Juric e Giampaolo si affidano a modelli di gioco molto diversi, ma le loro squadre vivono un brutto momento di forma e hanno bisogno di una vittoria nel derby per riprendersi
Non è usuale per Genoa e Sampdoria arrivare al Derby della Lanterna con un ruolino di marcia identico nelle quattro partite precedenti: dopo aver pareggiato con Udinese e Sassuolo, entrambe le squadre hanno subito 3 sconfitte consecutive - i rossoblù contro Milan, Inter e Napoli; i blucerchiati contro Milan, Torino e Roma. Insomma, è un momento di difficoltà per le due squadre del capoluogo ligure e il derby può rivelarsi un’occasione importante per il loro rilancio. Tatticamente è anche la contrapposizione di due approcci calcistici estremamente diversi, ricca di spunti interessanti e condita da quel sano ardore agonistico che aumenta il livello di imprevedibilità.
Le difficoltà di Juric
Un esonero di Preziosi non è mai una sorpresa, ma stavolta l’allontanamento di Ballardini è stato colto con perplessità da parte sia dell’ambiente genoano che degli osservatori esterni. L’allenatore cesenate, pur avendo affrontato squadre alla portata della sua, aveva collezionato uno score di tutto rispetto, riuscendo a dare continuità a un progetto tattico non elaborato, ma senz’altro efficace. Al centro del proprio gioco, Il Genoa aveva le doti di finalizzazione di Piatek e la mobilità di Kouame, coppia di difficile lettura per molte linee difensive in A, spalleggiata da un atteggiamento conservativo. La sconfitta col Parma è però il pretesto per rimettere tutto in discussione, e il nuovo ritorno di Juric sembra essere una scelta abbastanza forzata.
Il croato, non agevolato dal calendario, che gli ha messo di fronte 3 big in un mese (Juventus, Napoli e Inter) non ha apportato grandi cambiamenti al modello di gioco: ha mantenuto la linea difensiva a 3 e rimpiazzato l’infortunato Spolli con Romero o Günter, affiancati dagli intoccabili Biraschi e Criscito, che nelle primissime partite della stagione era stato impiegato da tornante, ma che ormai ha consolidato la sua posizione arretrata. Così come con Ballardini, il presidio delle fasce è stato affidato a giocatori più offensivi, alternando Lazovic, Pedro Pereira e Romulo, che ha trovato spazio soprattutto come interno, accanto a Hiljemark o Sandro.
La variabile più interessante riguarda però le modalità di riempimento della zona tra attacco e centrocampo. Spesso è stato utilizzato Daniel Bessa, in grado di dare un apporto più quantitativo anche senza palla, sfruttando gli spazi aperti dagli incroci della coppia Kouame-Piatek come soluzione per finalizzare, oppure andando in ampiezza per bilanciare l’offensiva. Ballardini ha invece schierato spesso in questa posizione Pandev, capace di portare una interpretazione più creativa in rifinitura, ma molto meno partecipe quantitativamente: il macedone con Juric ha trovato spazio solo al posto di Piatek come punta pura, nella pesante sconfitta contro l’Inter.
Heatmap stagionali di Bessa (a sinistra) e Pandev (a destra) a confronto.
Juric ha provato a mettere mano soprattutto nella composizione della mediana, dopo i due pareggi con Juventus e Udinese: contro il Milan ha schierato Bessa mezzala sinistra, Romulo mezzala destra e il tignoso Mazzitelli al centro, per cercare di riportare densità e migliorare il palleggio. Il risultato è stato parzialmente incoraggiante, con una leggera diminuzione dei lanci lunghi e un miglioramento della precisione di passaggio, ma non è bastato a trovare la quadra. Contro l’Inter è stato nuovamente riproposto il triangolo Sandro-Romulo-Bessa, ma è emersa la sofferenza contro una squadra a suo agio nel giocare lunga, capace di recuperare il pallone abbastanza in alto. Questo ha forse portato Juric a optare, contro il Napoli, per un 3-5-2 con Veloso davanti alla difesa e Hiljemark interno destro, dirottando Romulo sulla fascia.
