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Rocchi: "Con Juve-Roma chiuso un cerchio. Vorrei cambiasse il modo di vedere gli arbitri"

esclusiva

A pochi giorni dalla sua ultima partita in carriera e dall'inaspettata passerella finale di Juventus e Roma, l'arbitro Gianluca Rocchi (tecnicamente resta in organico fino al 31 agosto) torna su quella serata e a ringraziare le squadre. Un momento che lo ha commosso e che diventa anche un appello a guardare gli arbitri con occhi diversi. Ecco le sue parole in esclusiva a Sky Sport

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"Mi piacerebbe tantissimo che l'arbitro venisse considerato una parte del gioco, che lo si vedesse veramente con occhi diversi, perché ancora lo si vede come una figura esterna, e la cosa che mi lascia una grandissima soddisfazione dell'altra sera (alla fine di Juventus-Roma) è che io mi sono sentito in quel momento una parte del gioco vera, perché me l'hanno riconosciuto loro, e per questo mi sento di ringraziarli". Cominica così l'intervista esclusiva a Sky Sport di Gianluca Rocchi, con un appello a guardare in modo diverso il mondo arbitrale. Juventus-Roma è stata la sua ultima partita, tanti i messaggi ricevuti: "Ne ho ricevuti tantissimi, sono rimasto veramente sorpreso, mi hanno scritto da Malagò a Gravina, ovviamente i vertici arbitrali, ma anche giovani arbitri con cui mi sono allenato a o che non conoscevo, si sono fatti dare il numero. E' stato trasversale e molto bello, vuol dire che c'è stato un ringraziamento per quello che ho fatto sul terreno di gioco"

"Ho chiuso un cerchio"

Impossibile non pensare a Juve-Roma del 2014 e alle tante polemiche che ci furono: "E' stato giusto chiudere il cerchio, quella partita mi ha insegnato tanto, soprattutto come reagire. Ho fatto un percorso personale per capire dove avevo sbagliato e soprattutto come potevo ripartire. Gli anni successivi sono stati una rivalsa con me stesso per dimostrare che non ero quello, ma quello che sono stato dopo. Per questo lo consiglio tantissimo ai giovani: io ho avuto tanti maestri, e li ringrazio, ma in campo sei solo con te stesso, puoi tirare fuori solo quello che hai dentro. Quasi niente a livello sportivo è così formativo". Ma nella carriera di Rocchi sono stati molti i momenti felici: "Ne ho avuti tanti, dalla finale di Europa League alla prima partita diretta ai Mondiali, ma anche l'esordio in promozione a 17 anni in un paesino in Toscana. Ne parlavo con i miei familiari l'altro giorno, sono felice davvero di aver fatto l'arbitro perché mi ha regalato gioie in varie fasi della carriera, a 17, a 30 e ora a quasi 47". Uno sguardo anche al futuro, a come poter cambiare il mondo del calcio rispetto al mondo arbitrale: "Vorrei eliminare tanti preconcetti che ci sono sugli arbitri, io ad esempio odiavo il conto dei precedenti di un arbitro con una squadra, mi sembra quasi un mettere in discussione la buona fede"

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"Il bello comincia adesso"

L'emergenza Covid ha messo in discussione anche il calcio, con la paura che non si potesse ripartire, e Rocchi non nasconde di aver avuto lo stesso timore: "Certo come tutti. C'è da dire bravo a Gravina, e anche agli arbitri. Ha avuto grande tenacia, mi piace fare un plauso, fin dal primo momento ha avuto la forza di voler finire il campionato, mentre sentivamo notizie drammatiche. E' la dimostrazione che quando uno decide una cosa e la porta in fondo i risultati arrivano". L'arbitro racconta anche l'esperienza di dirigere le partite negli stadi vuoti: "E' stato bruttissimo, io poi ho sempre dato il massimo con l'adrenalina, l'atmosfera, sotto pressione rendevo meglio, trovarsi soli già dall'arrivo, poi all'ingresso in campo, nella prima partita quasi cercavo il contatto fisico con i giocatori, mi sono sentito solissimo". Si torna poi a parlare del futuro, con la riunificazione degli organici di A e B. Ecco secondo Rocchi cosa serve per essere un arbitro di Serie A: "Non significa solo una categoria, significa essere consapevoli del contesto. Quando si viene promossi in una categoria superiore vuol dire che si è dimostrato qualcosa in più, ma subito dopo quel qualcosa va di nuovo dimostrato in campo, e tutto parte dalla consapevolezza del contesto. Devi capire il contesto e credere di esserne all'altezza". C'è poi il tema lavoro, con gli arbitri che sono di fatto professionisti ma anche precari: "C'è da fare un distinguo: da un lato è giusto che un arbitro si senta sempre in discussione e in competizione altrimenti non riesce a dare il meglio, dall'altro credo che sia ormai chiaro che un arbitro di alto livello non può fare altro e quindi quando smette debba essere aiutato a reintegrarsi nel mondo del lavoro o anche nel mondo arbitrale stesso". Infine, i progetti per il futuro: "Mi piace pensare che il bello comincia adesso. Ho fatto la cosa più bella che volessi fare, mi sono divertito, ma voglio essere ottimista: anche se smettere è difficile penso che farò cose che mi daranno grande soddisfazione".

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