Roma, Pallotta: "Il nuovo stadio per essere al top, ecco i miei sogni per i prossimi anni"

Serie A
James Pallotta (getty)

Il presidente giallorosso si è raccontato al sito ufficiale della Roma: "Gli ultimi sono stati mesi difficili, ma ora stiamo facendo progressi. Lo stadio nuovo fondamentale per essere tra le migliori, oggi siamo nella top 20". Tra realtà e sogni: "Mai pensato di andare via, i cori non mi infastidiscono più e voglio solo il bene del club. Tra cinque anni vorrei una grande squadra che gioca per vincere trofei"

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A tutto James Pallotta. Il numero uno della Roma ha festeggiato i primi 6 anni da presidente dei giallorossi e ha deciso di raccontarsi al sito ufficiale del club. In una lunga intervista, Pallotta ha ripercorso i migliori momenti vissuti finora, passando per il tema legato al nuovo stadio e al presente della squadra di Di Francesco, pronta ad affrontare il derby. “Quando siamo subentrati come proprietà - ha spiegato - avevamo l’obiettivo di valorizzare l’immagine della Roma e della sua storia per costruire un marchio globale che potesse aiutarci ad avere successo sul campo. Se guardo indietro a questi primi sei anni, alzo le mani e ammetto di aver commesso degli errori, ma penso che in alcune aree siamo riusciti anche a superare le aspettative”. Soddisfacenti anche i risultati in campo: “Credo che dal punto di vista calcistico, centrare quasi costantemente l’accesso alla Champions League, senza gli introiti provenienti da uno stadio di proprietà, ci abbia aiutato a rendere la Roma un marchio globale sostenibile”.

"I ritardi nello stadio ci hanno portato indietro"

Non sono mancate le note stonate, legate in particolare alla questione stadio: “Ovviamente i ritardi nel progetto stadio ci hanno riportato indietro di due o tre anni - ha precisato - Pensavamo che oggi ci saremmo trovati molto più vicini all’apertura e tutto ciò ci avrebbe aiutato a generare entrate di gran lunga maggiori, per poter competere costantemente con i più grandi club di Europa. Nel merchandising non siamo stati in grado di andare nella direzione che avremmo voluto intraprendere, ma le cose stanno cambiando”. E ancora: “A volte in passato mi sono un po’ demoralizzato quando percepivo che qualche persona nell’area business non avvertiva la stessa urgenza di raggiungere i più alti livelli a cui sono abituato e che mi piacerebbe vedere. Quindi, per rispondere alla domanda, c'è stato mix di aspetti positivi e demoralizzanti. Chiunque mi conosce, sa che non mi ritengo mai totalmente soddisfatto, ma penso che stiamo cercando di mettere in piedi un marchio globale e credo che in generale la Roma goda di molto più rispetto a livello internazionale nel mondo del calcio rispetto a sei anni fa”.

"Ultimi mesi difficili, siamo tra le top 20"

Le emozioni, racconta il presidente giallorosso, sono però ancora vive: “Onestamente, gli ultimi sei o sette mesi sono stati difficili, a causa dei ritardi nello stadio, ma ora stiamo facendo nuovamente progressi. E non è un segreto che sono stato deluso da alcuni risultati in questa stagione. Come ho detto prima, dobbiamo migliorare, perché abbiamo alzato l’asticella dei nostri obiettivi sapendo che possiamo raggiungerli. Se riusciamo a sistemare certe cose, vedrete il mio entusiasmo salire alle stelle. Se è solo una questione di soldi? L’aspetto economico non è la mia forza trainante con la Roma. A volte sono depresso e frustrato perché odio perdere. Più di ogni altra cosa. In me c’è una natura competitiva. So che alcune squadre hanno a disposizione un budget due o tre volte più grande del nostro, ma non riuscire a competere sempre e a certi livelli mi disturba”. E sulle promesse di una Roma tra i top 10 club del mondo… "È possibile, ma non possiamo diventare una top 10 senza uno stadio. Possiamo vivere grandi anni, come la scorsa stagione, e passare periodi in cui andiamo fino in fondo in Champions League, ma voglio arrivare a essere tra le top 10 e non parlo solo in termini di fatturato, ma di tutto: mi riferisco al campo, alla percezione che c’è di noi, ai media, ai social, a tutte queste cose. E per riuscirci abbiamo bisogno di più entrate: per questo dico che lo stadio è il punto di svolta”. La Roma è però sulla buona strada: “Penso che negli ultimi anni, guardandoli complessivamente, il nostro sia un club da top 20. A livello calcistico, direi che in questo gruppo ci sono probabilmente due o tre squadre in Spagna, una o due squadre in Francia, due squadre in Germania, sette in tutto. In Inghilterra ce ne sono altre sei e siamo a tredici, alle quali possiamo aggiungerne forse cinque italiane. Guardandola in questo modo, direi che sul campo siamo certamente tra le migliori 20. In alcune aree fuori dal campo, penso che siamo tra i primi 10 club”.

"Mai pensato di andarmene. Tra cinque anni voglio una Roma di campioni"

Una considerazione finale sui pensieri di un addio: “Non ho mai pensato di andarmene - ha ammesso Pallotta - Faccio 61 anni fra due settimane e questo progetto mi esalta ancora. Quando forse ne avrò 75 non starò più qui a guidare questo club, ma questo non è un progetto a breve termine per me. I cori contro di me? Sarò onesto: una volta mi facevano male. Non voglio dire bugie, all’inizio non lo accettavo. Ma ora non me ne frega niente, perché so che il lavoro su cui ci impegniamo da tanto è solo per il bene del club. Quando perdiamo sbagliamo tutti, ma questo accade da molto prima di me: anche gli altri presidenti della Roma sono stati criticati. Quando me ne andrò qualcun altro verrà criticato allo stesso modo, ma per ora preferirei che la gente criticasse me e sostenesse i giocatori”. Perché le ambizioni non mancano: “Tra cinque anni la Roma deve giocare nel nuovo stadio. Mi piacerebbe vedere una grande squadra sul campo, competere per i trofei, davanti a dei tifosi entusiasti a Roma e in tutto il mondo e un management solido in tutte le aree. Alla fine, quando andrò via, vorrei che la percezione fosse questa: che avevamo una grande squadra che indossava i colori della Roma con orgoglio e ha combattuto sul campo per i tifosi e per la città e che siamo stati una società di prima classe. Voglio che le persone sappiano che abbiamo fatto le cose nel modo giusto, gareggiando e cercando di vincere. La percezione deve essere questa, altrimenti significherebbe aver fallito”, ha concluso.