Insomma, la sensazione è che ancora Juric non abbia trovato la versione definitiva del suo Genoa, pur mantenendo un modello di gioco sostanzialmente simile a quello di Ballardini, volto al baricentro basso e alla cautela nella copertura di ampiezza e lunghezza.
Che certezze ha Giampaolo?
Al contrario di Juric, Giampaolo viene da un periodo molto lungo di “installazione” dei suoi concetti tattici nella rosa. Nonostante i numerosi movimenti estivi, la sua squadra ha già interiorizzato il calcio, confluendo anche in un undici titolare ben definito. Davanti a un (fino a questo momento) buon Audero, la linea a 4 da zona pura è formata in pianta stabile da Bereszynski, Andersen, Colley e Murru Davanti a loro il classico diamante di centrocampo, con un sorprendente Ekdal a vestire i panni dell’ex Torreira con buoni risultati, affiancato da Praet e Linetty, con uno tra Ramirez e Saponara a completare il rombo. Le punte di riferimento sono Defrel e Quagliarella. Le uniche forme di ballottaggio abbastanza frequenti sono Colley-Tonelli e Barreto-Linetty. È invece conclamato il ruolo di riserva per Caprari (impiegato sia da trequartista che da punta) e Jankto, che al momento sembra non avere rispettato le aspettative.
Giampaolo è probabilmente uno degli allenatori più proattivi del campionato. Anche in una fase complicata come quella dell’ultimo mese ha mantenuto fiducia nel suo progetto tattico, che trae naturalmente giovamento dal rodaggio dei meccanismi, pur non essendo rigidissimo in termini di schemi offensivi. Molto è infatti lasciato alla creatività del centrocampista offensivo e degli interni, che giovano dei movimenti ad aprirsi delle punte. Quagliarella e Defrel stanno facendo un ottimo lavoro in questo senso, dando una grande mano a terzini e mezzali nella copertura dell’ampiezza, dando aria alla manovra offensiva e portando imprevedibilità. Il lavoro di associatività che Giampaolo sta mettendo a punto su due attaccanti mobili ma, nelle esperienze precedenti, poco partecipativi di natura, dà un ulteriore indizio sulla bontà delle idee del tecnico abruzzese.
Ogni anno, però, sembra arrivare un momento di “stanca” in cui il gioco espresso dalla Sampdoria fatica a trovare il coronamento del risultato. Il turnover cospicuo è spesso un problema per la fluidità della manovra, soprattutto in fase di non possesso, dove per la filosofia adottata non c’è margine di errore nella copertura degli spazi. Basta infatti una scalata sbagliata o un ritardo nel ripiegamento a creare scompensi che rendono i blucerchiati pericolosamente vulnerabili. In generale si tratta di un contesto in cui non si può assolutamente prescindere da una partecipazione integrale di tutta la squadra alla fase di non possesso, ma il più grande rischio per la Sampdoria è la gestione delle transizioni a palla persa nella propria metà campo.
Portando tanti giocatori sopra la linea del pallone la squadra di Giampaolo non può permettersi il lusso di perdere il possesso contro una squadra che pressa con tanti uomini.
Uno scontro di concetti
Al di là della cornice spettacolare del Derby della Lanterna, capace di generare un grande carico emotivo in chi lo gioca e in chi lo segue da “terzo”, sarà una partita interessante proprio perché porrà di fronte due modelli di gioco estremamente opposti.
Il pragmatismo fisico dei genoani contro la solidità ricercata e spregiudicata dei blucerchiati. La linea del fuorigioco più alta di A contro una delle più basse, Piatek e Kouame contro una delle difese più sincronizzate del campionato, Quagliarella rivitalizzato dall’ennesima partita “calda” della carriera. Juric in cerca della quadra contro Giampaolo per il rilancio.
Sarà certamente stimolante capire quanto le idee iniziali dei due allenatori potranno attecchire in una situazione così elettrica, se il piano gara andrà come tutti ci aspettiamo, con la Sampdoria in controllo del possesso e che tiene un baricentro molto più alto o se il Genoa proverà a sorprendere tutti tentando un approccio più aggressivo e limitando le fasi senza palla. In ogni caso, anche al di là dell’intensità che sempre accompagna il Derby della Lanterna, sarà una partita da non perdere.