L'allenatore della Samp si è raccontato in diretta con Casa Sky Sport. Dagli inizi al trionfo con Leicester, dal sogno sfiorato con la Roma alle esperienze con Juventus e Inter: "Alleno perché il calcio mi emoziona ancora. E quell'esonero a Valencia..."
Claudio Ranieri, come tutti, aspetta novità riguardo all'eventuale ripresa della Serie A. Lo scorso ottobre prendeva in mano una Samp all'ultimo posto. Prima dell'interruzione causa Coronavirus, la classifica diceva 16esimo posto e un punto di vantaggio dalla zona retrocessione: "Stavamo vivendo un periodo eccellente, poi abbiamo avuto molti casi positivi al virus. Mi auguro che i ragazzi colpiti possano tornare al 100%, è importante per la squadra e per la loro carriera". La raccomandazione è sempre la solita: "La cosa più importante è stare in casa e seguire le direttive del Governo. Noi come squadra non abbiamo mai mollato, dal primo giorno la sera parlo con i collaboratori e la mattina seguente mandiamo il programma ai giocatori. Non è la stessa cosa, perché c'è chi ha il giardino e chi si deve sacrificare di più. Tuttavia siamo sereni, speranzosi di poter tornare a giocare a calcio".
"Alla Samp sto bene"
Con la Samp è comunque nato fin da subito un certo feeling: "Sto bene con i giocatori e con la società - ha continuato - e poi apprezzo questi tifosi. Mi ricordo la partita contro il Lecce (1-1 a Marassi ndr). Attaccammo ma loro ci fecero gol in contropiede. Allora spingemmo per tutta la partita e pareggiammo nel recupero. Il pubblico, che ci aveva soffiato dietro fino a quel momento, alla fine ci fischiò. Prima ci avevano fatto pareggiare, poi ci hanno criticato. Non mi era mai capitata una cosa del genere, è una tifoseria eccellente".
"Cagliari la mia favola"
Una carriera lunghissima quella di Ranieri, iniziata con la Vigor Lamezia. Poi, fra le prime esperienze, il Cagliari: "Tutti raccontano del Leicester, ma la mia favola è quella in Sardegna. La storia di un allenatore che non sapeva ancora se fare quello per il suo futuro. Arrivai in Serie C, molti mi dicevano che mi sarei bruciato. Io ho accettato senza paura e siamo saliti fino alla Serie A, salvandoci anche lì dopo un girone di andata disastroso. Ci davano per spacciati, avevamo fatto solamente nove punti. Cagliari resterà nel mio cuore, la dirigenza mi ha accolto come un fratello".
"Per Zola convinsi Ferlaino"
Poi, subito dopo, il Napoli: "Arrivai il primo anno dopo Maradona - ricorda Ranieri - Ferlaino mi disse di trovare un numero 10 che raccogliesse l'eredità di Diego. Gli risposi che con tutti i giocatori possibili avrebbero fatto il paragone con Maradona distruggendo così il ragazzo in questione. In squadra c'era già Zola, che si era ambientato bene. Giocatori e tifosi gli volevano bene: "Presidente, puntiamo su di lui. Mi prendo io tutte le responsabilità", dissi". Zola, dopo una grande carriera da giocatore, ci ha provato anche da allenatore. Le esperienze con Watford e West Ham, poi un periodo di difficoltà: "Ma sono sicuro che l'esperienza da vice avuta con Sarri gli farà bene. Me ne sono reso conto una volta che sono andato a trovarli al centro sportivo. Gli ha dato quel qualcosa che gli mancava".
