei vittoriose stagioni la Juventus aveva faticato tanto per assicurarsi il titolo: contrariamente a quanto si potrebbe pensare esaminando l’impressionante serie di trofei conquistata dalla Juventus, in particolare negli ultimi quattro anni, nel 2017/2018 siamo tornati a essere testimoni di una lotta Scudetto esaltante e ricca di colpi di scena. Nessun altro tra i cinque maggiori campionati europei è stato sul filo così tanto a lungo.
Il duello tra Juventus e Napoli è stato denso di significato: l’abitudine alla vittoria della Juve e dei suoi tifosi, contro la voglia di tornare a vincere dei partenopei; il camaleontismo e la capacità di adattamento in campo della squadra di Allegri, contro l’inconfondibile stile di gioco di quella di Sarri. Ma ha contato in parte, e se ne è parlato durante tutto l’anno, anche la differente gestione delle risorse tecniche e umane a disposizione da parte dei due allenatori (recentemente De Laurentiis è tornato a bacchettare il suo allenatore dicendo che la rosa avrebbe dovuto ruotare di più).
Filosofie a confronto
Nelle 37 giornate giocate finora, gli undici calciatori più presenti tra quelli juventini hanno giocato complessivamente il 64,4% dei minuti totali. Il più presente è stato proprio l’ex centravanti del Napoli, Gonzalo Higuaín (34 partite), l’unico bianconero ad aver superato finora il muro 2500 minuti giocati (2794). Solo altri sei elementi a disposizione di Allegri, ossia Pjanic, Matuidi, Dybala, Chiellini, Mandzukic e Alex Sandro, sono rimasti in campo per almeno 2000 minuti complessivi. Un dato che sottolinea quanto Allegri, pur avendo schierato lo stesso numero di giocatori di Sarri (23), abbia realmente ruotato tutta la rosa a disposizione, a seconda dei momenti della stagione, evidenziando come non esista una formazione tipo della Juventus, né per quanto riguarda il sistema di gioco, né per quanto riguarda gli interpreti.
Le armi a disposizione dell’allenatore livornese erano molteplici ed eterogenee: Allegri ha saputo gestirle al meglio, sfoderandole nei momenti di necessità, senza affrettare l’inserimento in squadra dei nuovi arrivati, come ormai è solito fare, né accelerando i rientri degli infortunati. Certo, gli si può imputare di aver a volte trascurato l’aspetto estetico, se non quello puramente edonistico del gioco, ma non si può dire che non abbia sempre agito in maniera coerente rispetto alla sua visione manageriale del calcio, in cui i giocatori vanno messi nel posto a loro più congeniale e gestiti nei diversi momenti di forma. Un’idea ripetuta anche al termine della finale di Coppa Italia.
Gli undici “titolarissimi” di Sarri sono invece rimasti in campo per l’84,1% dei minuti complessivi a disposizione degli azzurri. Se poi volessimo considerare anche Zielinski, quello che per tutta la stagione è stato nel vero senso del termine il 12.esimo uomo del Napoli, il dato salirebbe addirittura all’88,4%, con i restanti undici giocatori utilizzati che si sono spartiti meno del 12% dei minuti complessivi. Se nella Juventus era Higuaín il solo ad aver giocato almeno 2500 minuti, sono ben nove i giocatori azzurri ad aver superato tale soglia e sei di questi hanno giocato più del “Pipita”. Volendo estendere l’analisi a tutto il resto della Serie A, ben cinque dei 20 giocatori (portieri esclusi) con più minuti giocati in campionato sono del Napoli.
Le premature eliminazioni dalla Champions League e dalla Coppa Italia hanno fatto sì che Sarri potesse concentrare tutte le sue risorse sul sogno Scudetto, ma il tecnico toscano aveva utilizzato in maniera massiccia quello che è ormai l’undici tipo del Napoli già nelle precedenti stagioni sulla panchina azzurra. Sarebbe poco oggettivo paragonare la profondità e la qualità della panchina della Juventus con quella del club partenopeo, ma bisogna ammettere che tale strategia dipende anche dalle convinzioni gestionali di Sarri.
Sarri non rinuncia facilmente al 4-3-3 e non è particolarmente flessibile nemmeno per quanto riguarda i ruoli (se si esclude “l’invenzione” di Mertens centravanti) avendo scelto quel modulo proprio in funzione degli undici titolari. Ciò rende più difficile per i sostituti imporsi in formazione, perché le occasioni per mettersi in mostra e raffinare l’intesa con i compagni sono poche e il gap di ritmo e intensità con i titolari rimane costante. Sarri e i suoi titolari devono molto del loro successo l’uno agli altri, tanto che si è persino vociferato di una partenza di massa in caso di addio dell’ex allenatore dell’Empoli.
Quanto hanno guadagnato dai cambi Juve e Napoli
Anche esaminando l’apporto dei cambi, è facile intuire il divario esistente tra la panchina della Juventus e quella del Napoli. Questo non è tanto evidente nel numero dei gol, visto che sia i cambi di Allegri che quelli di Sarri hanno segnato solo 6 reti, ma nel contributo realizzativo complessivo. Infatti, tenendo anche degli assist, le riserve del Napoli hanno contribuito a 11 gol complessivi (Zielinski da solo ha segnato 2 reti e servito 2 assist partendo dalla panchina), mentre quelle della Juve arrivano fino a quota 21.
Stupefacente l’apporto di Douglas Costa, che subentrando 13 volte, per un minutaggio complessivo di 378 minuti, ha segnato una rete e servito ben 7 assist. Per quanto sia poco significativo fare considerazioni di questo tipo unicamente sui minuti giocati da subentrato, proiettando il dato sui 90 minuti porta a un contributo realizzativo medio da circa 2 gol più assist.
Non da meno è stato Higuaín, che ha servito addirittura 3 assist nei 38 minuti giocati alzandosi dalla panchina, tanti quanti Bernardeschi nelle 15 occasioni in cui è entrato a gara in corsa. Cuadrado e Dybala sono invece quelli ad aver segnato più gol quando hanno preso il posto di un compagno, 2 a testa.
In una corsa al titolo giocata su margini strettissimi, poter contare su una panchina in grado di contribuire direttamente o indirettamente a 21 reti, cioè quasi quanti ne ha segnati il Sassuolo in tutta la stagione, ha sicuramente comportato un vantaggio considerevole per la Juventus. Anche perché, a conti fatti, i bianconeri hanno segnato in campionato 9 reti più del Napoli, cioè quasi la differenza nel contributo realizzativo offerto dalle due panchine. Più che mai in questa stagione, Allegri ha dimostrato che l’undici iniziale è tanto importante quanto quello che conclude la gara.