Lo striscione di Piacenza, il gol di Calori, il Milan, la rivincita di Manchester e anche un dito medio. Nel Grande Sabato di Sky Ancelotti torna col Napoli a sfidare la Juve, la sua miglior nemica. Juve-Napoli è in esclusiva su Sky, anche sul digitale terrestre con un'offerta imperdibile
"Torino non mi piaceva. Troppo triste, lontana un paio di galassie dal mio modo di essere”. E dire che invece i tifosi bianconeri erano stati decisamente più diretti con lui: “Un maiale non può allenare”. Protesta immediata al Garilli di Piacenza il giorno del suo esordio dopo l’esonero di Lippi diventato ben presto un mantra del tifo juventino. Ancelotti? Milan e Roma, nient’altro. Perché la Juve, come scriverà sempre lui nella sua prima autobiografia Preferisco la coppa, “è sempre stata una rivale”. Ieri, oggi e anche domani, quando nel Grande Sabato targato Sky Carletto proseguirà nel suo tris di ritorni al futuro dopo la sfida al Parma (la sua seconda panchina lungo la via Emilia dopo la Reggiana), la Juve, appunto, e prima del Liverpool in Champions, nel ricordo agrodolce sparso tra Istanbul e Atene. I fari? Saranno puntati ovviamene sullo Stadium, in quella nuova casa della Juve che non è mai stata la sua di casa (al tempo giocava al Delle Alpi) e che mai lo sarà. Inutile quella prima semifinale di Champions persa solo contro i campioni di fine secolo del Manchester United. Inutili i due secondi posti consecutivi in A: perché Ancelotti e la Juve non sono mai riusciti ad amarsi.
La grande delusione del 2000 (Getty)
Eterno secondo?
La storia, fosse realmente necessario sottolinearlo, è tutta lì: 14 maggio del 2000, “Curi” di Perugia, il pantano e Collina che decide: “Si gioca”. Segnerà Alessandro Calori e la Lazio sorpasserà e befferà all’ultima giornata i bianconeri di Ancelotti vincendo lo scudetto con tre gol a Bologna di Conceição, Simeone e Salas. Il bivio sarebbe stato clamoroso, e anche uno Allegri, suo prossimo avversario allo Stadium, lo sa fin troppo bene: vincere cambia tutto. Chiaro: se vinci, altrimenti… cosa rimane? La bellezza di 144 punti sulla panchina bianconera, tanti ma uno più inutile dell’altro. A fine 2001 le strade si dividono ma gli incroci continueranno senza sosta. Perché la Juve non è soltanto la squadra che l’Ancelotti calciatore ha sfidato più volte in carriera: 26, ma anche una delle più affrontate di sempre dal Carlo allenatore. Il bilancio? Negativo, che col Napoli può però provare a correggere: sei le sue vittorie (compresa la prima assoluta sulla panchina del Parma): 12 i pari e 8 i ko. Alla guida del Milan (dove eredita il posto di Terim nel novembre del 2001) pareggia la prima e poi ne perde tre nello spazio di dieci mesi tra campionato e Coppa Italia. Il coro che lo insegue è allora sempre lo stesso (quello che nel 2008 gli farà anche alzare un dito medio durante un trofeo Tim di luglio), così come quel nomignolo di “eterno secondo” che Ancelotti cancellerà una volta per tutte nella finale di Manchester. 28 maggio: Juve e Milan si giocano quella Coppa che lui “preferisce” e che ha già vinto due volte da giocatore. Dida para e Shevchenko segna, lui esulta e finalmente trionfa.
La rivincita del 2003 (Getty)
Il Grande Sabato
La sfida nella sfida è allora già apparecchiata per lo Stadium. Ancelotti che torna a Torino e che nel frattempo studia un piano per fermare CR7, l’uomo con cui si è regalato la storica decima del Real e con cui tanto andava d’accordo. Rapporti con lo spogliatoio: altissimi, da sempre il suo segreto per far girare la squadra. Quelli che a Napoli sembrano già aver creato un nuovo corso: 442 in campo, nel rispetto del lavoro di Sarri ma avanti con le sue idee: Insigne scelto come punta di diamante della squadra e rifinitore per la punta vera, Milik o Mertens all’occorrenza. Il tema della partita è già scritto: il grande rivale, storico, che torna a sfidare la “sua” Juve sulla panchina della più grande rivale, attuale, dei bianconeri. Perché Ancelotti e la Juve sono come quei migliori nemici che non possono proprio fare l’uno a meno dell’altro.
L'amico ora grande rivale (Getty)