"Che delusione l'esonero a Valencia"
Dopo Napoli, quattro anni alla Fiorentina. Poi, nel 1997, la prima esperienza estera al Valencia: "C'erano tanti buoni giocatori, ma non era una squadra. I dirigenti mi chiesero cosa ne pensassi dopo tre partite e io, in Italiano, dissi loro che avevano sbagliato allenatore. La squadra toccava sempre la palla, non andava mai a fare gol: "Se resto - gli ho detto - metterò dentro tutti i ragazzini al posto dei più grandi". Mi diedero fiducia, tenni i tre anziani più pronti ad aiutare i ragazzi che andavano a tremila allora. Al primo anno arrivammo sesti, quello dopo addirittura quarti vincendo la Coppa del Re. Poi sono stato richiamato nel 2004 e vincemmo la Supercoppa Europa. Ma quella squadra, che veniva da successi importanti in Spagna e in Europa, non aveva più i mezzi giusti per confermarsi. Tanto è che andai dal club a chiedere pazienza, perché avremmo fatto fatica. Ma loro mi esonerarono e io ci rimasi veramente male. Fu l'unica volta in vita mia in cui non volevo tornare su una panchina".
"A Parma l'impresa più difficile"
Il riscatto arriva a Parma nel 2007: "Fu mia moglie a convincermi ad andare - racconta Ranieri - il direttore generale di allora, ovvero Cinquini, lo avevo avuto anche a Firenze e mi stava chiamando da diverso tempo. Tanto è che seguivo la squadra e non mi capacitavo dell'ultimo posto in classifica. La salvezza che abbiamo ottenuto è stata un'impresa più difficile di quella con il Leicester. Arrivai a febbraio senza tempo per test o amichevoli, ma trovai un gruppo che mi seguì in tutto e un pubblico che ricorderò per sempre".
Gli anni alla Juve e all'Inter
Dopo Parma i due anni alla Juve, dal 2007 al 2009: "Sono arrivato a Torino in un momento particolare. Presi la squadra dalla B, arrivammo un anno terzi e l'altro secondi. Più di quello non potevamo fare. Dopo la rivoluzione c'erano 5 grandi campioni e poi molti ragazzi". Nella stagione 2011-2012 anche l'esperienza all'Inter: "Nel dopo Mourinho la squadra andava rifondata. Arrivai a metà stagione, vincemmo sette partite di seguito. Poi a Natale mi cedettero Motta e Coutinho e il gruppo si disunì. Dopo, pareggiando e perdendo qualche partita, sono stato esonerato. Chissà, non avessi vinto quelle 7 partite di fila all'inizio, probabilmente avrei finito il campionato".
"De Rossi ha tutto per fare l'allenatore"
Nel mezzo fra Juve e Inter anche la prima esperienza con la sua Roma, con cui sfiorò lo scudetto poi vinto dall'Inter di Mourinho. Decisiva la sconfitta all'Olimpico contro la Samp: "Stanchi dopo la grande cavalcata? No, purtroppo non siamo riusciti a concretizzare le tante occasioni del primo tempo, che sarebbe potuto finire 3-0 per noi. Nella ripresa Cassano ha inventato due palloni per la testa di Pazzini e questo ci ha tagliato le gambe". Alla Roma Ranieri è tornato anche nel 2019, dopo l'esonero di Di Francesco. A fine stagione si è goduto da vicino l'addio di De Rossi: "Fu anche il mio secondo saluto e mi sono emozionato. Lavoro per le emozioni che continua a darmi il calcio, continuerò a farlo finché questo sarà possibile. La Roma è sempre stata la mia squadra del cuore, fin da bambino. Poi da professionista ho girato il mondo da giocatore e allenatore, ma dentro di te resta sempre quel bambino tifoso della squadra. De Rossi allenatore? Lo era anche in campo, sempre serio e scaltro. E Poi può seguire i consigli di papà".
"Che soddisfazione lanciare Terry e Lampard"
Chi allenatore lo è diventato sono stati Lampard e Terry, suoi giocatori negli anni al Chelsea: "Sono due ragazzi riconoscenti, ho scommesso su di loro quando erano giovani. Ci ho visto bene, ma le loro qualità erano evidenti. Non esitai a farli giocare titolari. E dissi anche che un giorno Terry sarebbe stato capitano della Nazionale inglese. Lampard al Chelsea? Mi piace come, nonostante sia molto giovane, riesce a trasmettere gioco e carattere alla squadra. E' un uomo straordinariamente intelligente, gli auguro il meglio, di vincere anche di più rispetto a quanto fatto in campo".