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Il racconto di due donne italiane di Gedda: cosa significa essere donna in Arabia Saudita

Serie A

Due testimonianze raccolte da Alessandro Alciato per capire come sta cambiando un paese in cui, fino a poco tempo fa, alle donne era vietato persino guidare o andare allo stadio. “Rispetto allo zero di prima è un passo avanti. È con eventi come questi che si promuove il cambiamento”

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Molte delle restrizioni contro le donne sono state eliminate, qualcosa in Arabia Saudita sta cambiando. Una trasformazione che però è solo all’inizio. C’è molto da fare, ma tra chi vive e lavora a Gedda come le due donne intervistate per questo Speciale, c’è ottimismo. La scelta della sede della Supercoppa ha fatto parlare molto in questi giorni, un evento a cui le donne arabe potranno assistere, anche se per loro ci saranno settori dedicati. Potranno andare allo stadio accompagnate o anche da sole.

Leila Hafiz, è italo-araba, papà saudita e mamma italiana e racconta il momento delle donne in Arabia. “Limitazioni sì, ma rispetto allo zero di prima lo considera un passo avanti”. Uno dei giorni più belli della sua vita è stato quando, a 16 anni, il padre l’ha lasciata uscire per la prima volta da sola con le sue amiche per un caffè. “Per me è stato un incredibile momento di libertà”. Perché allora era impensabile che una donna guidasse o potesse andare allo stadio. “Oggi le donne aprono aziende e le gestiscono. Assistere a questi cambiamenti per me è qualcosa di bellissimo”.

Roberta Fedele è la moglie di quello che per quasi dieci anni è stato console in Arabia Saudita. “Quando mi hanno detto che dovevo venire qui ero terrorizzata, lo immaginavo come il mondo delle proibizioni, poi ho scoperto un posto in cui ovviamente i diritti civili sono indietro, ma in cui i cambiamenti iniziano ad esserci”. Sul calcio italiano in trasferta, aggiunge: “Eventi come la Supercoppa sono importanti perché incoraggiano il cambiamento”. Lei che mercoledì andrà allo stadio con alcune amiche saudite e “senza uomini, guidando la nostra macchina”.