Bernardo Corradi si racconta a Casa Sky Sport: "Il mio percorso calcistico è stato particolare, ho iniziato dai dilettanti e sono arrivato in Nazionale. Alla Lazio la prima grande esperienza, andai al Valencia per riconoscenza ma ero già d'accordo con il Milan. Ho viaggiato tanto, per fortuna sempre in bellissime città ma poi mi sono fermato a Roma. Chievo? Grande esperienza. Ora alleno i giovani, è molto diverso. La malattia di mio figlio mi ha cambiato"
Bernardo Corradi ha giocato tanti anni in Serie A con le maglie di Lazio, Parma, Reggina, Udinese, Chievo, Cagliari, arricchendo il suo percorso con le importanti esperienze all'estero con Valencia e Manchester City e l'ultima, in chiusura, al Montreal Impact. Più di 100 gol in una carriera che l'ex centravanti ha raccontato a Casa Sky Sport: "Il mio percorso calcistico è stato diverso, perché a 18 anni mi dividevo tra Prima Categoria e Promozione. Poi la mia ascesa verso la Serie A è stata graduale, ho dovuto fare la scuola serale, qualche ora di allenamento in più e subire anche qualche richiamo. Poi sono arrivato alla Lazio, dopo qualche mese in ritiro con l'Inter priva dei calciatori che erano fuori per il Mondiale. Fui ceduto in uno scambio ai biancocelesti, arrivai in uno spogliatoio importante con giocatori fortissimi. Mi trovai in un ambiente in cui chiunque ti ferma per strada e ti chiede di fare gol, c'è una pressione incredibile. Poi io e Fiore andammo al Valencia per l'estinzione di un debito, avevo l'accordo con un'altra squadra, che era il Milan, ma andai lì proprio per ringraziare una società che mi aveva dato la possibilità di arrivare anche in Nazionale. Dovrei avere ancora la bozza del contratto con i rossoneri".
"Il mio metodo per allenare i giovani calciatori"
Ora lavora per la Federazione, come allenatore delle squadre giovanili e, attualmente, della Nazionale under 18: "Allenare i giovani è diverso, lì devi andare a curare anche i fondamentali. Ci sono varie metodologie, io preferisco andare a correggere gli errori commessi perché è più facile assimilare i consigli rispetto a quando spieghi qualcosa prima. Nell'under 17 e nell'under 19 ho avuto due ragazzi, Fagioli e Petrelli, entrambi della Juve, che stanno sempre insieme e vivono praticamente in simbiosi. Fagioli è uno dei talenti migliori del calcio italiano, Petrelli invece è un cinghialone come me ma è più bravo tecnicamente e se avesse un pizzico del mio carattere e imparasse l'attacco al primo palo diventerebbe fortissimo".
"Oggi è più facile arrivare in prima squadra e in Nazionale"
Corradi ha giocato negli anni d'oro della Serie A: "Il calcio è cambiato, oggi un giovane può bruciare le tappe arrivando in prima squadra e in Nazionale velocemente. C'è meno cura dei fondamentali, è diversa la crescita. Ma ai tempi miei era difficile arrivare in Nazionale, fui convocato la prima volta dopo un infortunio di Vieri ma l'Italia aveva un parco attaccanti clamoroso con Totti, Del Piero, Inzaghi, Toni, l'elenco potrebbe essere infinito. Per trovare spazio bisognava infilare un paio di campionati positivi, mentre oggi è più semplice".
"Io giramondo. Che avventura al Chievo"
Corradi ha giocato in tante squadre in giro per l'Italia e per il mondo: "Ho girato molto, ma ho avuto una gran fortuna perché ho vissuto in grandi città. Sono nato a Siena, poi ho giocato a Cagliari, Parma, Udine, Valencia, Montreal, qualche mese a Milano e Roma. Tendo sempre a vivere la città, anche perché sono quasi sempre stato single e ho avuto la fortuna di frequentare luoghi stupendi e giocare in altri tre paesi oltre l'Italia. Poi abbiamo scelto Roma, perché è stupenda e perché è vicina anche ai nostri genitori”. Un'altra bella esperienza l'ha vissuta al Chievo: “Abbiamo fatto un bel campionato in Serie B andando in Serie A, poi l'anno dopo facemmo qualcosa di straordinario. Praticamente nel girone di ritorno, con pochissimi punti, arrivammo in Coppa UEFA, significa che nel girone d'andata avevamo una media punti incredibile".
"La malattia di mio figlio esperienza che mi ha cambiato"
Negli ultimi anni Corradi ha anche dovuto affrontare una brutta esperienza, fortunatamente finita bene. Suo figlio, infatti, è guarito da un tumore cerebrale. "Lì la più forte è stata mia moglie, io ho giocato davanti a 80mila persone e milioni di spettatori collegati ma in queste situazioni si è impreparati e sono le donne le più forti. In determinati casi subentra lo spirito di sopravvivenza. Molta forza ce l'ha data anche nostro figlio, mi aspettavo un crollo ma è stato un fenomeno. Mi sono ritrovato in un reparto in cui nessun genitore si aspetta mai di entrare: ho iniziato pensando 'Perché è toccato a me?' e ho finito dicendo 'Mi è andata bene'. Solo quando si è toccati lo capisci, ma nella vita c'è talmente tanta sofferenza che tutti dovremmo apprezzare la salute nostra e dei nostri figli. Magari questo coronavirus ci porterà ad apprezzare meglio il rapporto con il fratello, la nonna o con qualsiasi nostro familiare, questo può fare la differenza".